Corte di Cassazione: accolto il ricorso dello UAAR, violato dal Comune di Verona il principio della libertà religiosa

 
 

I Giudici di Cassazione Civile, Sez. 1, con la Sentenza n. 7893, resa il 29 novembre 2019 e pubblicata il 17 aprile 2020, hanno accolto i motivi del ricorso proposto dall’Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti — UAAR contro il diniego opposto da parte del Comune di Verona all’istanza di di affissione, tramite il servizio comunale di affissioni pubbliche, di dieci manifesti.

I fatti risalgono al luglio del 2013, quando l’Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti — UAAR, con sede in Roma, presentava al Comune di Verona istanza di affissione, tramite il servizio comunale di affissioni pubbliche, di dieci manifesti recanti la parola, a caratteri cubitali, «Dio», con la «D» a stampatello barrata da una crocetta e le successive lettere «io» in corsivo, e sotto la dicitura, a caratteri più piccoli, «10 milioni di italiani vivono bene senza D. E quando sono discriminati, c’è l’UAAR al loro fianco». Il manifesto recava, altresì, in basso a destra, a caratteri ancora più piccoli e ristretti in un piccolo riquadro, il logo e la denominazione dell’associazione.

La richiesta veniva respinta dalla Giunta Comunale nella seduta del 29 agosto 2013, «risultando il contenuto della comunicazione potenzialmente lesivo nei confronti di qualsiasi religione» e l’esito comunicato alla UAAR, dal Settore tributi, accertamenti e riscossioni del Comune di Verona nel settembre dello stesso anno.

Avverso il diniego la UARR proponeva ricorso chiedendo al Tribunale di Roma l’accertamento del carattere discriminatorio del rifiuto del Comune di Verona di affiggere i suddetti manifesti, con condanna dell’ente pubblico alla cessazione della condotta discriminatoria, nonché al risarcimento dei danni ed alla pubblicazione della decisione su di un quotidiano a spese dell’ente. Con ordinanza depositata il 17 dicembre 2015, il Tribunale
adito rigettava il ricorso il cui giudizio veniva confermato in toto anche dalla Corte d’appello di Roma, con sentenza pubblicata il 23 marzo 2018, a seguito dell’appello proposto dalla UAAR. La Corte territoriale – condividendo il percorso argomentativo del primo giudice – riteneva che non fosse ravvisabile una condotta discriminatoria, considerando che il diniego di affissione non costituisse una forma di discriminazione, ai sensi della normativa internazionale e nazionale in materia, essendo state le ragioni del
rifiuto ancorate, dal Comune di Verona, esclusivamente alle modalità grafiche ed espressive dei manifesti in discussione.

Per i giudici della Prima Sezione Civile della Cassazione le censure proposte dalla UARR sono tutte fondate e, decidendo sul carattere discriminatorio del diniego di affissione di un manifesto di un’associazione di atei e agnostici, opposto dal Comune di Verona per le modalità grafiche ed espressive del mezzo, hanno affermato che: – «deve essere garantita la pari libertà di ciascuna persona che si riconosca in una fede, quale che sia la confessione di appartenenza, ed anche se si tratta di un credo ateo o agnostico, di professarla liberamente oltre che il diritto di farne propaganda nelle forme più opportune, attesa la previsione aperta e generale dell’art. 19 Cost., salvo il limite del vilipendio della fede da altri professata, secondo un accertamento che il giudice di merito è tenuto ad effettuare con rigorosa valutazione delle modalità con le quali si esplica la propaganda o la diffusione, potendo negarsi il diritto solo quando le predette modalità si traducano in un’aggressione o in una denigrazione della diversa fede da altri professata». Inoltre, proseguendo la lettura della Sentenza, secondo i giudici «deve essere garantito il principio della parità di trattamento, sancito dagli artt. 1 e 2 della direttiva 2000/78/CE e dagli artt. 43 e 44 del D.Lgs. n. 286 del 1998, tra tutte le forme di religiosità, in esse compreso il credo ateo o agnostico, determinando la violazione una discriminazione vietata, che si verifica quando, nella comparazione tra due o più soggetti, non necessariamente nello stesso contesto temporale, uno di essi è stato, è, o sarebbe avvantaggiato rispetto all’altro, sia per effetto di una condotta posta in essere direttamente dall’autorità o da privati, sia in conseguenza di un comportamento, in apparenza neutro, ma che abbia comunque una ricaduta negativa per i seguaci della religione discriminata.».

Pertanto, i giudici del Palazzaccio, cassando la sentenza impugnata dallo UARR, in relazione ai motivi accolti, la rinviano alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione, che dovrà procedere a nuovo esame del merito della controversia facendo applicazione dei seguenti principi di diritto:

  • «ai sensi degli artt. 2, 3, 7, 8, 19 e 20 Cost. e dell’art. 1 del Protocollo addizionale al Concordato tra Stato e Chiesa del 1984 nonché ai sensi dell’art. 10 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea e dell’art. 9 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo»;
  • «dal riconoscimento del diritto di “libertà di coscienza” anche agli atei o agnostici, discende il diritto di questi ultimi di farne propaganda nelle forme che ritengano più opportune, attesa la previsione aperta e generale dell’art. 19 Cost.»;
  • « il principio della parità di trattamento», sancito dagli artt. 1 e 2 della Direttiva n. 78/2000 e dagli artt. 43 e 44 del D.Lgs. n. 286 del 1998, che impone che venga assicurata una forma di uguaglianza tra tutte le forme di religiosità.».

Alberto Speciale

(foto di copertina prelevata dal web: manifesto affisso a Bologna, via Ferrarese nel 2013)

 
 
Classe 1964. Ariete. Marito e padre. Lavoro come responsabile amministrativo e finanziario in una società privata di Verona. Sono persona curiosa ed amante della trasparenza. Caparbio e tenace. Lettore. Pensatore. Sognatore. Da poco anche narratore di fatti e costumi che accadono o che potrebbero accadere nella nostra città. Ex triatleta in attesa di un radioso ritorno allo sport.

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