Covid-19: è legittimo aumentare le rette degli ospiti residenti nelle RSA a causa dei maggiori costi? Proposta di riflessione

 
 

In questi giorni alcune Residenze Sanitarie Assistenziali (RSA) per persone non autosufficienti della Aulss9 Scaligera stanno comunicando a Famiglie e Amministratori di sostegno degli ospiti, un aumento della retta giornaliera a loro carico. Tutto ciò è legittimo? Nell’articolo una proposta di riflessione.


Uno dei focus principali su cui è necessario prestare attenzione, per quanto riguarda la pandemia, sono le più che citate RSA. Le strutture residenziali per anziani infatti sono uno dei luoghi cardine per la recente storia della pandemia da Covid-19 in Italia.

Gli enti gestori dei Centri Servizi (C.S.) causa dei decessi dovuti all’ingresso del Covid-19 nelle strutture, si trovano con numerosi posti non utilizzati con le conseguenti ripercussioni negative sui fatturati, ma allo stesso tempo devono sostenere minori costi (fissi e variabili) di gestione: alla luce di ciò la richiesta di aumento è in prima lettura perlomeno discutibile.

Ricordiamo che le RSA come altre strutture residenziali e semi-residenziali beneficiano già delle risorse stanziate a livello nazionale dal Governo per coprire i costi dei dispositivi di protezione individuale (DPI), delle igienizzazioni e delle pratiche di sicurezza.

Con la Delibera Regionale n. 1741 del 15 dicembre 2020, presentata dall’Assessora alla Sanità e ai Servizi Sociali, Manuela Lanzarin, ulteriori 4.000.000,00 € sono stati destinati dalla Regione del Veneto ai Centri Servizi per l’assistenza agli anziani non autosufficienti come ristoro compensativo a fronte degli effetti negativi, conseguenti alle restrizioni per l’emergenza Covid-19. Tale somma va ad aggiungersi ai 12.845.879,25 € già stanziati con la DGR n. 1524 del 10 novembre 2020 con pari destinazione.

I fondi sono assegnati ad ogni centro tramite le Aulss di riferimento considerando che l’importo di ogni destinazione è determinato in rapporto al numero dei posti letto accreditati e alla situazione specifica del Centro.

Anche alcuni componenti del Consiglio regionale del Veneto sono intervenuti al riguardo dell’aumento delle rette degli ospiti non autosufficienti. E’ il caso dei Consiglieri Bigon, Zottis, Camani e Zanoni i quali in una Interrogazione a Risposta Scritta depositata il 27 gennaio ritengono opportuno analizzare e rivedere la composizione delle voci di costo che costituiscono l’importo delle rette richieste alle famiglie dai Centri Servizi per Anziani, in modo da verificarne la coerenza e l’adeguatezza economica e, se del caso, provvedere ad un aumento della quota regionale di rilievo sanitario al fine di ridurre il peso delle altre voci di costo nella determinazione delle rette.

Inoltre i Consiglieri chiedono all’Assessora regionale alla Sanità Manuela Lanzarin «come intenda intervenire per far sì che i Centri Servizi per Anziani della nostra regione non si vedano costretti a chiedere alle famiglie dei loro ospiti un ulteriore aumento delle rette, già così gravose».

L’aumento della retta è stato stigmatizzato anche dall’Associazione Di.A.N.A. Onlus che si batte per promuovere e difendere i diritti delle persone non autosufficienti e delle loro famiglie. In un Comunicato stampa, a firma della Presidente Donatella Oliosi, l’Associazione rileva che «mentre Nas e Procure stanno indagando su eventuali inadempienze nelle RSA, a verifica della grave strage di anziani avvenuta all’interno dei Centri Servizi durante la pandemia, con questo provvedimento (ristoro a ai gestori, ndr) la Regione ristora a fondo perduto anche i Gestori che non hanno saputo gestire la diffusione del contagio e dei decessi».

Il Comunicato dell’Associazione conclude chiedendo alla Regione Veneto ed alle Aulss: di attivarsi immediatamente per bloccare gli ingiustificati aumenti delle rette
richiesti dai C.S. agli utenti; di assegnare i “ristori” ai C.S. previa verifica del rispetto dei requisiti previsti dall’accreditamento .

 

Le case di riposo in Italia sono oltre 7mila, divise in strutture residenziali di assistenza per anziani, strutture residenziali di assistenza psichiatrica ed altre strutture residenziali di assistenza per disabili fisici, psichici e per pazienti terminali.

Indubbiamente l’Italia necessita di posti letto in case di riposo, ma, una volta costruiti, la gestione dovrebbe essere semplice e lineare. Ora, invece, la gestione è diversa da regione a regione e, di fatto, delle 7.372 case di riposo solamente il 26,7% sono gestite dai Comuni (il 48% da privati no profit come cooperative o fondazioni religiose ed il restante 25% circa da società private profit). Spetta infatti alle regioni stabilire le tariffe delle strutture residenziali per anziani non autosufficienti ed anche come ripartire i relativi oneri fra il settore sanitario e quello sociale.

Le residenze per anziani, le Case protette, gli Hospice ed in generale strutture che svolgono attività di tipo residenziale però sono anche un grande business per il privato. Secondo il Ministero della Salute dal 2007 al 2017 sono cresciute in totale del 44%, passando in dieci anni da 5.105  a 7.372. La crescita ha visto in particolare la presenza di privati nella loro gestione. Mentre nel 2007 le residenze assistenziali private erano il 72,8% del totale, nel 2017 sono diventate 6.070, cioè l’82,3% del totale.

Ma quanto costa la gestione di una Residenza Sanitaria Assistenziale? Quanto costa una giornata di degenza in una residenza protetta? Come si costruisce l’importo della retta chiesta per la cura dell’ospite?

A queste domande ha risposto Franco Pesaresi (Direttore ASP “Ambito 9” Jesi (AN) e Network Non Autosufficienza) negli interessanti e tecnici articoli “Le tariffe delle Residenze sanitarie assistenziali” e “Le tariffe delle Residenze protette per anziani” di cui riporto per sintesi le conclusioni e valutazioni invitandovi comunque all’approfondimento di lettura. Suggerisco inoltre la consultazione de L’ASSISTENZA AGLI ANZIANI NON AUTOSUFFICIENTI IN ITALIA” 7° Rapporto 2020/2021 – Punto di non ritorno.

Conclusioni

«Le Residenze protette per anziani non autosufficienti, pur essendo più diffuse delle RSA nella maggioranza delle regioni non sono state trattate con la stessa attenzione. Spesso la normativa che le riguarda è frettolosa o non al passo dei tempi. Non fa eccezione il tema delle tariffe delle Residenze protette.

Le regioni italiane preferiscono largamente utilizzare il sistema tariffario più antico e grossolano della “tariffa per giornata di degenza”, che prevede una tariffa giornaliera omnicomprensiva per ogni giornata di degenza. Ben 16 regioni lo utilizzano; in un terzo dei casi sono presenti più tariffe di RSA per anziani legate alle caratteristiche delle strutture residenziali ospitanti, organizzate per erogare differenti livelli assistenziali. La selezione dei pazienti, però, non avviene con l’utilizzo di uno strumento di classificazione oggettivo. Questo sistema tariffario, molto semplice, si è dimostrato poco efficace nel perseguire gli obiettivi di qualificazione e di miglioramento gestionale. Anzi, possiamo dire che il settore dell’assistenza residenziale è in ritardo più di altri settori sanitari e sociosanitari per quel che riguarda l’evoluzione del sistema tariffario delle prestazioni. La tariffa per giornata di degenza ha il grande limite di non tener conto delle diverse esigenze assistenziali dei pazienti mentre esistono altri sistemi come le tariffe giornaliere per caso trattato che sono invece in grado di tenere in maggior conto le condizioni di ogni singolo paziente e del suo effettivo assorbimento di risorse assistenziali e quindi di garantire una assistenza più adeguata oltre ad un riconoscimento tariffario più equo ed efficace.

Le altre 5 regioni e province autonome, invece, utilizzano la tariffa giornaliera per caso trattato, legata alle condizioni del paziente e alle sue necessità assistenziali. Questo comporta la disponibilità di un sistema di classificazione in grado di selezionare i pazienti per classi di assorbimento di risorse assistenziali a cui legare le tariffe. In questo caso ogni singola struttura è potenzialmente in grado di ospitare ogni tipo di paziente garantendo un’assistenza personalizzata in relazione alle sue necessità. Le cinque regioni utilizzano, però, sistemi di classificazione dei pazienti delle RSA diversi l’una dall’altra e spesso con un sistema molto semplificato e quindi poco efficace.

In futuro, il quadro epidemiologico italiano porterà sempre più ad un incremento delle prestazioni residenziali e ad una loro ulteriore specializzazione per cui le regioni dovranno necessariamente migliorare i propri sistemi di remunerazione delle RSA al fine di utilizzare in modo ottimale le risorse, di incentivare le strutture che si fanno carico dei pazienti più complessi e di puntare al miglioramento continuo della qualità del servizio.

(…) la tariffa media giornaliera delle Residenze protette è di 90,46 euro ma con variazioni enormi fra una regione e l’altra, non sempre giustificate dai diversi standard assistenziali del personale adottati. In questo caso pesa l’assenza di modelli organizzativi di riferimento a cui le regioni potrebbero far riferimento. Di fatto, ogni regione è andata per suo conto definendo standard e requisiti di riferimento diversi, quindi anche tariffe estremamente diverse. Un lavoro di omogeneizzazione e semplificazione è assolutamente necessario, che parta però dalla scelta di uno o più modelli organizzativi di riferimento e dalla necessità che la determinazione delle tariffe venga calcolata sulla base di una rigorosa valutazione analitica dei costi.

Le tariffe che sono state stabilite dalle regioni italiane sono eque?

Il costo medio della giornata di degenza di un ospite in Residenza protetta, nell’ipotesi illustrata nel presente lavoro, è di 81,70 euro (Cfr. Tab.4). Pertanto, sulla base dei dati e delle riflessioni sviluppate sui costi non considerati si ritiene che il costo effettivo giornaliero di una Residenza protetta possa essere collocata nel range di 81,70-90,46 euro nell’ipotesi di una assistenza globale giornaliera di 108 minuti (80’ OSS, 20’ infermiere, 4’ terapista, 4’ animatore). E’ del tutto evidente che se i minuti giornalieri di assistenza per ospite sono superiori anche i costi di riferimento cambiano e crescono. E viceversa.

Conseguentemente sono da ritenersi congrue, a parità di minuti di assistenza erogati per ogni anziano, quelle tariffe regionali che sono collocate entro il range indicato. Tariffe più basse, infatti, non remunerando appieno tutte le spese di gestione potrebbero indurre le strutture a delle reazioni per mantenersi attive nel mercato fra le quali possiamo annoverare l’aumento delle quote a carico dell’utente, la ricerca di risparmi eccessivi sulle spese, il tentativo di scaricare alcuni oneri sugli enti gestori e sui comuni, la riduzione della funzionalità e della qualità dell’assistenza. Per contro sono da evitare anche tariffe eccessive al fine di utilizzare in modo ottimale le risorse pubbliche e al fine di non frenare il convenzionamento di nuove strutture per anziani. Perché è vero che tariffe elevate attirano nel mercato nuovi operatori ma in genere a questo corrisponde un governo delle autorizzazioni alla realizzazione molto più rigido al fine di governare e contenere la spesa pubblica.

Una tariffa equa che consideri i costi effettivi delle strutture residenziali per anziani, invece, metterebbe le regioni in condizione di pretendere il pieno rispetto della normativa nazionale e regionale sulla qualità e metterebbe le strutture residenziali in condizione di adempiere integralmente ai requisiti richiesti dalla normativa, di poter pianificare il proprio futuro e di sviluppare il grande tema del miglioramento continuo dell’assistenza.

(…) Come abbiamo visto, la tariffa media giornaliera delle Residenze sanitarie assistenziali è di 112,60 euro mentre quella della RSA Alzheimer/demenze è di 127,71 euro, con variazioni enormi fra una regione e l’altra non sempre giustificate dai diversi standard assistenziali del personale adottati. Pesa l’assenza di modelli organizzativi di riferimento a cui le regioni potrebbero far riferimento. Di fatto ogni regione è andata per suo conto definendo standard e requisiti di riferimento diversi gli uni dagli altri e, conseguentemente, anche tariffe estremamente diverse. Queste grandi differenze regionali, a quasi 30 anni dalla introduzione delle RSA nel sistema sanitario italiano, non hanno più alcuna giustificazione. Un lavoro di omogeneizzazione e semplificazione è assolutamente necessario, purché parta dalla scelta di uno o più modelli organizzativi di riferimento e dalla necessità che la determinazione delle tariffe venga calcolata sulla base di una rigorosa valutazione analitica dei costi. Un lavoro nazionale di ricerca organizzativa ed economica svolto da importanti agenzie sanitarie nazionali dovrebbe accompagnare questo percorso di ottimizzazione dell’uso delle risorse e di qualità dell’assistenza erogata».

Alberto Speciale

 

 

 

 
 
Classe 1964. Ariete. Marito e padre. Lavoro come responsabile amministrativo e finanziario in una società privata di Verona. Sono persona curiosa ed amante della trasparenza. Caparbio e tenace. Lettore. Pensatore. Sognatore. Da poco anche narratore di fatti e costumi che accadono o che potrebbero accadere nella nostra città. Ex triatleta in attesa di un radioso ritorno allo sport.

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