Consulta: incostituzionali artt. 9, 19 L.R. Veneto 27/2021. No prelievo materiali litoidi in areee a vincolo paesaggistico

 
 

La Corte Costiuzionale con la Sentenza n. 44 depositata il 17 marzo 2023 ((GU 1a Serie Speciale – Corte Costituzionale n.12 del 22-3-2023),  ha dichiarato l’illegittimita’ costituzionale degli artt. 9 e 19 della legge della Regione Veneto 21 settembre 2021, n. 27 (Disposizioni di adeguamento ordinamentale 2021 in materia di governo del territorio, viabilita’, lavori pubblici, appalti, trasporti e ambiente). Bocciata la norma della legge regionale che avrebbe consentito il prelievo di materiale litoide in assenza di piani estrattivi e da aree sottoposte a vincolo paesaggistico


Con ricorso depositato il 24 novembre 2021, il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato gli artt. 1, 9, 19 e 20 della legge della Regione Veneto 21 settembre 2021, n. 27 (Disposizioni di adeguamento ordinamentale 2021 in materia di governo del territorio, viabilita’, lavori pubblici, appalti, trasporti e ambiente), in riferimento a plurimi parametri costituzionali.

Relativamente agli articoli dichiarati incostituzionali (9 e 19) il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato l’art. 9 in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., con riguardo alla materia «tutela della concorrenza», e all’art. 81 Cost..

La disposizione impugnata prevede che «[p]er i contratti pubblici di servizi, forniture e noleggio attrezzature di importo inferiore alla soglia di rilevanza comunitaria, nei procedimenti di pagamento non viene operata la ritenuta dello 0,50 per cento a garanzia dei versamenti agli enti previdenziali ed assicurativi». Essa si porrebbe in contrasto con il Codice dei contratti pubblici secondo il quale la medesima ritenuta è operata «[i]n ogni caso» e può essere svincolata «soltanto in sede di liquidazione finale, dopo l’approvazione da parte della stazione appaltante del certificato di collaudo o di verifica di conformità, previo rilascio del documento unico di regolarità contributiva».

Secondo il ricorrente, tale disposizione statale sarebbe «regola di gara», perché contenuta nell’articolo del codice dei contratti pubblici dedicato ai principi generali in materia di aggiudicazione ed esecuzione di appalti e concessioni, «posti a tutela della libera concorrenza, di non discriminazione e par condicio, e valevoli per qualsivoglia procedura di scelta del contraente, per gli appalti e per le concessioni di beni e servizi, sopra e sotto soglia». Da qui, pertanto, la violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. La medesima disposizione violerebbe anche l’art. 81 Cost., perché l’impossibilità per la stazione appaltante di vincolare le ritenute in questione al rilascio del documento unico di regolarità contributiva (DURC) rischierebbe di determinare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, «in termini di minori entrate contributive, non quantificate e prive di copertura finanziaria».

Infine il Presidente del Consiglio dei ministri deduce l’illegittimità costituzionale dell’art. 19 della medesima legge Regione Veneto n. 27 del 2021, in riferimento agli artt. 3 e 9 Cost. Secondo quanto riportato nel ricorso, la norma impugnata ha sostituito l’art. 2, comma 2, della legge della Regione Veneto 9 agosto 1988, n. 41 (Modifica alla legge regionale 27 aprile 1979, n. 32 concernente «Norme per la polizia idraulica e per l’estrazione di materiali litoidi negli alvei e nelle zone golenali dei corsi d’acqua e nelle spiagge e fondali lacuali di competenza regionale»), stabilendo, con riguardo all’attività di estrazione di sabbie e ghiaie, che «[i]n assenza di piani estrattivi il limite è abbassato a 20.000 metri cubi per singolo intervento. Possono essere presentati dal medesimo soggetto progetti di estrazione e asporto di sabbia e ghiaia, finalizzati alla sicurezza e alla buona regimazione delle acque, per quantitativi complessivi fino ad un massimo pari ad 80.000 metri cubi, da realizzare attraverso singoli interventi di entità non superiore a 20.000 metri cubi».

Prima della sua modifica, il medesimo art. 2, comma 2, prevedeva che «[i]n assenza di piani estrattivi il limite è abbassato a 20.000 metri cubi». Secondo l’Avvocatura generale, la modifica normativa stravolgerebbe le finalità originarie della norma, che autorizzavano l’estrazione di materiali litoidi sulla base di appositi piani e, in assenza di questi ultimi, entro precisi limiti quantitativi, consentendo oggi di «estrarre, in assenza di piano, quantitativi complessivi di materiale litoide fino a 80.000 metri cubi, e ciò senza neppure il coinvolgimento della struttura regionale competente in materia di difesa del suolo».

Peraltro, considerando che tale attività è destinata a svolgersi anche in territori costieri, in zone contermini a laghi e lungo corsi d’acqua, essa inciderebbe anche su zone sottoposte a vincolo paesaggistico ex lege secondo quanto previsto dall’art. 142, comma 1, lettere a), b) e c), del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137). Per effetto dell’abbassamento della tutela paesaggistica di tali beni rispetto al regime precedentemente dettato dalla stessa Regione sarebbero pertanto violati gli artt. 3 e 9 Cost.

Accolti dai giudici della Consulta i ricorsi di cui agli artt. 9 e 19 respinti gli altri punti (qui sentenza).

Alberto Speciale

 
 
Classe 1964. Ariete. Marito e padre. Lavoro come responsabile amministrativo e finanziario in una società privata di Verona. Sono persona curiosa ed amante della trasparenza. Caparbio e tenace. Lettore. Pensatore. Sognatore. Da poco anche narratore di fatti e costumi che accadono o che potrebbero accadere nella nostra città. Ex triatleta in attesa di un radioso ritorno allo sport.

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