Consiglio di Stato: Covid-19, respinta sospensione cautelare di quarantena obbligatoria nei confronti di un lavoratore

 
 

La III Sezione del Consiglio di Stato, con Decreto monocratico del 30 marzo 2020 n. 1553, si pronuncia sulla violazione dell’obbligo di restare a casa, da parte di un bracciante agricolo, per andare a lavorare i campi. Per la prima volta dal dopoguerra, si sono definite ed applicate disposizioni fortemente compressive di diritti anche fondamentali della persona – dal libero movimento, al lavoro, alla privacy – in nome di un valore di ancor più primario e generale rango costituzionale, la salute pubblica, e cioè la salute della generalità dei cittadini, messa in pericolo dalla permanenza di comportamenti individuali (pur pienamente riconosciuti in via ordinaria dall’ordinamento, ma) potenzialmente tali da diffondere il contagio, secondo le evidenze scientifiche e le tragiche statistiche del periodo.

Il Consiglio, con un importante decreto che raccorda la libertà individuale con quella collettiva in questo eccezionale momento di emergenza sanitaria, respinge la richiesta di sospensione cautelare dell’ordine di quarantena obbligatoria con sorveglianza sanitaria e isolamento presso la propria residenza avanzata da un bracciante agricolo che si era allontanato dalla propria abitazione per andare a lavorare nei campi, essendo l’eventuale, provato pregiudizio economico risarcibile.

I Giudici hanno premesso, si legge nel Decreto, che l’appello di un decreto monocratico cautelare è da ritenersi ammissibile nei soli, limitatissimi casi, in cui l’effetto del decreto presidenziale del giudice di primo grado produrrebbe la definitiva e irreversibile perdita del preteso bene della vita, e che tale “bene della vita” corrisponda ad un diritto costituzionalmente tutelato dell’interessato. Nel caso in esame, seppure per il limitato periodo residuo (4 giorni) di efficacia temporale del decreto sindacale impugnato in primo grado, la pretesa dell’appellante è di potersi recare al lavoro, di evitare il rischio di licenziamento, e di recarsi, con le limitazioni in vigore, ad effettuare acquisti di beni di prima necessità.

Ne consegue che la pretesa tocca diritti tutelati dall’ordinamento anche a livello costituzionale, da cui discende l’ammissibilità dell’appello contro il decreto del Presidente del TAR di Catanzaro. Nel merito il decreto mette in luce che il provvedimento regionale e il decreto esecutivo del Sindaco sono stati adottati in giorni caratterizzati dal pericolo concreto e imminente di un trasferimento massivo di persone e di contagi, dalle regioni già gravemente interessate dalla pandemia, a quelle del Mezzogiorno, con la conseguenza che gli atti dei Governatori hanno, ragionevolmente, imposto misure anche ulteriormente restrittive quale prevenzione, tanto che, si auspica, la non massiccia diffusione di Covid-19 al Sud possa scontare positivamente l’effetto di tali misure.

In tale quadro, per la prima volta dal dopoguerra, si sono definite ed applicate disposizioni fortemente compressive di diritti anche fondamentali della persona – dal libero movimento, al lavoro, alla privacy – in nome di un valore di ancor più primario e generale rango costituzionale, la salute pubblica, e cioè la salute della generalità dei cittadini, messa in pericolo dalla permanenza di comportamenti individuali (pur pienamente riconosciuti in via ordinaria dall’ordinamento, ma) potenzialmente tali da diffondere il contagio, secondo le evidenze scientifiche e le tragiche statistiche del periodo.

Per queste ragioni, la gravità del danno individuale non può condurre a derogare, limitare, comprimere la primaria esigenza di cautela avanzata nell’interesse della collettività, corrispondente ad un interesse nazionale dell’Italia oggi non superabile in alcun modo.

Le conseguenze dannose per l’appellante, concludono i Giudici, non hanno poi il carattere della irreversibilità, giacché nelle disposizioni, statali e regionali, adottate e che verranno adottate a ulteriore completamento e integrazione per fronteggiare il “dopo-pandemia”, ci sono misure di tutela del posto di lavoro (oltre alla cassa integrazione), misure di soccorso emergenziale per esigenze alimentari e di prima necessità (non a caso demandate ai Comuni, e dunque anche a quello di Corigliano), tali da mitigare o comunque non rendere irreversibili, anche nel breve periodo, le conseguenze della doverosa stretta applicazione delle norme di restrizione anti-contagio.

Alberto Speciale

 
 
Classe 1964. Ariete. Marito e padre. Lavoro come responsabile amministrativo e finanziario in una società privata di Verona. Sono persona curiosa ed amante della trasparenza. Caparbio e tenace. Lettore. Pensatore. Sognatore. Da poco anche narratore di fatti e costumi che accadono o che potrebbero accadere nella nostra città. Ex triatleta in attesa di un radioso ritorno allo sport.

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