Consiglio di Stato, Unesco: no apertura McDonald’s a Terme Caracalla. Che destino per le “alette di pollo”?

 
 

Per il Consiglio di Stato, Sentenza n. 8641 del 28 dicembre 2021, è legittimo il diniego di apertura di un McDonald’s alle Terme di Caracalla, essendo l’area in cui si trova l’immobile tutelata dal piano territoriale paesaggistico ed inclusa nel centro storico tutelato come sito Unesco. 


Ha premesso la Sezione VI che l’area in cui si trova l’immobile è tutelata dal PTP (Piano Territoriale Paesistico, n.d.r.) n. 15/12, art. 134, comma 1, lett c), Valle della Caffarella, Appia antica ed Acquedotti, inclusa nel Centro Storico tutelato come sito Unesco, in area attigua alle Terme di Caracalla, per la quale le Norme tecniche di attuazione prevedono espressamente l’obbligatorietà del procedimento di autorizzazione paesaggistica di cui all’art. 146 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, in seguito Codice (D.Lgs. n. 42 del 2004).

Ha aggiunto che l’art. 150 del Codice «attribuisce espressamente sia alla Regione sia al Ministero il potere di ordinare la sospensione di lavori atti ad alterare i valori paesaggistici del territorio, a tutela sia dei beni già vincolati sia di aree che si intende tutelare con l’imminente adozione di un futuro vincolo paesaggistico; si tratta, pertanto, di un potere che può essere esercitato anche a salvaguardia di aree o immobili non ancora dichiarati di interesse culturale o paesistico».

Nel caso di specie peraltro, sulla scorta di quanto sopra evidenziato, la disciplina vigente conferma la sussistenza del vincolo – nei termini predetti – e la conseguente necessità dell’autorizzazione paesaggistica, la cui mancanza ha pertanto in ogni caso giustificato e legittimato il ricorso al potere inibitorio in esame del Consiglio di Stato.  

Quanto all’esercizio del potere di autotutela, i gudici della Sezione hanno ricordato che nella specie sussiste tale potere in termini non di mera rimozione dei pareri precedentemente espressi dalle singole soprintendenze sulla base di una disciplina diversa da quella correttamente ricostruita dalla direzione generale, in quanto l’effetto degli atti impugnati è quello – di per sé neppure integrante un totale arresto procedimentale definitivo – di diffida all’attivazione del corretto percorso procedimentale.

Ha aggiunto che l’assenso edilizio, rilasciato in carenza dell’autorizzazione paesaggistica, sia inefficace (cfr. art. 146, commi 2, e 4, D.Lgs. n. 42 del 2004); analogamente, ove l’assenso edilizio sia rilasciato sulla base di un presupposto (ovvero l’avvenuto rilascio dell’autorizzazione paesaggistica) in realtà non sussistente se “non nominatim”, non espressamente dichiarato, (come nel caso di specie), si è in presenza di una doppia situazione patologica.

Per quanto concerne in dettaglio la contestazione dell’adottata autotutela, vanno richiamati i principi consolidati dal Consiglio di Stato in tema  trasformazione edilizia del territorio, applicabili a maggior ragione in ordine alla peculiare disciplina propria degli ambiti soggetti a parallela tutela latu sensu culturale, comprendente il versante paesaggistico.  

In generale, i presupposti dell’esercizio del potere di annullamento d’ufficio dei titoli edilizi sono costituiti dall’originaria illegittimità del provvedimento, dall’interesse pubblico concreto ed attuale alla sua rimozione, tenuto conto anche delle posizioni giuridiche soggettive consolidate in capo ai destinatari. L’esercizio del potere di autotutela è dunque espressione di una rilevante discrezionalità che non esime, tuttavia, l’Amministrazione dal dare conto, sia pure sinteticamente, della sussistenza dei menzionati presupposti e l’ambito di motivazione esigibile è integrato dall’allegazione del vizio che inficia il titolo edilizio, dovendosi tenere conto, per il resto, del particolare atteggiarsi dell’interesse pubblico in materia di tutela del territorio e dei valori che su di esso insistono, che possono indubbiamente essere prevalenti, se spiegati, rispetto a quelli contrapposti dei privati, nonché dall’eventuale negligenza o malafede del privato che ha indotto in errore l’Amministrazione.

La Sentenza 8641/2021 specifica come nel caso di specie, oltre al limitato periodo temporale trascorso fra il rilascio degli evocati assensi e l’intervento di rimozione, assumono preminente rilievo i plurimi elementi posti a base degli atti impugnati, pienamente coerenti ai principi predetti, ovvero: la disciplina vigente ed il conseguente previo necessario rilascio dell’autorizzazione ex art. 146 cit., nei termini già sopra condivisi; la relativa erronea rappresentazione degli elementi di fatto e di diritto rilevanti nella fattispecie; la circostanza che i lavori di trasformazione erano appena stati avviati senza alcun consolidamento, con conseguente connessa valutazione della relativa situazione giuridica dei privati interessati.

Emerge altresì dagli atti l’approfondimento motivazionale degli interessi pubblici connessi alla tutela dell’area e del contesto culturale coinvolto, nei termini correttamente indicati sia dalla sentenza impugnata che dalla difesa erariale, oltre che del tutto coerenti ai principi sopra richiamati in tema di autotutela.

Ricordo che in base alla Convenzione l’UNESCO ha fino ad oggi riconosciuto un totale di 1154 siti (897 siti culturali, 218 naturali e 39 misti) presenti in 167 Paesi del mondo. Attualmente l’Italia detiene il maggior numero di siti  inclusi nella lista dei patrimoni dell’umanità: 58 siti, tra questi la Città di Verona è stata inserita nel 2000.

Nonostante tutto questo, la catena Kfc, produttrice delle alette di pollo a vinto il primo round al TAR di Venezia, infatti con l’Ordinanza n. 633 pubblicata il 2 dicembre 2021, la terza sezione ha accolto il ricorso della US Food Network S.r.l., franchising partner di Kentucky Fried Chicken, ordinando la sospensione cauteare dell’efficacia della Delibera di giunta “salva decoro” (n. 295/2021) la quale aveva introdotto il divieto di vendita per l’asporto di alcuni prodotti quali “i prodotti fritti e i cibi etnici riferibili alla cultura orientale o medio orientale”

Per i giudici del Tribunale amministrativo veneziano sono sussistenti i presupposti per la concessione della chiesta misura cautelare considerato, quanto al periculum, che parte ricorrente ha dichiarato di aver avviato l’attività e che, in mancanza della possibilità di effettuare l’asporto, subirebbe un ingentissimo danno che potrebbe influire sulla stessa permanenza del punto vendita appena avviato e, quindi, sarebbe difficilmente riparabile all’esito della definizione del giudizio nel merito. Mentre sotto il profilo del fumus, le censure di parte ricorrente, pur dovendo essere approfondite in sede di merito, appaiono presentare profili suscettibili di favorevole considerazione.

Ora non resta che attendere l’esito della trattazione di merito del ricorso nell’udienza del 9 marzo 2022 consapevoli che il Consiglio di Stato per un caso analogo ha respinto la realizzazione di un punto vendita di McDonald’s, anche se nel caso di Verona il negozio (al pari di altri) è già in attività e proprio non comprendo il perchè posto che dal 2000 tutta l’area della città di Verona è sito Unesco.

Alberto Speciale

 
 
Classe 1964. Ariete. Marito e padre. Lavoro come responsabile amministrativo e finanziario in una società privata di Verona. Sono persona curiosa ed amante della trasparenza. Caparbio e tenace. Lettore. Pensatore. Sognatore. Da poco anche narratore di fatti e costumi che accadono o che potrebbero accadere nella nostra città. Ex triatleta in attesa di un radioso ritorno allo sport.

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