Aeroporto Catullo. L’intervista all’ex DG Ing. Carmine Bassetti

 
 

Siamo riusciti a rintracciare l’ex Direttore Generale del Catullo Carmine Bassetti, che gentilmente ci ha concesso un’intervista.

Direttore Bassetti, ha seguito la nostra inchiesta sul Catullo? 

In molti mi hanno mandato il link di Verona News ed i commenti, non sono iscritto a FaceBook e quindi non li vedo, ma leggo la vostra inchiesta sul giornale online. (il sito – ndr)

Cosa ne pensa? 

Guardi, preferisco rispondere solo su cose tecniche, la mia opinione rimane mia. Sono più di 3 anni che ho lasciato l’incarico, e non ho mai rilasciato interviste o commenti. Professionalmente è stata una esperienza bellissima, per l’umanità di molt persone incontrate, ed allo stesso tempo è stata molto faticosa. Ho molti amici a Verona e vengo spesso volentieri a trovarli.

Comunque un’idea in tutto questo tempo se la sarà fatta?

Leggendo ho avuto la sensazione che si volesse demonizzare SAVE e tutto quello che avrebbe dovuto realizzare e non ha realizzato. Vorrei ricordare che SAVE ha acquisito una partecipazione del 40% attraverso un percorso inusuale, sul quale avevamo ampiamente discusso in C.d.A., ma con la piena convinzione e consenso del C.d.A. e dei soci Catullo. Se poi l’ingresso di SAVE sia avvenuto senza sottoscrizione di un programma di sviluppo e con dei patti para sociali che le lasciano il controllo, questa non è solo una responsabilità di SAVE. Tecnicamente, SAVE ha fatto un ottimo affare, un po’ meno la Catullo.

Ma il fatto che non c’e un piano industriale? 

SAVE è un importante società di gestione aeroportuale, che ha fatto bene i propri conti, e l’offerta proposta ai soci della Catullo rappresentava quella che meglio poteva fare, considerando che Verona è a 100 km da Venezia e bisogna trovare, per SAVE, un equilibrio nello sviluppo della capacità aeroportuale tra Verona e Venezia. Per anni Venezia e Verona sono sempre state concorrenti, oggi invece sono gestite sotto la stessa proprietà.  Poi non  credo che non ci sia un piano industriale, e solo che non è stato condiviso pubblicamente. Marchi è un imprenditore di successo e non fa certo beneficienza, fare parte di SAVE per la Catullo significa essere un aeroporto satellite, allo stesso modo di Treviso, e quindi la strategia di sviluppo va vista nel piano industriale complessivo di SAVE, o degli attuali suoi soci.

Allora sta dicendo che hanno sbagliato i soci della Catullo? 

Non mi permetto di dare giudizi, ma osservo che certe decisioni sono state prese in contrasto con il percorso iniziato quando ero DG, e adesso sarà SAVE, anche se la maggioranza è in mano ad Areogest, a decidere se e che tipo di sviluppo si addice al sistema del Garda soprattutto in funzione dello sviluppo previsto su Venezia. È solo una questione di come si sono svolti i fatti, e le conseguenze delle decisioni prese dai soci di Catullo.

Sarebbe stato meglio andare in gara?

Le rispondo con un esempio, l’aeroporto di Lubiana è stato messo in gara circa 3-4 anni fa, un aeroporto molto piccolo con più o meno 900 mila passeggeri all’anno. Sono andati in gara pubblica ed hanno partecipato 27 consorzi, la gara è stata vinta da Francoforte con una valutazione di 117 milioni di euro, con benefici sia per le casse dello Stato, sia per l’impegno programmato di un nuovo terminal da 3 milioni di passeggeri entro 3 anni.

Sta dicendo che con una gara avremmo avuto di più per Catullo? 

Sarebbe stata sicuramente un percorso diverso con la possibilità di scelta del partner, e sottoscrizione di accordi di sviluppo. Negli ultimi 5 anni tutte le gare fatte sugli aeroporti hanno avuto risultati molto importanti, c’e tanta liquidità nel mercato areoportuale.

Però dicono che i conti non erano in ordine per andare in gara? 

L’ho sentito dire, ed è un po’ una leggenda metropolitana. Nel 2011 Catullo perdeva 26 milioni di euro, controllava società dirette come Catullo Park e Avio Handling, nel 2013 le perdite si sono abbattute a 3.1 milioni di euro, un risparmio di più di 22 milioni. Il vero problema di Catullo è sempre stato il fatto di non riuscire a far funzionare Brescia, nonostante la sua ubicazione strategica, e nonostante avessimo in corso trattative con la DHL. Brescia ha perso tanto e con ogni probabilità continua a perdere molti soldi. È stato realizzato a tempo di record, ma incompleto con una pista che necessita di essere allungata, magazzini merci da realizzare e terminal che deve essere ampliato per garantire più capacità, e per far tornare i conti. La ristrutturazione della Catullo, fatta fino al 2013, ha dato subito i suoi frutti e Verona già fine 2013 poteva essere messa sul mercato, ed era molto appetibile, gestendo, appunto due aeroporti. Una vera cura da cavallo che purtroppo ha visto molte persone messe in cassa integrazione. In una qualsiasi ristrutturazione una volta che abbatti i costi serve investire per rilanciare, anche con una gara. La soluzione di vendere a SAVE è stata una decisione della politica locale e non perché non fosse possibile andare in gara. Ricordo, infatti, che molti investitori esteri si erano interessati ed attendevano che fosse indetta la gara.

Verona sempre più low cost e Brescia sempre più vuoto, cosa dice? 

Ripeto, le decisioni prese portano con sé delle conseguenze: Catullo è sotto il controllo indiretto di SAVE ,e si devono accettare le decisioni della capo gruppo. Altra cosa è sbandierare sui media che tutto va bene, anche se i numeri contraddicono gli annunci

A rimetterci per le decisioni prese sarà il territorio del Garda? 

Verona e Brescia sono aeroporti territoriali, il loro sviluppo ha un impatto molto importante sulla economia generale dei territori di appartenenza, e il bacino del Garda, con l’aggiunta delle provincie di Trento e Bolzano è unico nel suo genere. Non sviluppare avrà diverse conseguenze, soprattutto in termini di arrivi internazionali. L’aeroporto di Verona, per esempio, è stato da sempre un passo avanti a tutti gli altri scali regionali italiani da vent’anni, anche se i competitor sono molto più grandi, per tutti i collegamenti che garantiva ai vari Hub europei. Un veicolo importantissimo per collegare Verona con il resto del mondo. Con la nuova strategia di sviluppo questo sembra venire a mancare, e tra i voli che partono e arrivano non si vede un collegamento continuativo e costante.

Si discusso molto del progetto Romeo, e se questo sia la soluzione più giusta. É intervento con un commento l’ex DG Soppiani dicendo che, comunque, la Catullo ha ancora abbondante capacità nel terminal fino a 5-6 milioni di passeggeri, lei è d’accordo? 

Ho letto e, per essere sincero e fuori dalla polemica, consiglierei all’Ing. Soppiani di ricordarsi della situazione che ha lasciato con i 26 milioni di debito attribuibili solo ad una gestione non adeguata, e fonte di tutti i guai che ancora oggi Catullo sta pagando a caro prezzo. In merito ai suoi commenti sulla capacità residuale dell’attuale terminal, credo che anche qui sarebbe necessario fosse più aggioranto; l’aeroporto di Verona ha un andamento del traffico passeggeri annuale molto stagionalizzato; nel periodo giugno-settembre realizza più del 60% del traffico annuale. Non credo che sia possible destagionalizzare più di quello che avviene oggi, pertanto se si vuole crescere si deve aumentare il picco estivo con un ampliamento del terminal nei vari sottosistemi e dei piazzali aeromobili. Il progetto Romeo, così come pensato sotto la mia gestione, non garantiva capacità aeroportuale aggiuntiva, ma era stato pensato solamente per dare una migliore vivibilità al passeggero, con più aree commerciali e soprattutto come progetto che avrebbe portato poi allo sviluppo del progetto Giulietta lì dove oggi c’e l’hangar. Il progetto Romeo attuale, ovvero quello che sembrerebbe abbiano pensato SAVE e i soci, non è certo un progetto che possa garantire da solo capacità per il medio/lungo periodo.

Cosa manca nella nostra inchiesta sul Catullo? 

Ho notato che si è parlato di un po’ di tutto, meno che di quelle persone che hanno perso il lavoro per una gestione allegra dei soci locali. Avevo ricevuto un input ben preciso e avrei dovuto recuperare quante più persone possibile dalla cassa integrazione. Ho lottato molto per riuscirci, il mio piano industriale puntava a sviluppare il commerciale non avio, sviluppando i parcheggi P4 e P5 (quelli antistanti l’areostazione – ndr) con attività legate alla massa critica che frequenta l’aeroporto. Sarebbe nata così la retail park, soluzione innovativa che avevo già sperimentato con successo in Sud Africa (L’ing. Bassetti è stato Direttore Esecutivo dell’Aeroporto di Joannesburg dal 1998 al 2005 – ndr). Poi sappiamo come è finita, sono rimato solo e non siamo riusciti a recuperare nessuno. L’accordo con SAVE non lo prevedeva ed i soci hanno cambiato completamente idea in merito. Oggi sono ancora in molti che non hanno trovato lavoro e purtroppo sono stati solo loro a pagare.

La nostra inchiesta non si conclude qui, perché offriamo ai diretti interessati la possibilità di replica, e perché proseguiremo nel monitorare la situazione.

 
 

4 COMMENTI

  1. Marchi ci dice che vuole l’80% del Catullo, ma con quale strumento legale dovrebbe avvenire questo passaggio di quote? Ma perché dovremmo vendere l’aereoporto a chi non ha fatto nulla in questi anni a parte licenziare?
    Una eventuale vendita di tutto a SAVE sarebbe un errore per la nostra città.
    C’è una Verona che vuole vedere migliorare l’aereoporto e questo passa a mio avviso per una sola strada che si chiama procedura di gara internazionale.

  2. Non voglio polemizzare con l’Ing. Bassetti piuttosto la considero un opportunità di chiarimento.
    Per quanto riguarda la questione relativa alla capacità delle infrastrutture air side e land side dell’aeroporto di Verona ribadisco che la capacità complessiva è valutabile tra i 5 e i 6 milioni di passeggeri. Essendo anche l’Ing Bassetti un Ingegnere sa che si per capacità si intende “la possibilità di contenere una determinata quantità entro un determinato limite che è dato dal recipiente”.
    Per fare un esempio pratico l’aeroporto è costituito da una serie di contenitori (terminal, infrastrutture di volo, ecc) ciascuno dei quali può contenere un certo numero di persone all’ora.
    L’impiego delle infrastrutture cioè l’ottimizzazione del loro grado di saturazione e quindi della riduzione dei tempi di “vuoto”, che oggi a Verona sono molti, spetta al gestore per tramite della Direzione Generale/Direzione Commerciale che figurativamente hanno in mano il “rubinetto” da usare per riempire i recipienti che sono stati loro affidati.
    E’ quindi responsabilità della società di gestione stabilire quali e quanti accordi fare con ben determinati vettori decidendo come, quando e quanto meglio riempirli.
    Nei mesi estivi del 2011 e quindi prima dell’arrivo dell’Ing Bassetti, lo scalo di Verona ha registrato più di 450.000 passeggeri/mese nonostante picchi molto importanti determinati dall’operatività dei charter almeno doppia rispetto ad oggi, e non mi ricordo di particolari disagi.
    E’ anche facile dimostrare come Verona oggi sia ampiamente sottoutilizzata soprattutto nel corso della stagione invernale e questo non perché manchi la propensione ai viaggi dell’utenza del Garda, ma semplicemente perché mancano i collegamenti come peraltro evidenziato dalle statistiche di Assaeroporti e dalle cronache Veronesi di questi ultimi giorni.
    Tutti gli aeroporti che circondano Verona hanno un’operatività molto più uniforme del Catullo. Ma questo è frutto di un lavoro strategico di anni dedicato alla fidelizzazione con vettori che via via hanno aumentato il numero di destinazioni/frequenze o di altri nuovi che si sono aggiunti.
    In quegli stessi anni, cioè dal 2012 in poi, Verona ha rinunciato al suo sviluppo e il divario con la concorrenza è aumentato a dismisura fino a diventare (a mio avviso) pressoché incolmabile.
    Per quanto riguarda invece le perdite di 26,6 milioni registrate dalla Valerio Catullo Spa nel 2011, prendo atto nonostante siano passati già 6 anni, che l’Ing Bassetti tende ancora a rivolgere le sue attenzioni solo al sottoscritto.
    Premesso che nulla è mai stato accertato relativamente a mie dirette responsabilità, anzi la Procura di Verona ha perfino archiviato la mia posizione, ricordo all’Ing. Bassetti che, se non erro, è proprio sotto la sua Direzione che lo scalo ha perso oltre 600.000 passeggeri e ha registrato perdite per 23,5 milioni di euro nonostante il licenziamento di centinaia di dipendenti.
    In questo senso mi permetto di suggerire all’Ing Bassetti e a quanti altri volessero ancora strumentalizzare fatti e situazioni solo per mascherare responsabilità di altri, di utilizzare, almeno fino ad (eventuale) prova contraria, maggiore prudenza e cautela nei miei confronti.
    I contratti capestro sono stati ormai interrotti da anni ma la situazione del Catullo non è che nel frattempo sia migliorata granchè.
    Quindi….
    Grazie per l’attenzione e lo spazio concessomi
    Ing. Massimo Soppani

  3. 26,6 + 23,5 fanno circa 50 milioni di euro di perdite, qualcuno può spiegare a noi contribuenti da dove arrivano i soldi per coprire queste perdite e perché nonostante l’aeroporto di Brescia sia ambientalmente insostenibile e “ha perso tanto e con ogni probabilità continua a perdere molti soldi” non viene chiuso subito a beneficio dei bilanci delle altre strutture? Perchè una società che potrebbe essere più efficiente e agile, continua a tirarsi dietro questo baraccone inutile e dannoso da ogni punto di vista? Grazie di cuore a chi me lo spiegherà, me lo chiedo da anni tutte le notti quando non posso dormire per le decine di voli postali notturni (altro mistero economico…) e ultimamente anche di giorno da quando gli aerei si divertono a giocare su e giù dalla pista o restano fermi con i motori accesi per ore interminabili. La pista del D’Annunzio è a pochi metri da migliaia di famiglie che devono già lottare contro gli effetti delle discariche adiacenti con 12 milioni di mc di rifiuti metà tossico-nocivi, basta dare uno sguardo alla visualizzazione satellitare su google maps per rendersi conto del caos urbanistico, della devastazione ambientale di questa area e della insostenibilità di questo aeroporto.

  4. L’approssimazione, l’autolesionismo e la mancanza totale di lungimiranza, tipica dell’attuale politica veronese riguardo la questione Montichiari/Catullo, portò sul finire degli anni novanta a riesumare una pista deserta, per lo scopo vero di servire le comodità dei vari industriali bresciani, Beretta in testa. “Servi sciocchi” furono, neanche a dirlo, i veronesi i quali ci addolcirono la pillola amarissima cercando di convincere tutti noi della bontà strategica dell’operazione Montichiari. Ci raccontarono che Villafranca non aveva spazio per crescere (bufala grossolana). Ai bresciani non parve vero di aver trovato finalmente il pollo da spennare; fino a quel momento nessuno, da Bergamo a Milano, si era sognato di riesumare la vecchia pista militare, anzi se ne erano ben guardati dal farlo. Viene in mente la caduta di Verona ad opera dei veneziani nel lontano tardo medioevo quando conquistarono la città per un tradimento. Se il denaro speso per il D’Annunzio fosse stato impegnato per far progredire il Catullo, oggi non saremo qui a piangerci addosso e saremo davanti a Bergamo. Ancora oggi, persistendo l’autolesionismo tipico della cultura politica veronese, si vuol trattenere stretto un presunto gioiello per paura che un giorno possa far concorrenza a Villafranca, quando gli stessi “lumbard” tengono il buco Montichiari a debita distanza con la scusa che la concessione è nelle mani della Catullo. Se anche lo regalassimo a Bergamo o Milano, difficilmente verrebbe accettato come tale: è un piatto indigesto. Pare tutta una bufala, costosissima per Verona. Pare anzi un modo per tenere Verona/Catullo sotto scacco, compresso com’è a ovest da Orio al serio e a est da Venezia/Treviso. Montichiari ce lo hanno rifilato dipingendolo come un grande affare ma è uno specchietto per le allodole, per lo snobbismo nostrano. Verona si fregia di un gioiello patacca e i concorrenti se ne ridono: se ne stanno seduti sulla riva aspettando che passi il cadavere del nemico (il Catullo). Che errore madornale ! I padri dell’economia veronese del dopoguerra, non avrebbero mai fatto una simile scelta !!
    Mi chiedo cosa si aspetti a cedere il D’Annunzio, armi e bagagli, al miglior offerente ( se mai si troverà) e concentrarsi definitivamente e seriamente sullo sviluppo del Catullo. Invece si sta pensando di spendere ulteriori fondi per allungare la pista e fare infrastrutture per uno scalo che nessuno vuole e che ci viene lasciato in dote al solo scopo di impedire un serio sviluppo a Verona, anche nelle merci. ….ma la storia è buona maestra….inascoltata.
    L’infrastruttura veronese, con SAVE, è stata penalizzata: la pista ha almeno 300 metri in testata sud inutilizzati che la porterebbero ad essere uguale a quella del Marco Polo; la via di rullaggio è dalla parte sbagliata, quella militare e se ne prevedeva la costruzione di una nuova lato sud. Recentemente è stata solo riasfaltata, lasciandola anche delle stesse dimensioni, ben la di sotto degli standard di larghezza di 23,50 metri, con la scusa che tanto a Verona basta e avanza. Si è deciso, al posto di una nuova via di rullaggio dalla parte giusta (lato sud) di fare una “turn pad” una specie di spanciamento in testata sud per permettere agli aerei di girarsi per decollare (come c’è a Treviso), eccetera eccetera. Questi NON sono interventi strategici ma rivolti a lasciare il Catullo tra gli aeroporti minori. In fondo è ciò che Venezia e la Regione vogliono. Il tutto col benestare soddisfatto dei vertici dell’aeroporto e della quasi totalità della politica veronese. Manca cultura aeronautica. C’è di che disperarsi. A quando la presa di coscienza del grande imbroglio e dello stretto bavaglio che Venezia (con Milano), per l’ennesima volta, stanno confezionando per Verona? Spero che questa STAMPA LIBERA che mi ospita come libero cittadino qualunque, sia efficace nell’opera di riqualificazione culturale della nostra classe politica. Spero anche che si faccia di tutto per stanare SAVE e le sue polpette avvelenate e permettere a Verona di ritornare in possesso del suo aeroporto.

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