Salemi: “Arena unica, ma lavora male”

 
 

Presentato in Commissione regionale il dossier sulla spesa regionale per la Fondazione Arena di Verona  

“I numeri parlano chiaro: la Fondazione Arena Verona investe poco sul personale (in Italia fa peggio solo il teatro Petruzzelli di Bari), registra un calo drastico della qualità artistica secondo il Ministero (dai 49 punti del 2015 si è passati ai 25 del 2019, mentre la Fenice è salita da 32 a 142) e un pesante squilibrio nella programmazione che di fatto non ne fa un Teatro Stabile (nel 2017 solo 122 alzate di sipario rispetto alle 222 della Fenice e concentrate soprattutto in estate). Abbiamo un teatro unico, nessuno lo mette in dubbio, ma lavora male, senza un chiaro indirizzo da parte di una governance che sembra non comprendere le potenzialità di questo patrimonio nel nostro territorio. Basti pensare che nel solo periodo maggio-settembre 2018 il veronese ha segnato 13 milioni di visitatori, di cui quasi la metà (il 46%) di nazionalità tedesca e quindi ad alto interesse per la lirica: possibile che si riesca a intercettarne solo 400.000? Serve un salto di qualità sulla programmazione, ma anche il coraggio di azioni capaci di attrarre nuovi spettatori e fidelizzare gli appassionati”.

Così la vicecapogruppo del Pd in Consiglio regionale Orietta Salemi a seguito della presentazione del dossier sulla spesa regionale relativa alla Fondazione Arena di Verona. Il report, con un focus sul periodo finanziario 2011-2018, è stato illustrato alle commissioni consiliari congiunte IV e VI.

“Le difficoltà che oggi vive la Fondazione sono rappresentate chiaramente dai numeri esposti in Commissione – aggiunge Salemi -. Non basta parlare con il Ministero, ma serve che il Sindaco si prenda la responsabilità di una svolta. A partire dall’investimento sui dipendenti, che con grandi sacrifici hanno pagato il prezzo del piano di risanamento, per arrivare alla scelta di una programmazione equilibrata nell’anno che sappia garantire un altro livello di qualità rispetto a oggi. La distanza tra le performance dell’Arena e quelle della Fenice è drammaticamente esplicita e rivela quanto lavoro ci sia da fare e quanto Verona debba ancora agganciare il treno del rilancio”.

La consigliera veronese punta quindi il dito sulle potenzialità di sviluppo, non ancora adeguatamente sfruttate, che il territorio offre all’Arena. “Il report regionale conferma che ci sono margini di crescita: serve che la Fondazione progetti con gli operatori di settore locali lo sviluppo di un’offerta turistica integrata. Già nel 2017 l’Università di Verona aveva evidenziato che, al fascino dato dall’unicità del contenitore e dell’atmosfera areniana, non si accompagnano servizi adeguati. Non solo. Dallo studio emerge anche che il rapporto tra Veronesi e Festival areniano è disarmante: circa la metà di un campione esaminato non ha mai visto uno spettacolo lirico, ma oltre il 70% mostrerebbe interesse a farlo se non passasse l’idea che l’opera è noiosa e difficile da capire. Le conclusioni sono facili: non si è investito nella formazione del pubblico, non si è pensato a costruire un processo identitario tra città, residenti e spettacolo operistico. Eppure l’Arena è il brand di Verona nel mondo. Eppure c’è chi riesce a ottenere risultati: il Teatro Regio di Torino, per esempio, ha sperimentato il Black Friday per lo spettacolo lirico e ha venduto la bellezza di 2.500 biglietti in un solo giorno, attirando all’Opera soprattutto le giovani generazioni. Servono quindi coraggio, innovazione e idee. Se proprio queste non vengono basta semplicemente copiare i modelli virtuosi attorno a noi”.

 
 

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