Pubblica istruzione: l’anzianità dei docenti paritarie non vale nei concorsi pubblici

 
 

L’anzianità maturata presso istituti scolastici paritari legalmente riconosciuti non è computabile per la partecipazione al concorso straordinario nella scuola secondaria di primo e di secondo grado.


A stabilirlo è stata la Prima Sezione del Consiglio di Stato nella Sentenza n. 451 del 17 marzo 2021 che ha affermato il principio secondo cui ​​​​​​​«E’ legittimo il bando di concorso straordinario per titoli ed esami per l’immissione in ruolo del personale docente della scuola secondaria di primo e di secondo grado su posto comune e di sostegno, nella parte in cui esclude dal computo del servizio valido quale requisito di ammissione l’anzianità maturata presso istituti scolastici paritari legalmente riconosciuti e disciplina le modalità di presentazione delle domande».

Secondo i giudici della Prima Sezione i servizi di insegnamento svolti nelle istituzioni scolastiche statali e quelli svolti presso istituti paritari legalmente riconosciuti non risultano assimilabili e connotati da identità, così potendosene predicare una indiscriminata equiparazione. Tale esclusione non viola il principio di ragionevolezza né quello di uguaglianza.
Allo stesso modo deve escludersi la violazione dell’art. 33 della Costituzione che garantisce alle scuole paritarie la libertà di insegnamento ed agli alunni un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni delle scuole statali (commi 3 e 4).

Non vi è, invece, nell’art. 33 alcun riferimento allo status giuridico del corpo docente, per il quale alcuna equipollenza viene prevista con quello appartenente alle scuole statali; evidenziandosi, altresì, che il mancato riconoscimento del servizio prestato presso gli istituti paritari ai fini dell’immissione in ruolo presso le scuole statali non appare in grado di incidere sulla “piena libertà” della scuola paritaria né sul trattamento degli alunni che la frequentano.

​​​​​​​Per i giudici infine la norma di legge censurata non si pone in contrasto con il principio di sussidiarietà orizzontale sancito dall’art. 118 Cost. e, rilevandosi che il contestato mancato riconoscimento del servizio non incide sulla piena possibilità per la scuola paritaria di svolgere il pubblico servizio dell’istruzione e di concorrere in tal modo con lo Stato nell’esercizio di tale attività di interesse generale.

Ancora oggi, dopo tanti anni, per la precisione dalla Legge 62/2000, l’insegnamento nelle scuole paritarie presenta ancora l’antico stigma di “inferiorità” rispetto alle scuole pubbliche, un “sentiment” anacronistico che non ha alcuna logica oggi più che mai.

Le famiglie che iscrivono figli agli istituti paritari si fanno carico, per propria scelta sia chiaro, di una spesa che è pubblica. A quanto ammonta il risparmio? Secondo il MIUR il costo medio per studente è di 6.568 euro le scuole dell’infanzia, 7.260 per le scuole primarie e 8.360 per le scuole secondarie, euro più o euro meno. Calcoli alla mano, al netto del contributo di circa 500 milioni di euro l’anno erogati alle paritarie, il risparmio per lo Stato è di 5 miliardi di euro ogni anno.

Cosa succederebbe se da domai tutte le scuole paritarie chiudessero le porte?

Sono convinto che l’egualitarismo scolastico, fortemente voluto, non ha prodotto una scuola equa al cui raggiungimento serve coraggio, soprattutto della politica, nel decidere una volta per tutte di voler superare le attuali barriere ideologiche. E’ un atto dovuto soprattutto nei confronti degli insegnanti che oggi vengono classificati di serie A e serie B.

Alberto Speciale

 
 
Classe 1964. Ariete. Marito e padre. Lavoro come responsabile amministrativo e finanziario in una società privata di Verona. Sono persona curiosa ed amante della trasparenza. Caparbio e tenace. Lettore. Pensatore. Sognatore. Da poco anche narratore di fatti e costumi che accadono o che potrebbero accadere nella nostra città. Ex triatleta in attesa di un radioso ritorno allo sport.

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