La Corte d’Appello condanna Verona Pulita e da’ ragione a Neri

 
 

La Corte di Appello di Venezia con sentenza del 31 maggio, resa nota martedì 7 giugno, ha dichiarato la nullità della promessa di pagamento, del 4 settembre 2017 a firma di Edi Maria Neri, all’epoca assessore alla Legalità, Trasparenza, Affari legali, Demanio, Economato dell’Amministrazione Sboarina, azionata dall’associazione Verona Pulita.

E ha, quindi, condannato «Verona Pulita a rifondere a Neri Edi Maria le spese di difesa dei due gradi di giudizio, liquidate, quanto al primo grado, in € 5.439,00 – di cui € 4.500,00 per compensi, € 264,00 per esborsi ed il resto per rimborso forfettario – e, quanto al presente grado, in € 4.752,50 – di cui € 3.800,00 per compensi, € 382,50 per esborsi ed il resto per rimborso forfettario – oltre ad IVA se dovuta e CPA» come si legge nel documento.

La sentenza della Corte di Appello ha ribaltato completamente la pronuncia di primo grado del Tribunale di Verona, con la quale Edi Maria Neri era stata condannata a versare a Verona Pulita il 20 per cento dell’indennità netta mensile di assessore (circa 600 euro) dall’aprile 2018 al novembre 2020, data nella quale Neri cessò dall’incarico.

La decisione della Corte di Appello crea un precedente giurisprudenziale molto importante, in quanto «Non sembra si possa validamente sostenere un nesso di corrispettività tra indicazione del movimento in vista della nomina assessorile e impegno ad effettuare i versamenti: non solo perché tale nesso dovrebbe emergere dal contenuto della promessa unilaterale (che in tale prospettiva si configurerebbe come parte di un’operazione negoziale bilaterale più complessa), ma anche perché si porrebbe un evidente questione in ordine alla liceità di un simile patto, con il quale si verrebbe ad introdurre inammissibilmente una logica economica di scambio nell’ambito di scelte politiche e di governo della cosa pubblica (né, d’altronde, l’appellata sostiene di avere designato l’appellante per la nomina ad assessore in cambio o in vista dell’obbligo di contribuzione da costei assunto, di lì a poco, nei riguardi dell’associazione)».

«Finalmente, con una pronuncia scritta pregevolmente in punta di diritto, si è fatta chiarezza sulla natura della promessa di pagamento che alcuni soci di Verona Pulita avevano dovuto sottoscrivere, su richiesta del presidente Michele Croce, nel settembre 2017, una volta investiti dei loro rispettivi incarichi. Come emerge dalla motivazione pregevolmente riportata in sentenza, ho ritenuto all’epoca dei fatti di adempiere al versamento di una somma, che, peraltro, ho sempre considerato esagerata nel suo quantum (il 20 per cento era stato imposto da Croce), fino a quando ho ritenuto di far parte del movimento per ideali condivisi e in primis di legalità e trasparenza. Faccio presente che sono stata iscritta a Verona Pulita solo nell’anno 2017, quando ho contribuito alla campagna elettorale del movimento sebbene non volli candidarmi per il consiglio comunale. A partire dall’inizio del 2018 la condivisione è cessata e le incomprensioni si sono fatte sempre più evidenti. E a partire dall’aprile del 2018 ho ritenuto di non voler più versare la percentuale della mia indennità di assessore, non riconoscendomi nello spirito e nella gestione dell’associazione e non avendo più rapporti di alcuna natura con il movimento medesimo e con il suo presidente» dichiara Neri.

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