TAR Veneto: vietate le partecipazioni pubbliche senza il “controllo”

 
 

Colpo di scena sul controllo societario nelle società pubbliche esercitato dai Comuni.
A dare il via, a quello che sicuramente creerà un grosso cortocircuito tra gli enti locali, è stata la sentenza del TAR Veneto n. 363 del 05/04/2018 che di fatto nega l’esistenza stessa delle società a partecipazione pubblica in base alle regole del Testo Unico (D.Lgs. 175/2016).

L’assenza di controllo comporta il divieto di detenere la partecipazione dei soci pubblici nelle società partecipate miste dove il pubblico è minoritario, specie se le partecipazioni sono frazionate tra vari enti locali.

Questa è la conclusione del TAR Veneto, che con la sentenza n. 363 del 5 aprile 2018 nega la stessa possibilità che un Comune possa mantenere delle partecipazioni minoritarie in una società mista frazionata, alla luce del disposto dell’art. 24 del D.Lgs 175/2016 (c.d. Decreto Madia, Testo Unico in materia di società a partecipazione  pubblica).

Il Testo Unico Società Partecipate ha previsto una serie di obblighi improntati:

  • alla rigorosa rispondenza delle partecipazioni societarie delle P.A. alle finalità istituzionali di queste;
  • all’obbligo di dismissione delle partecipazioni non riconducibili a tali finalità istituzionali.

Il D.Lgs. 175/2016 ha imposto in particolare, all’art. 24, che le partecipazioni detenute direttamente o indirettamente dalle Amministrazioni publiche in società non riconducibili nelle categorie di cui all’art. 4 (le partecipazioni che possono essere acquisite o mantenute), o che non soddisfano i requisiti di cui all’art. 5, commi 1 e 2 (riguardanti la motivazione analitica dell’atto deliberativo di costituzione di una società a partecipazione pubblica), o ancora che ricadono in una delle ipotesi di cui all’art. 20, comma 2 (le ipotesi che impongono l’adozione di un piano di riassetto delle società partecipate, per la loro razionalizzazione, fusione o soppressione), devono essere alienate, o formare oggetto delle misure di riassetto/razionalizzazione previste dal medesimo art. 20.

A tal fine, l’art. 24 ha imposto agli Enti locali di effettuare entro il 30 settembre 2017, “con provvedimento motivato”, la ricognizione delle partecipazioni detenute, individuando quelle da alienare e l’alienazione deve avvenire – precisa il comma 4 dell’art. 24 – entro un anno dalla conclusione della ricognizione (vedere qui il “Piano di revisione straordinaria delle partecipazioni del Comune di Verona”).

Il caso discusso dai giudici del TAR Veneziano riguardava una società holding al cui capitale partecipano due soci privati e ben novantuno Comuni, i quali detengono ognuno partecipazioni di limitata consistenza, che vanno da un minimo dello 0,05% del predetto capitale ad un massimo del 2,74%.

A dominare la compagine sociale, pertanto, sono le partecipazioni private. La società mista svolgeva un numero di servizi molto ampio, dalla distribuzione del gas alle telecomunicazioni.

Il TAR Veneto risolvono la questione confermando quanto già deliberato dalla Corte dei conti della Lombardia – Sez. controllo con Delibera n. 398 del 21 dicembre 2016. Secondo i giudici contabili: “non è possibile il mantenimento di una partecipazione societaria di un ente pubblico per la realizzazione di “servizi di interesse generale”, qualora siffatta partecipazione sia minoritaria (stante anche l’assenza di altri soci pubblici). In questi casi il servizio espletato non può rientrare nella definizione di servizi di interesse generale, non potendo esserne garantita la fruibilità secondo le modalità richieste dal cd. decreto Madia.”

Sostanzialmente se la partecipazione dell’Ente pubblico è minoritaria (ed in assenza di altri soci pubblici, che consentano il controllo della società), il servizio espletato non è da ritenere “servizio di interesse generale” poiché, a prescindere da ogni altra considerazione relativa alle finalità istituzionali dell’Ente, l’intervento pubblico, stante la partecipazione minoritaria, non può garantire l’accesso al servizio, così come affermato dal D.Lgs. 175/2016.

In definitiva, una partecipazione poco significativa non sarebbe in grado di determinare le condizioni di accesso al servizio, che potrebbero legittimare il mantenimento della quota.

Laddove questo tipo di governo non sia possibile, la partecipazione dell’Ente pubblico assume nei fatti le caratteristiche di un semplice sostegno finanziario ad un’attività di impresa, che si realizza tramite la sottoscrizione di parte del capitale, ma che non si accompagna alla possibilità di indirizzarla verso finalità di interesse pubblico.

Sulla base di questi spunti il TAR arriva a negare che una società possa essere considerata “strettamente necessaria” quando non vi siano elementi tali da dimostrare un effettivo controllo pubblico. Ne consegue l’applicazione degli obblighi di dismissione previsti nel Testo Unico sulle società pubbliche.

Ma cosa significa esattamente “controllo pubblico”?

Ai sensi dell’art. 2 del D.Lgs. 175/2016 è chiarito:

lett. m società a controllo pubblico”: le società in cui una o più amministrazioni pubbliche esercitano poteri di controllo ai sensi della lettera b); 

lett. b) “controllo”: la situazione descritta nell’articolo 2359 del codice civile. Il controllo può sussistere anche quando, in applicazione di norme di legge o statutarie o di patti parasociali, per le decisioni finanziarie e gestionali strategiche relative all’attività sociale è richiesto il consenso unanime di tutte le parti che condividono il controllo.

A tal riguardo l’art. 2359 – Società controllate e società collegate –  del codice civile dispone: Sono considerate società controllate: 1) le società in cui un’altra società dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria; 2) le società in cui un’altra società dispone di voti sufficienti per esercitare un’influenza dominante nell’assemblea ordinaria; 3) le società che sono sotto influenza dominante di un’altra società in virtù di particolari vincoli contrattuali con essa. Ai fini dell’applicazione dei numeri 1) e 2) del primo comma si computano anche i voti spettanti a società controllate, a società fiduciarie e a persona interposta: non si computano i voti spettanti per conto di terzi. Sono considerate collegate le società sulle quali un’altra società esercita un’influenza notevole. L’influenza si presume quando nell’assemblea ordinaria può essere esercitato almeno un quinto dei voti ovvero un decimo se la società ha azioni quotate. 

La sentenza “de qua” creerà sicuramente scompiglio tra gli enti locali che detengono partecipazioni “non di controllo” in altre società. Ricordiamo che il Comune di Verona nel “Prospetto riepilogativo sull’esito della ricognizione di cui all’art. 24 del D.Lgs. 175/2016” ha così deciso relativamente alle partecipazioni “non di controllo” ex art. 2359 c.c.:

  1. Aerogest Srl partecipazione (diretta) 9,89 %: dismissione (scioglimento con messa in liquidazione);
  2. Autostrada del Brennero SpA partecipazione (diretta) 5,51%: mantenimento senza interventi;
  3. A4 Holding SpA partecipazione (diretta) 4,65%: mantenimento senza interventi;
  4. Parco Eolico Monte Vitalba Srl partecipazione (indiretta I liv.) 15%: mantenimento senza interventi;
  5. Mantova Ambiente Srl partecipazione (indiretta III liv.) 11%: mantenimento senza interventi.

Alberto Speciale

 
 
Classe 1964. Ariete. Marito e padre. Lavoro come responsabile amministrativo e finanziario in una società privata di Verona. Sono persona curiosa ed amante della trasparenza. Caparbio e tenace. Lettore. Pensatore. Sognatore. Da poco anche narratore di fatti e costumi che accadono o che potrebbero accadere nella nostra città. Ex triatleta in attesa di un radioso ritorno allo sport.

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