Regione Veneto, Legge sulle Cave e PRAC: luci e ombre. I cavatori ringraziano

 
 

Il Consiglio Regionale del Veneto, dopo 36 anni ha finalmente dato attuazione alla Legge n. 44 del 1982, che prevedeva l’approvazione del Piano Regionale di Attività di Cava (PRAC)entro 150 giorni. Da allora sono passate 8 legislature e 12 Giunte. Un vuoto normativo di pianificazione che non è stato certo senza conseguenze, anzi, nel mentre sono state inferte ferite nella terra ben visibili.

Pertanto a pochi giorni di distanza dall’approvazione della nuova Legge sulle Cave, (Legge 16/03/2018 n. 13 – BUR 27/2018), il 20 marzo 2018, è stato approvato anche il PRAC Piano Regionale collegato alle Attività di Cava (Deliberazione Consiglio Regionale del 20/03/2018 n. 32 – BUR 31/2018). Il PRAC assolve allo scopo di integrazione ed armonizzazione con il testo normativo, e rappresenta uno strumento fondamentale di pianificazione regionale.

Come nelle migliori sceneggiature politiche anche questa volta la votazione ha spaccato in due il Consiglio Regionale tra favorevoli e contrari rappresentando le diverse sensibilità ambientali espresse dai territori di appartenenza.

L’Assessore all’Ambiente Bottacin esprime soddisfazione quando afferma che: “Posso ora certamente dire con soddisfazione che in questo senso abbiamo pienamente centrato l’obiettivo, a iniziare dalla riduzione del consumo del suolo. In tal senso mi piace ricordare come la gran parte del fabbisogno dei prossimi dieci anni, quantificato in 80 milioni di metri cubi, sarà il frutto di demolizioni, opere pubbliche e estrazioni già autorizzate, mentre solo una minima parte, consistente in un quantitativo massimo di 12,5 milioni di metri cubi sarà frutto di nuove estrazioni”. (…) “L’avevo detto in occasione dell’approvazione della legge nei giorni scorsi, e lo ribadisco (…) che l’aspetto più importante è quello del NO a nuove cave. Con questo piano abbiamo infatti certificato che ci saranno autorizzazioni solo per ampliamenti di cave esistenti e nemmeno per quelle esistenti, salvo le eccezioni di Verona e Vicenza, relativamente a sabbia e ghiaia. Abbiamo inoltre volutamente specificare che non si si potrà scavare sottofalda e nemmeno si potranno destinare siti di cava a discariche. Ogni autorizzazione inoltre potrà essere prorogata solo una volta”.

Di tutt’altro avviso il relatore di Minoranza, Andrea Zanoni,  (PD): “Dopo 36 anni, in Veneto, abbiamo finalmente una nuova legge sulle attività di Cava, quella di prima era veramente vetusta…. Bene i principi e le disposizioni generali di questa nuova Legge, in quanto ci sono molti contenuti interessanti: vengono previste limitazione al consumo del suolo e viene arginato il consumo delle risorse ambientali che sono beni esauribili. Per quanto riguarda, invece, l’articolato, non ci siamo proprio: sparisce il limite del 3% di territorio scavabile sul livello comunale, sparisce il vincolo del 3% di territorio come limite massimo scavabile per ogni comune, sparisce il potere di veto delle Province, con integrale assunzione della competenza in capo alla Regione, determinando così un accentramento regionale troppo forte. Inoltre, volevamo tenere elevato il tetto delle sanzioni e garantire una maggiore tutela delle risorse idriche e delle falde acquifere, ma i nostri emendamenti non sono stati accolti”.

Invero, al netto del famoso “meglio tardi che mai”, si rinvengono diverse le zone d’ombra nel novellato, nonostante le modifiche rispetto al testo arrivato la prima volta in Commissione. La parte più negativa riguarda probabilmente gli enti amministrativi subordinati, Province e Comuni, che perdono ogni potere. Le prime non avranno più potere di veto, i secondi che saranno inseriti all’interno di un ambito di cava, non avranno la facoltà di decidere dove mettere le cave o meno. Ai Comuni resta l’attività di controllo, con la sola collaborazione dell’ARPAV. Una scelta debole considerato il depotenziamento che ha interessato oltre che le Province anche l’agenzia tecnica regionale. Lo stesso dicasi per le sanzioni, che sono state ridotte. Gli scavi abusivi fino a 25mila metri cubi erano puniti più severamente con la legge precedente. Più precisamente, vengono diminuite di ben 6 volte le sanzioni per gli scavi abusivi fino 5.000 metri cubi e del 50% da 5.000 a 25mila. È un bel regalo ai cavatori che non rispettano la legge che certamente sapranno chi e come ringraziare alle prossime elezioni. Il fatto poi che la legge preveda che “le violazioni si compensano con l’obbligo della ricomposizione” non esprime certamente quella forza sanzionatoria disincentivante di comportamenti moralmente ed eticamente scorretti che le cronache hanno spesso raccontato.

Non sono stati accolti gli emendamenti sulla distanza di sicurezza da ampliare rispetto al posizionamento di: Ville venete, monumenti, siti archeologici, discariche e pozzi di approvvigionamento delle acque. Come pure il freno sull’ampliamento di cave esistenti a meno di 500 metri dai siti di Rete Natura 2000, le ultime poche aree protette della regione. Inoltre con questa legge saranno ancora consentite le cave sottofalda già esistenti che hanno portato in emersione la falda acquifera privandola della difesa naturale, il suolo, dall’inquinamento e dalla contaminazione.

Il Piano cave presenta criticità  per quanto riguarda la Valutazione Ambientale Atrategica (VAS), il Rapporto ambientale e la Valutazione di Incidenza Ambientale (VIncA). Il non assoggettare il Piano ad una nuova procedura VAS, nonostante la precedente fosse stata svolta in un contesto ambientale ormai datato potrebbe essere stato un errore di valutazione. Questo ha determinato una valutazione non sufficientemente approfondita su questioni ambientali diventate ormai emergenza, come ad esempio la contaminazione delle falde acquifere in alcune aree, con particolare riferimento alle sostanze perfluoralchiliche (PFAS e PFOA). Infatti è perlomeno anomalo e singolare che in tutte le pagine che compongono il PRAC, inclusi i 6 allegati, non si faccia mai una annotazione alla contaminazione delle sostanze perfluoralchiliche, verificatosi in corrispondenza dell’ambito estrattivo Vicenza 2. La mancata previsione assume ancora maggiore rilevanza se consideriamo che  gli stessi Comuni di Trissino e Arzignano hanno suggerito che, per il “principio di precauzione” le sabbie e ghiaie estratte andrebbero conferite in discarica.

Il Presidente del Consiglio regionale, Roberto Ciambetti, ha infine sottolineato come “la Legge dà un valore aggiunto a questa Legislatura”. La domanda vera da porsi è: dopo aver permesso ai cavatori di cavare, per 36 anni, quanto più possibile, pagando un risibile contributo di estrazione, siamo così sicuri che il “valore aggiunto” sia stato destinato ai cittadini?.

Alberto Speciale

 
 
Classe 1964. Ariete. Marito e padre. Lavoro come responsabile amministrativo e finanziario in una società privata di Verona. Sono persona curiosa ed amante della trasparenza. Caparbio e tenace. Lettore. Pensatore. Sognatore. Da poco anche narratore di fatti e costumi che accadono o che potrebbero accadere nella nostra città. Ex triatleta in attesa di un radioso ritorno allo sport.

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