Flessione nel mercato del settore lapideo

 
 

Dopo un avvio promettente nei primi due mesi dell’anno, registra un andamento poco entusiasmante il settore della lavorazione del prodotto lapideo: comparto di primo livello per Verona che, a settembre, ospiterà una nuova edizione di Marmomacc.

«Il rallentamento più significativo, pure sul fronte occupazionale, si è riscontrato nei mesi di maggio e giugno, segnala Mario Borin, responsabile dell’Ufficio sindacale di Apindustria Confimi Verona. «Per il comparto dell’agglomerato, che nel Veronese conta aziende leader a livello mondiale, e per le lavorazioni a base di cemento e resina il trend è moderatamente positivo, grazie anche agli investimenti compiuti». Sono però le cosiddette pietre naturali a soffrire per la pesante contrazione: «Se il marmo ha visto una diminuzione del 10%, il granito viaggia a livelli bassi, seppur stabili. Per entrambi i comparti i risultati del 2015/2016 sono lontani. Dati confermati dal terminale ferroviario di Domegliara con un calo medio dell’8% di transiti tra marmo e granito a fine giugno», rimarca.

«Tante aziende devono ringraziare la caparbietà dei loro titolari, che insistono nel portare avanti l’attività. La marginalità, legittima per chi lavora, è sempre minore: in qualche caso è ben sotto il 5% sul prezzo del prodotto immesso sul mercato. Una situazione del genere evidenzia da una parte l’impossibilità di recuperare gli alti costi di produzione (per esempio per energia e personale). Dall’altra parte, sono in particolare piccole aziende e terzisti a non riuscire proporsi sul mercato da soli senza aiuti strutturali», prosegue.

Le cause sono molteplici e non nuove: «La coda lunga della crisi nelle costruzioni. I mercati esteri monopolizzati da concorrenti che, paradossalmente, sfruttano l’elevata tecnologia di macchinari italiani per la lavorazione del marmo. Italiani contro italiani verrebbe da dire…». A ciò si aggiungono competitor stranieri agguerriti: riescono a fare concorrenza su prodotti lapidei italiani di assoluto livello (dal bianco di Carrara al marmo di Trani fino al grigio carnico) che si accaparrano acquistandoli direttamente dalle cave, lavorandoli e posizionandoli sul mercato italiano. «In questo – segnala – si avverte lo squilibrio del peso economico-politico tra cavatori e trasformatori del prodotto lapideo, con il primato di Verona nei lavorati».

Altre problematiche sono correlate al recupero di materia prima per nodi politici, per esempio l’embargo con l’Iran, che obbligano a strane triangolazioni dove a essere penalizzato è il sistema produttivo ed economico italiano; infine c’è la concorrenza qualitativa di altri prodotti, come le ceramiche, che tecnologicamente e con sistemi a rete territoriali e investimenti pubblicitari stanno occupando spazi una volta riferiti alla pietra viva.

«Le aziende più strutturate e grandi hanno capacità diverse, ma è l’intero comparto a dover essere aiutato. Da qui l’importanza di creare realmente un distretto del marmo scaligero: la nascita di “Verona Stone District” è dunque la scommessa vincente per guardare positivamente al futuro e dovrà essere la carta d’identità del settore lapideo».

A ciascuno però la sua parte: Ente Fiera nel portare operatori da tutto il mondo, garantendo tuttavia maggior attenzione al territorio veronese; istituzioni e mondo finanziario. Infine la politica: «Se non interviene in modo organico a rivedere i costi indiretti a carico delle imprese manifatturiere, il rischio di penalizzare il sistema Italia è elevato – conclude Borin –. Gli imprenditori vanno aiutati a fare squadra e Verona, espressione del made in Italy, è un sistema vincente. Ma dovrebbe esserlo ancora di più».

 
 

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