Sistema pensionistico, squilibrio di genere insostenibile

 
 

Nella provincia di Verona ci sono 238.573 pensionati, di cui 116.816 uomini (49%) e 121.757 donne (51%) e vengono erogate 329.826 prestazioni previdenziali per una media di 1,38 pensioni o assegni pro capite. E’ il dato “globale” che emerge dall’ultimo aggiornamento statistico dell’Inps che ci consente di tratteggiare un affresco della distribuzione delle pensioni nel veronese. L’aggiornamento allinea all’anno corrente una serie di tabelle e tiene conto non soltanto delle banche dati dell’Istituto, che come è noto eroga la maggioranza delle pensioni dei lavoratori pubblici che privati, ma anche di quelle degli altri enti previdenziali, fondi pensionistici e casse professionali che erano prestazioni integrative o sostitutive.

Questi dati “globali” ci raccontano che la classica pensione di vecchiaia (205.032 assegni nel veronese, pari al 62,2% del totale, per un importo medio globale di 1.431,4 euro mensili) è solo un tassello del complesso sistema previdenziale italiano. Consistente è anche il numero delle pensioni di tipo superstite, pagate agli “eredi” dell’assicurato a determinate condizioni: nel veronese sono ben 64.913, pari al 19,68% del totale per un importo medio di 740,38 euro mensili. L’86% di queste pensioni (55.874 in numero assoluto) vengono pagate a donne, che in questo modo hanno la possibilità di integrare il divario prima salariale e poi pensionistico rispetto alle prestazioni maschili.

C’è poi l’articolato settore dell’invalidità/inabilità, che può dar luogo ad una pensione di invalidità pagata dall’Inps (9.209 nel veronese, pari al 2,79% del totale e un importo medio di 1.079,55); ad una rendita indennitaria, tipicamente pagata dall’Inal (8.766 pari al 2,66% del totale, per un importo medio di 514,13 euro mensili), oppure ancora ad una pensione o un assegno di invalidità civile.

Le pensioni e gli assegni di invalidità civile, slegati dalla carriera lavorativa, di cui solitamente beneficiano non udenti, non vedenti e invalidi di guerra, assieme agli aiuti erogati alle persone in grave stato di disagio economico, costituiscono la parte assistenziale del sistema, alla quale sono riferibili 41.906 prestazioni, il 12,71% del totale per un importo uguale per tutti di circa 490 euro.

Nel complesso le pensioni di vecchiaia assorbono il 78,3% del monte pensioni pagato a Verona, che ammonta a 4,871 miliardi di euro. E’ interessante notare che le sole pensioni di vecchiaia maschili sommano complessivamente 2,557 miliardi di euro, pari al 52% del totale. Alla parte assistenziale, di cui si fanno carico i fondi pensionistici dei lavoratori e lavoratrici privati, vanno poco più delle briciole delle spesa pensionistica (248 milioni di euro, il 5% del totale). Ecco spiegati gli importi bassi e uguali per tutti degli assegni assistenziali attorno ai 500 euro mensili.

Il 73,83% dei pensionati veronesi maschi si sostenta con un’unica pensione, quella di vecchiaia, dell’importo lordo medio di circa 2.022 euro mensili. Le pensionate donne in tale situazione di sostanziale autonomia sono meno della metà: il 45,97% del totale con un importo medio (sempre lordo) dell’assegno molto più basso: 1.234 euro mensili. Un altro 13,13% delle pensionate ha come unica entrata una pensione di tipo superstite (tipicamente la prestazione del marito deceduto), che a questo livello presenta un importo medio di 951,66 euro. Un altro 20% di donne riesce a cumulare una pensione di vecchiaia ad una di tipo superstite.

In breve: il fenomeno del cumulo delle pensioni non è certo occasione di “arricchimento” per i pensionati veronesi ma una “scappatoia” del sistema che penalizza soprattutto le donne e i giovani, a fronte di assegni mediamente molto bassi: anche a livello globale, infatti, le pensioni di importo inferiore ai mille euro netti mensili sono la grande maggioranza: il 63%.

Tale condizione risulta ancora più evidente se prendiamo in considerazione soltanto il sottoinsieme delle pensioni dei lavoratori privati (dipendenti e autonomi): 263.602 pensioni di importo medio di appena 1086,85 euro, risultante dalla combinazione tra 118.562 pensioni maschili di importo medio di 1.453,99 euro, e le 145.040 pensioni femminili di importo medio di appena 786,73 euro, la metà. Un fenomeno noto e purtroppo irrisolto che dipende dai buchi contributivi accumulati dalle donne durante le proprie carriere lavorative, dovuti quasi sempre a ragioni di cura dei figli o degli anziani.

Il divario di genere si attenua ma non si elide nel settore pubblico, che nella provincia scaligera conta 40.899 pensioni vigenti per un importo medio di 2.000,90 euro ciascuna. Le pensioni pubbliche pagate agli uomini sono 15.713 per un importo medio di 2.512,79 euro, mentre quelle pagate a donne sono 25.186 per un importo medio di 1.681,54 euro, vale a dire che nel pubblico le pensioni femminili sono, in media, un terzo più basse di quelle maschili.

Commento del Segretario Spi Cgil Verona Adriano Filice. “In questa situazione delle pensioni, già estremamente difficile di per se, si abbatte la scure della manovra del governo che fa cassa ovunque possibile: ritocca al ribasso e retroattivamente gli indici di rivalutazione dei contributi pensionistici per i dipendenti pubblici; allunga il tempo di permanenza al lavoro, fino a 71 anni per i giovani; svuota di contenuti e convenienze due istituti sociali quale Ape social e Opzione Donna; limita per il secondo anno di fila il pieno adeguamento all’inflazione degli assegni pensionistici; de-finanzia la sanità pubblica; taglia il fondo per la disabilità; rinvia di un altro anno il finanziamento delle legge sulla non autosufficienza. Difronte alle enormi difficoltà, umane ed economiche, delle famiglie che devono accudire i propri cari non autosufficienti, solo quest’ultimo punto meriterebbe lo sciopero generale che la CGIL con la UIL ha proclamato” è il commento del Segretario Spi Cgil Verona Adriano Filice.

“Questa è un manovra contro i più deboli e i più esposti, in primis donne, giovani, pensionati, persone in difficoltà, sui quali vengono fatte ricadere, come fossero colpe individuali, le carenze del welfare nazionale, che inchioda le donne al lavoro di cura non retribuito; la precarietà del lavoro, che tronca la stabilità lavorativa dei giovani; la crisi economica e l’inflazione che, erodendo salari e pensioni, mette in difficoltà tantissime famiglie” aggiunge Filice.

“Se mettiamo questo tipo di approccio accanto al progetto di riforma istituzionale del presidenzialismo, buttato in campo ora anche per distrarre l’attenzione dalla manovra finanziaria, abbiamo chiaro il disegno di un modello di società dove vincono le diseguaglianze. Con buona pace anche delle autonomie locali e del presidente Zaia, a cui arriveranno meno soldi da Roma. Si tratta di un progetto che calpesta i valori della Costituzione a cui si aggiunge il vergognoso progetto di realizzare indecenti campi di reclusione per migranti in Albania. Contro tutto questo è giusto e doveroso sollevare le coscienze; è giusto scioperare per dire che questo non è un governo che ci rappresenta” conclude Filice.

 
 

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