Sindacato infermieri “Nursing Up”: chiesto incontro con il Prefetto. Molteplici criticità segnalate all’Aulss 9 Scaligera

 
 

Il Sindacato Infermieri “Nursing Up”, con una nota del 9 novembre inviata al Prefetto Donato Cafagna, chiede la convocazione urgente, presso la Prefettura di Verona, di un tavolo di confronto e aggiornamento sullo stato del Sistema Sanitario Provinciale.


E’ un vero grido di allarme quello dichiarato da parte di Guerrino Silvestrini, Dirigente regionale Nursing Up Veneto, il quale motiva la richiesta di incontrare il Prefetto a causa della «grave situazione di emergenza sanitaria dovuta all’accentuarsi quotidiano della pandemia da Covid-19 ed al conseguente crescente disagio del Personale Infermieristico, nonché di tutti gli Operatori Sanitari impegnati nell’opera di cura/tutela della salute della cittadinanza, considerati anche gli insufficienti aggiornamenti sul tema, sia da parte dell’Azienda Ospedaliera Universitaria che dell’Azienda ULSS 9 Scaligera».

La convocazione urgente di un tavolo di confronto e aggiornamento sullo stato del Sistema Sanitario Provinciale è conseguente alle reiterate segnalazioni inviate da “Nursing Up” all’Aulss9 Scaligera a seguito delle criticità rilevate dal Sindacato degli Infermieri in termini di contenimento dell’esposizione al Covid-19.

Come ad esempio quella relativa ad un elevato rischio di esposizione per il personale delle Unità Operative trasversale a tutti i Presidi Ospedalieri dell’Aulss 9 Scaligera causata dalle visite dei famigliari. Quest’ultimi infatti accedono alle U.O. senza aver preventivamente effettuato tampone per Covid-19, con modalità disomogenee di raccolta dei test tampone tra le Unità Operative comportando «un importante rischio di contagio sia per i degenti che per il personale addetto all’assistenza».

L’Organizzazione Sindacale riscontra anche alcune criticità all’interno della Terapia Intensiva del P.O. di San Bonifacio. Nello specifico, la nota sindacale dell’8 novembre nel segnalare la prossima apertura della seconda Terapia Intensiva Covid free nell’area UTIC (2° piano Cardiologia) ricorda alla dirigenza dell’Aulss9 che la letteratura e le linee guida internazionali raccomandano di applicare, per garantire un ottimale grado di copertura assistenziale ed adeguati livelli di sicurezza, un rapporto infermiere/paziente di 1:2 con personale esperto. Mentre il rapporto 1:2, nel caso di infermieri inesperti, produce un aumento del carico di lavoro per l’infermiere “senior”, gravando sul carico assistenziale e sulla presa in carico del paziente. Il documento ribadisce «come non sia stato implementato sufficientemente il personale per il periodo Covid nelle Rianimazioni, con conseguenti richiami in servizio e blocco completo della fruizione delle ferie». Il comunicato prosegue denunciando che «il Personale Infermieristico afferente all’area Cardiologia/UTIC non è stato preventivamente formato per operare in Terapia Intensiva».

Infine il Coordinatore regionale Silvestrini nel comunicato, sempre dell’8 novembre, a contestazione dei cluster di contagi avvenuti nella U.O. di Pronto Soccorso del P.O. di Legnago, afferma di essere venuto a conoscenza di una serie di problematiche rilevate all’interno dello stesso Pronto Soccorso che riflette una situazione trasversale in tutti i Pronto Soccorso dell’AULSS 9 Scaligera in quanto: «alla struttura del Dipartimento di Emergenza ed Urgenza, da marzo (inizio Covid-19) ad oggi non è stata apportata alcuna modifica strutturale (le tensostrutture esterne sono rimaste le stesse). Risulta impossibile il mantenimento di percorsi puliti e sporchi a causa dell’aumento del numero di pazienti positivi a Covid che stazionano in P.S. in attesa di un eventuale ricovero. Il Pronto Soccorso è arrivato ad avere 13 pazienti positivi al suo interno che stazionavano da 3 a 4 giorni mentre l’accesso per i pazienti che giungono dal territorio con l’ambulanza è lo stesso sia per i pazienti positivi a Covid che per quelli negativi rendendo le aree filtro, di conseguenza, sono difficilmente rispettabili».

Fatto ancor più grave, si legge, è che «l’intera area Covid è a gestione del personale di P.S. che si alterna tra reparto Covid e area mista P.S. Tutte queste criticità hanno esposto al contagio i lavoratori, ed espongono ad un grande rischio tutti i pazienti che afferiscono al P.S. per motivi non legati al Covid-19.».

L’emergenza Covid-19 rappresenta una situazione sanitaria di portata straordinaria e l’Italia ha bisogno di rinforzi. Anni di mancati investimenti e di tagli di spesa sul sistema sanitario nazionale hanno portato a una grave carenza di personale medico che è diventata evidente durante la prima ondata dell’epidemia da coronavirus e che, nonostante molti proclami e annunci, non è stata risolta in vista della seconda. Infatti come ben rilevato dalla Corte dei conti, nel Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica, «(…) l’emergenza sanitaria ha messo in evidenza oltre ai punti di forza, gli aspetti problematici del Servizio sanitario nazionale, attribuibili soprattutto alle scelte operate negli ultimi anni. Per quanto riguarda il personale, le maggiori criticità segnalate dalla Corte sono: il permanere per un lungo periodo di vincoli alla dinamica della spesa per personale e le carenze, specie in alcuni ambiti, di personale specialistico. Come messo in rilievo, a seguito del blocco del turn-over nelle Regioni in piano di rientro e delle misure di contenimento delle assunzioni adottate anche in altre Regioni (con il vincolo alla spesa), negli ultimi dieci anni il personale a tempo indeterminato del SSN è fortemente diminuito. Al 31 dicembre 2018 era inferiore a quello del 2012 per circa 25.000 lavoratori. Per fronteggiare l’emergenza, sono state utilizzate procedure straordinarie di reclutamento del personale per il potenziamento, in particolare, delle reti di assistenza territoriale e dei reparti ospedalieri di virologia e pneumologia, in deroga alla disciplina vigente. Ciò ha permesso al Servizio sanitario di contrastare la crisi epidemiologica in atto nelle regioni più colpite fino al termine dello stato di emergenza (31 luglio, successivamente prorogato al 15 ottobre 2020 e poi al 31 gennaio 2021) prevedendo al contempo azioni a lungo termine, quali il reclutamento di medici ed infermieri, anche militari. (…) ».

A mancare sono tante figure professionali, dagli anestesisti ai medici di famiglia: ma tra quelle di cui si è sentita più l’assenza negli scorsi mesi ci sono gli infermieri, una delle categorie contemporaneamente più sottodimensionate in Italia e più importanti nella gestione di un’epidemia, negli ospedali come nelle RSA e nelle case di riposo.

Le soluzioni di emergenza adottate nelle settimane del lockdown per fronteggiare il problema non sono state seguite da interventi più strutturali: non quelli sul medio e lungo periodo, che sarebbero importanti e tardivi, ma nemmeno quelli sul breve e brevissimo, che sarebbero stati necessari per prepararsi alla seconda ondata.

Le stime sugli infermieri che mancano al sistema sanitario nazionale variano a seconda delle federazioni o dei sindacati che le calcolano, ma in linea di massima se ne stimavano 50mila in meno rispetto al reale fabbisogno prima dell’epidemia, anche se adesso il numero è più alto.

Gli infermieri ogni mille abitanti sono 5,6, cioè poco di più di quelli della Spagna, ma meno dei 6,5 del Regno Unito e soprattutto dei 10,5 della Francia e dei 12,8 della Germania. A essere molto più basso degli altri principali paesi europei è il rapporto tra infermieri e medici: 1,41 in Italia, 1,44 in Spagna, 2,82 nel Regno Unito, 3,07 in Germania.

Secondo Antonio De Palma, Presidente del sindacato “Nursing Up”, «La situazione è che ci ritroviamo ad affrontare la seconda ondata, che era prevista, ancora una volta con le armi spuntate. Si era detto che avrebbero dovuto assumere il personale, sono state fatte le norme per le nuove assunzioni, ma in Italia in cui esistono 20 sistemi sanitari e 20 repubbliche ogni regione si muove in ordine sparso. Il risultato è che in diverse regioni, dalla Lombardia alla Campania, gli infermieri non ci sono e quindi siamo costretti a chiudere reparti ordinari per trasferirli nei reparti Covid».

La carenza di infermieri negli ospedali è ancora seria ed è aggravata oggi dal fatto che, mentre i reparti Covid stanno tornando ad affollarsi, gli ospedali devono continuare a garantire le cure agli altri malati. Alcune prestazioni ordinarie che a marzo, aprile e maggio erano state rimandate, sono diventate ora urgenti, per l’aggravarsi dei pazienti.

Alberto Speciale

 
 
Classe 1964. Ariete. Marito e padre. Lavoro come responsabile amministrativo e finanziario in una società privata di Verona. Sono persona curiosa ed amante della trasparenza. Caparbio e tenace. Lettore. Pensatore. Sognatore. Da poco anche narratore di fatti e costumi che accadono o che potrebbero accadere nella nostra città. Ex triatleta in attesa di un radioso ritorno allo sport.

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