Aumento rette refezione scolastica, PD: “Stangata”. Bertacco: “Passaggio inevitabile”

 
 

“Estate durissima per i cittadini veronesi: dopo l’aumento indiscriminati degli affitti delle case popolari, decisi dalla Regione; dopo il caos organizzativo in cui è precipitato l’Istituto Assistenza anziani, cade una tegola- questa volta per opera del Comune – anche sulla testa delle famiglie che hanno bambini alle scuole elementari o alle medie, che si vedranno aumentare la retta della refezione scolastica del 20% secco in più per tutte le fasce di reddito.

Da quest’anno, infatti, per far mangiare a mensa il bambino iscritto ad un classe di tempo pieno occorreranno dai 684 agli 840 euro a seconda della fascia di reddito contro i 570-700 euro dell’anno precedente. Analogamente, il costo unitario di un pasto passa dai 3,80-4,70 euro a seconda delle fasce di reddito ai 4,60-5,70 euro attuali”.

A riferirlo i consiglieri comunali del Partito Democratico Elisa La Paglia, Federico Benini e Stefano Vallani che poi spiegano come si è arrivati a tale aumento.

“Il provvedimento di giunta è stato approvato in sordina lo scorso 12 luglio e reso pubblico in questi giorni soltanto per i canali ufficiali. L’amministrazione si è ben guardata dal renderlo noto alle famiglie, che riceveranno l’amara sorpresa direttamente dalle scuole.

E’ un attacco alle famiglie, per i costi che subiranno e per i modi con cui sono venuti a scoprirlo. Una gestione mense su cui Agec non riesce a trovare equilibrio tra costi e qualità del servizio e a subirne le conseguenze sono le casse comunali e da quest’anno anche le famiglie. Proprio ora che non c’è nemmeno la via di fuga del cibo portato da casa. Una stangata quindi”.

Ma dall’amministrazione, non tarda la risposta di Stefano Bertacco, assessore all’Istruzione, che spiega le ragioni dell’aumento della refezione scolastica:

l’adeguamento è imposto, a livello statale, dal decreto legislativo 63 del 2017. Con questa norma si stabilisce che i Comuni non possono più intervenire per calmierare gli incrementi legati ai costi ma devono trasferire agli utenti le eventuali maggiorazioni, tra cui l’aumento dei prezzi degli alimenti o del costo del lavoro. Senza contare che negli anni scorsi non sono mai stati nemmeno applicati gli aumenti Istat, nonostante ci fosse una specifica delibera di giunta che lo imponesse.

Il ritocco dei prezzi è stato, quindi, un passaggio inevitabile, che abbiamo fatto con la massima attenzione verso le famiglie. Gli incrementi infatti sono stati contenuti al massimo e si tratta di una differenza che è inferiore al costo di un caffè al giorno. Le nuove tariffe a pasto aumentano di 40 centesimi, per le fasce di reddito più basse, fino ad un euro a pasto per chi ha una dichiarazione ISEE superiore ai 50 mila euro o per i non residenti.

Si tenga conto, poi, che le tariffe erano bloccate dal 2006 e che abbiamo scelto, come amministrazione, di produrre i pasti internamente alle scuole. Una scelta che privilegia la qualità perché ci si ricorderà bene che l’esperimento di esternalizzare le mense non aveva dato buoni risultati, né dal punto di vista della qualità del cibo servito, né di quella del servizio offerto. Realizzando i pasti internamente, invece, si garantisce qualità e prezzi controllati. Questa la differenza tra un’amministrazione trasparente e le altre”.

 
 

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