Vendetta o Giustizia? Al Teatro Nuovo il nuovo spettacolo Clitemnestra

 
 

Clitemnestra, uno dei personaggi più “gettonati” della mitologia greca presente nell’“Orestea” di Eschilo, nell’“Odissea”, nell’“Elettra” di Sofocle, in quella di Euripide e nell’“Ifigenia in Aulide” sempre di Euripide, si è arricchita della versione teatrale che Luciano Violanteha scritto nel 2021 per il Teatro Stabile d’Abruzzo e da due anni è rappresentata con successo nei teatri di tutta Italia. Ora anche a Verona. “Clitemnestra” di Luciano Violante è in programma martedì 12 settembre alle21.00 al Teatro Nuovo con ingresso libero fino a esaurimento dei posti a conclusione di una giornata (organizzata dal Teatro Stabile di Verona con il patrocinio e con il contributo del Comune di Verona) dedicata a “mito classico, teatro e giustizia” Ne parleranno, nel pomeriggio, alle 18.00 nel Piccolo Teatro di Giulietta del Nuovo, sempre a ingresso libero, Luciano ViolanteBarbara Bissoli (Comune di Verona), Davide Rossi (Teatro Stabile di Verona), Manuela Trevisani (quotidiano “L’Arena”) e Stefano Troiano (Università degli Studi di Verona).

Luciano Violante, magistrato e docente universitario, è stato deputato alla Camera per quasi un trentennio, divenendone presidente dal 1996 al 2001. Una vita, la sua, dedicata all’impegno politico e civile che, attraverso la sua profonda conoscenza del mito classico, gli hanno ispirato questa “Clitemnestra” contemporanea che ha per protagonista Viola Graziosi con la regia di Giuseppe Dipasquale.

«Ho dimestichezza con l’odore della morte e del sangue dolcemarcio come di fiori d’arancio annegati in una palude»: esordisce così la Clitemnestra di Violante, una regina di Micene e assassina del marito Agamennone vestita con abiti di oggi. Questa sovrana dei giorni nostri è assassina per vendetta o lo è per giustizia? Questa la questione posta da Violante nel disegnare la sua Clitemnestra che viaggia dal mito alla contemporaneità sorretta da un fraseggio tragico che scolpisce le parole sulla declinazione di una storia di un esilio perpetuo post mortem. Il suo è un canto di dolore di una madre che ha subito l’ingiusto sacrificio di Ifigenia per mano dell’ambizioso padre, un canto della purificazione perché condannata a vagare nell’eterno nulla al fine di emendare un omicidio non accettabile nell’alveo del moderno patriarcato occidentale.

«Io – dice Clitemnestra – ho già visto quello che vedrò. Ho già vissuto quello che vivrò. Questa è la mia pena». Parole di una donna che attende il momento del riscatto (o forse della vendetta) con pazienza e fermezza, e per un tempo così lungo da essere inconcepibile per il pensiero maschile.

 
 

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