No al drug test per studenti

 
 

LETTERE ALLA REDAZIONE

A fine gennaio i quotidiani veronesi annunciavano l’imminente applicazione di un protocollo presentato ufficialmente davanti alla commissione sicurezza del Comune di Verona. Il protocollo è frutto di un tavolo di lavoro che coinvolgono Comune, Ufficio Scolastico Territoriale e ULSS 9 Scaligera e prevede tre ambiti di intervento: test antidroga a scuola come strumento per combattere le tossicodipendenze (test sulle urine a studenti minorenni che, volontariamente e con il consenso dei genitori, si prestano all’esame per l’individuazione delle sostanze); ampliamento sistematico di ispezioni all’interno delle scuole da parte della polizia locale e cani antidroga (controlli già attivi da un anno con “Scuole Sicure”, effettuati in diversi istituti e sugli autobus); un radicale cambiamento dell’attuale funzione e modalità di lavoro dei Centri di Informazione e Consulenza, attraverso il “MODELLO PREVENTIVO PROATTIVO” (definito di concerto tra UAT, Coordinamento dei Dirigenti Scolastici, Punto di Ascolto e Dipartimento delle Dipendenze AULSS9 Scaligera, il 20.11.2019). Già nel 2018 Elena Donazzan, (assessore all’istruzione e formazione della Regione Veneto) aveva proposto l’avvio di test antidroga per tutti gli studenti della regione. Sebbene sia la Donazzan che Serpelloni parlino di prevenzione attraverso l’informazione e di un “cambio di rotta soprattutto sul fronte educativo”, il protocollo rientra pienamente nell’azione repressiva già avviata che individua gli studenti come sospetti e colpevoli e indica la scuola come un luogo dove identificarli e stigmatizzarli.

Come docenti delle scuole di diverso ordine e grado esprimiamo la nostra contrarietà all’avvio di protocolli di questo tipo e riteniamo in particolare che:

– la scuola deve essere e rimanere un luogo di crescita, accoglienza, ascolto e dialogo verso tutti gli studenti senza alcuna distinzione e non un luogo dove mettere in atto azioni repressive e di controllo;

– pensare che si possa prevenire l’uso di sostanze attraverso la paura sia sbagliato oltre che controproducente: il tema rischia di diventare un tabù e di accrescere unicamente il senso di colpa, con conseguente aumento del disagio da parte dello studente;

– il problema delle dipendenze, così come altri temi che coinvolgono i giovani, come le relazioni di amicizia e di amore, i rapporti tra pari o con gli adulti, dovrebbero essere affrontati in un’ottica di informazione per un accrescimento della consapevolezza e della costruzione di sé; in tal senso gli insegnanti e la scuola si sono negli anni presi carico di molte problematiche sociali e delle necessità dei giovani offrendo interventi di tipo educativo e formativo;

– i controlli attraverso la polizia locale o i test antidroga del servizio sanitario, non fanno altro che allontanare i ragazzi dal mondo dell’istruzione e dalla figura dell’insegnante e vanno quindi in senso contrario alle azioni messe in atto per combattere la dispersione scolastica;

– la scuola deve essere autonoma nelle scelte educative e formative;Per questi motivi

– rifiutiamo il coinvolgimento dei docenti (previsto nel “modello preventivo proattivo”) nei controlli perché, tra l’altro, ciò causerebbe la perdita di quel rapporto di fiducia e rispetto che si instaura tra insegnanti e studenti, base per costruire dialogo e ascolto e perchè non ci vogliamo prestare alla strumentalizzazione politica dei problemi sociali;

– rifiutiamo che i Centri di Informazione e Consulenza diventino strumenti sotto il controllo del

Dipartimento delle Dipendenze, con evidente ingerenza da parte dell’ULSS nelle scelte educative e di informazione delle scuole; nel modello proposto si prevede di utilizzare i C.I.C. per indirizzare e coordinare le attività degli psicologi a livello provinciale, indirizzando gli interventi esclusivamente sul tema delle tossicodipendenze;

– rifiutiamo l’idea di schedare i nostri studenti in base ai loro comportamenti e alle loro tensioni; nel modello si legge infatti: “un nuovo modello di intervento preventivo “proattivo” nelle scuole che aumenti la capacità degli operatori (in collaborazione con gli insegnanti) di identificare e contattare precocemente le persone vulnerabili all’uso di sostanze stupefacenti e all’abuso alcolico o che già ne facciano uso (soprattutto se minorenni) […] identificare ed entrare in contatto con studenti, con particolare attenzione ai minorenni, che possano essere in qualche modo coinvolti nell’uso di sostanze e che non abbiano ancora esplicitato questo problema, risultando così difficilmente motivati al cambiamento e a recarsi spontaneamente ai C.I.C”;

– Per le scuole di grado inferiore, non potendo intervenire contro l’uso di sostanze vista la giovane età dell’utenza, ciò che viene analizzato e messo ancor più sotto controllo è il comportamento, con il probabile coinvolgimento futuro della neuropsichiatria infantile (istituzione che già si occupa delle problematiche comportamentali degli alunni). Si legge infatti: “Per le scuole primarie e secondarie di I grado è necessaria la possibile predisposizione di progetti sperimentali e specifici per l’intercettazione delle condizioni di vulnerabilità comportamentale”.

Riteniamo che decisioni così importanti che coinvolgono il mondo scolastico debbano necessariamente passare dagli organi collegiali delle scuole; invitiamo tutti i docenti, ma anche genitori e personale ata a vigilare perché ciò sia rispettato e a bocciare l’approvazione di questo tipo di proposte.

Il delicato e fragile mondo degli adolescenti, con tutte le sue problematiche e esigenze, non può essere affrontato con strumenti invasivi che ne ledono la dignità e intimità; ciò rischia di ottenere l’effetto esattamente contrario a quello sperato e di acutizzare l’eventuale disagio anche in famiglia.

Coordinamento Scuola Verona

 
 

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