Al ‘Mater Salutis’ di Legnago le opere “fra enigma e passione” della pittrice Amavì

 
 

Nell’ambito delle iniziative di “Ottobre in Rosa”, il mese dedicato alla prevenzione del tumore al seno, è stata presentata la mostra della pittrice Mara Vignato Amavì, allestita presso l’UOC di Radioterapia e Medicina Nucleare dell’Ospedale Mater Salutis di Legnago.

Una delle opere della pittrice Amavì esposte al ‘Mater Salutis’ di Legnago.

Attraverso la sua pittura, l’artista vicentina, che vanta esposizioni in prestigiose gallerie d’arte e mostre internazionali, indaga ed esplora l’universo femminile con volti e figure dallo sguardo enigmatico che invitano a un dialogo appena sussurrato.
Le superfici materiche vibranti e talvolta aspre per abrasioni e sovrapposizioni di strati distruttivi, i colori delle terre, i bruni, le ocre, i bianchi calcinati e i rossi violenti e dissacranti garantiscono della sincerità pura dell’artista e la voglia di contatti senza fronzoli inutili.
Uno stile pittorico che non lascia indifferenti e che ravvisa la consapevolezza della complessità della comunicazione oggi tra l’artista e lo spettatore, combattuta tra desideri di razionalità e voglia di appagamento di sentimenti vissuti.

La mostra è stata presentata dall’artista, alla presenza del Direttore Sanitario dell’ULSS 9, Dr.ssa Denise Signorelli, del Direttore medico del Mater Salutis, Dr. Marco Luciano, e del Direttore della Radiologia di Legnago, Dr. Francesco Fiorica.

Dopo aver lavorato nel disegno grafico, nell’ambito della moda e del design, Mara Vignato Amavì ha trattato la vendita di opere antiche riscoprendo la passione per l’arte e gli studi accademici, approfondendo lo studio del segno e dell’incisione.

A sx. la pittrice Amavì e a destra il direttore del reparto di Radiologia di Legnago, dott. Francesco Fiorica.

Nelle sue opere utilizza vari materiali, acrilici, olio, resine, graffite, gessetto. Raffigura grandi lettere maiuscole che si nascondono in portali gotici o archi e spesso inserisce anfore “essenziali”, come elementi dalle forme morbide e conosciute a narrare memorie della cultura passata.
Raffigura volti giganti, sovrapposizioni a borghi “materici” a rilievo. “Prove d’esilio” in cui l’umano si estranea e guarda da una diversa prospettiva il vivere, guardando al passato, ma anche al futuro ignaro e consapevole, alla ricerca, forse, di un nuovo vivere.

 
 

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