ISPRA, Rapporto “Consumo di suolo 2019”: per ogni nato 135 mq di cemento nella culla

 
 

ISPRA ha presentato il 22 luglio i nuovi dati sul Consumo di suolo in Italia e l’edizione 2020 del Rapporto del Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente. L’aumento del consumo di suolo non va di pari passo con la crescita demografica e in Italia cresce più il cemento che la popolazione: nel 2019 nascono 420 mila bambini e il suolo avanza di altri 57 milioni di metri quadrati al ritmo, confermato, di 2 metri quadrati al secondo. È come se ogni nuovo nato italiano portasse nella culla ben 135 mq di cemento.

Il consumo di suolo in Italia continua a trasformare il territorio nazionale con velocità elevate. Nell’ultimo anno, le nuove coperture artificiali hanno riguardato altri 57,5 km2 , ovvero, in media, circa 16 ettari al giorno. Un incremento che, purtroppo, non mostra segnali di rallentamento e che fa perdere al nostro Paese quasi due metri quadrati di suolo ogni secondo. La velocità del consumo di suolo è ancora molto lontana dagli obiettivi europei, che prevedono l’azzeramento del consumo di suolo netto, ovvero il bilancio tra il consumo di suolo e l’aumento di superfici naturali attraverso interventi di demolizione, deimpermeabilizzazione e rinaturalizzazione. L’impermeabilizzazione è quindi cresciuta, complessivamente, di 22,1 km2, considerando anche il nuovo consumo di suolo permanente.

Ogni abitante del nostro Paese oggi ha in “carico” 355 m2 di superfici occupate da cemento, asfalto o altri materiali artificiali, un valore che cresce di quasi 2 m2 l’anno, con la popolazione che, invece, diminuisce sempre di più. Considerando il calo delle nascite, è come se avessimo costruito 135 m2 per ogni nato nel 2019. I dati confermano che il rallentamento del consumo di suolo è, di fatto, terminato e che si continua a incrementare il livello di artificializzazione e di conseguente impermeabilizzazione del territorio, causando la perdita, spesso irreversibile, di aree naturali e agricole. Tali superfici sono state sostituite da nuovi edifici, infrastrutture, insediamenti commerciali, logistici, produttivi e di servizio e da altre aree a copertura artificiale all’interno e all’esterno delle aree urbane esistenti.

I cambiamenti rilevati nell’ultimo anno si concentrano in alcune aree del Paese, rimanendo particolarmente elevati in Veneto (anche se con una tendenza al rallentamento), in Lombardia e nelle pianure del Nord. Gli incrementi maggiori, indicati dal consumo di suolo netto in ettari dell’ultimo anno, sono avvenuti nelle regioni Veneto (con 785 ettari in più), Lombardia (+642 ettari), Puglia (+625), Sicilia (+611) ed Emilia-Romagna (+404). La Valle d’Aosta è la prima regione a consumo “quasi zero” (solo 3 ettari in più). Umbria, Liguria, Molise, Basilicata e Trentino-Alto Adige sono le altre regioni che, quest’anno, hanno avuto incrementi inferiori ai 100 ettari. In termini di incremento percentuale rispetto alla superficie artificiale dell’anno precedente, i valori più elevati sono in Puglia (+0,40%), Abruzzo (+0,39%), Sicilia (+0,37%) e Veneto (+0,36%).

Tra le regioni, la densità del consumo di suolo è più alta in Veneto (4,28 m2 /ha), Puglia (3,23 m2 /ha), Lombardia (2,69 m2 /ha) e Sicilia (2,38 m2 /ha). In termini di suolo consumato pro capite, i valori regionali più alti risentono della bassa densità abitativa tipica di alcune regioni. Il Molise presenta il valore più alto (563 m2 /ab) oltre 200 m2 in più rispetto al valore nazionale (355 m2 /ab), seguita da Basilicata (560 m2 /ab) e Valle d’Aosta (557 m2 /ab). Sicilia, Lombardia, Liguria, Campania e Lazio presentano i valori più bassi e al di sotto del valore nazionale. Limitandosi alla crescita annuale, Basilicata, Veneto, Abruzzo e Puglia sono le quattro regioni che presentano valori vicini al doppio del dato nazionale sul consumo di suolo pro capite (0,86 m2 /ab).

La provincia dove il consumo di suolo netto è cresciuto di più nel 2019 è Verona con 252 ettari di nuovo suolo artificiale, seguita da Brescia (+184) Roma (+183) e Treviso (+182). In percentuale rispetto al valore del 2018, i valori più elevati sono quelli di Cagliari (+0,98%), Messina (+0,64%), Verona (+0,62%), Teramo (0,57%) e Foggia (+0,56%). La provincia di Roma si conferma come provincia con la maggiore superficie consumata al 2019 con quasi 70.000 ettari seguita da Torino (circa 58.570 ettari), da Milano che quasi raggiunge la soglia dei 50.000 ettari. Più di un quinto (il 22%, oltre 4.600 km2 ) del suolo artificiale in Italia nel 2019, è concentrato nel territorio amministrato dalle 14 città metropolitane.

    Il consumo di suolo è più intenso nelle aree già molto compromesse. Nelle città a più alta urbanizzazione, solo nell’ultimo anno, si sono persi 29 metri quadrati per ogni ettaro di aree a verde (erano 24 lo scorso anno). In totale, quasi la metà del suolo perso in 12 mesi si trova nelle città, il 12,5% in aree centrali e semicentrali, il 32% nelle fasce periferiche e meno dense. Tale incremento contribuisce a far diventare sempre più calde le nostre città, con il fenomeno delle isole di calore e la differenza di temperatura estiva tra aree a copertura artificiale densa o diffusa che, rispetto a quelle rurali raggiunge spesso valori superiori a 2°C nelle città più grandi (Verona è tra queste).

  Ma il consumo di suolo è avvenuto anche in: aree protette (+61,5 ettari nell’ultimo anno, ma in netto calo rispetto allo scorso anno), aree vincolate per la tutela paesaggistica (+1.086 ettari), aree a pericolosità idraulica media (+621 ettari), aree a pericolosità da frana (+310 ettari) e in aree a pericolosità sismica (+2.184 ettari). Un impatto evidente delle trasformazioni del paesaggio è dato dalla frammentazione del territorio, ovvero il processo che genera una progressiva riduzione della superficie degli ambienti naturali e seminaturali e un aumento del loro isolamento. Più di un terzo del territorio nazionale risulta nel 2019 classificato in zone a elevata o molto elevata frammentazione con un incremento, rispetto al 2012, pari a più di un punto percentuale per entrambe le classi.

La valutazione dei principali servizi ecosistemici forniti dal suolo e persi a causa delle nuove coperture artificiali viene effettuata per la produzione agricola, la produzione di legname, lo stoccaggio di carbonio, il controllo dell’erosione, l’impollinazione, la regolazione del microclima, la rimozione di particolato e ozono, la disponibilità e la purificazione dell’acqua e la regolazione del ciclo idrologico, cui si aggiunge la qualità degli habitat con la valutazione e la mappatura dello stato degli ecosistemi e dei loro servizi, al fine di supportare le scelte di pianificazione e protezione degli ecosistemi.

Le aree perse degli ultimi sette anni garantivano in precedenza la fornitura di 3 milioni e 700mila quintali di prodotti agricoli e 25mila quintali di prodotti legnosi, lo stoccaggio di due milioni di tonnellate di carbonio, l’infiltrazione di oltre 300 milioni di metri cubi di acqua di pioggia che ora, scorrendo in superficie, non sono più disponibili per la ricarica delle falde e aggravano la pericolosità idraulica dei nostri territori. Questo consumo di suolo recente produce anche un danno economico potenziale che supera i 3 miliardi di euro ogni anno, a causa della perdita dei servizi ecosistemici del suolo. La stima delle aree degradate per valutare la distanza che ci separa dall’obiettivo della Land Degradation Neutrality, previsto dall’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile evidenzia che, solo dal 2012 al 2019, le aree molto degradate sono aumentate di 1.643 km2 , quelle con forme di degrado più limitato addirittura di 14.000 km2.

Una valutazione degli scenari di trasformazione del territorio italiano, nel caso in cui la velocità di trasformazione dovesse confermarsi pari a quella attuale anche nei prossimi anni, porta a stimare il nuovo consumo di suolo in 1.556 km2 tra il 2020 e il 2050. Se invece si dovesse tornare alla velocità massima registrata negli anni 2000, si arriverebbe quasi a 8.000 km2 . Nel caso in cui si attuasse una progressiva riduzione della velocità di trasformazione, ipotizzata nel 15% ogni triennio, si avrebbe un incremento delle aree artificiali di 721 km2 prima dell’azzeramento al 2050. Sono tutti valori molto lontani dagli obiettivi di sostenibilità dell’Agenda 2030 che, sulla base delle attuali previsioni demografiche, imporrebbero un saldo negativo del consumo di suolo. Ciò significa che, a partire dal 2030, la “sostenibilità” dello sviluppo richiederebbe un aumento netto delle aree naturali di 316 km2 o addirittura di 971 km2 che andrebbero recuperati nel caso in cui si volesse assicurare la “sostenibilità” dello sviluppo già a partire dal 2020.

Alberto Speciale

 

Sintesi del Rapporto

Schede regionali

Tabella con i dati principali per Regioni, Province e Comuni

 
 
Classe 1964. Ariete. Marito e padre. Lavoro come responsabile amministrativo e finanziario in una società privata di Verona. Sono persona curiosa ed amante della trasparenza. Caparbio e tenace. Lettore. Pensatore. Sognatore. Da poco anche narratore di fatti e costumi che accadono o che potrebbero accadere nella nostra città. Ex triatleta in attesa di un radioso ritorno allo sport.

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