Referendum: quali le ragioni ?

 
 

di Lorenzo Dalai

Il 17 aprile dovremo rispondere a questo quesito:

«Volete voi che sia abrogato l’art. 6, comma 17, terzo periodo, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, “Norme in materia ambientale”, come sostituito dal comma 239 dell’art. 1 della legge 28 dicembre 2015, n. 208 “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge di Stabilità 2016)”, limitatamente alle seguenti parole: “per la durata di vita utile del giacimento, nel rispetto degli standard di sicurezza e di salvaguardia ambientale”?»

Al di là della forma burocratica, si dovranno tenere presenti alcune considerazioni oggettive.

La prima è che il referendum non deciderà nulla sulle nuove “trivelle” (si chiamano in realtà correttamente “nuove perforazioni”) ma riguarda la durata delle concessioni già in essere, quindi aree del mare entro le 12 miglia dalla costa dove ci sono già piattaforme di estrazione di gas metano, in alcuni casi da più di 30 anni.

Se venisse raggiunto il quorum e vincesse il “SI”, non si andrebbe a determinare la cessazione immediata delle attività di estrazione, bensì alla scadenza delle concessioni, tipicamente di durata trentennale, anche qualora sia rimasto ancora un ingente quantitativo di gas metano. In pratica con già tutte le strutture in opera, i tubi posati sul fondo del mare, saremmo costretti a chiudere i rubinetti delle piattaforme esistenti rinunciando a circa il 60-70% della produzione nazionale di gas. Non potendo da un giorno all’altro sopperire a questo fabbisogno con le fonti rinnovabili, il tutto si tradurrebbe in maggiori importazioni ed incremento di traffico navale (navi cisterna per trasporto di gas e petrolio), alla faccia dello spirito che anima i comitati promotori e con sostanzioso impatto sulla nostra bolletta energetica.

Quindi il referendum non fermerà le “trivelle” vicino alle Tremiti, perché non ci sono e mai ci saranno impianti di perforazione nelle Tremiti. Si trattava di un permesso di prospezione e studio, ben oltre le 12 miglia dalle isole, che comunque non è più di attualità, vista la rinuncia della compagnia interessata.

Anzi, il referendum non fermerà la “petrolizzazione” dell’Italia come qualcuno vuole far credere, perché riguarda solo le aree marine entro le 12 miglia dalla costa, dove geologicamente si sono accumulati solo giacimenti di gas metano, quello che “ci da una mano”, quello che tra i combustibili fossili è il meno inquinante e recentemente riconosciuto dall’unione europea il bridge, ovvero quello che ci porterà avanti nella transizione verso le rinnovabili per i prossimi 30 anni. Non sarebbe uno STOP al petrolio, che in Italia viene estratto quasi esclusivamente a terra, in Basilicata, ma uno stop al gas, ovvero a quella fonte energetica pulita la cui introduzione ha portato storicamente all’azzeramento dell’uso del carbone.

Altro mito da sfatare: le trivelle (impianti di perforazione) non uccidono il turismo. La maggiore concentrazione di piattaforme in Italia si ha davanti alla riviera romagnola che storicamente è anche la zona con maggiori presenze turistiche; estrazione di gas e sviluppo della costiera romagnola sono andati avanti di pari passo dagli anni 60 ad oggi. Viceversa regioni senza piattaforme e che si preoccupano tanto di questo, hanno spiagge sporche, depuratori non funzionanti e discariche abusive nel bel mezzo dei parchi naturali. Farebbero bene a preoccuparsi di quello.

Ancora: l’estrazione di gas dal mare Adriatico non provoca terremoti, c’è un rapporto ufficiale ISPRA (Istituto Superiore Protezione Ambiente) che lo certifica. Chiunque afferma diversamente afferma il falso e non conosce la geologia del mare Adriatico. Infatti nel nostro mare i sedimenti, sabbie ed argille, in seguito all’estrazione del gas, si deformano plasticamente, e la deformazione plastica è l’esatto opposto dei meccanismi di rottura dei terremoti.

Un esito positivo del referendum avrebbe impatto devastante sull’economia di alcune regioni, nella sola Emilia-Romagna 6000 persone perderebbero il lavoro in 2 anni. Tra l’altro le compagnie che estraggono gas e petrolio pagano sostanziose royalties allo Stato e quindi la sospensione della loro attività porterà una pesante riduzione di entrate alla fiscalità generale.

Tutti vogliamo un mondo più pulito, le rinnovabili sono il futuro, non ancora il presente, occorre un congruo periodo di transizione perché affondare il sistema gas oggi senza avere ancora una valida alternativa non è intelligente né da un punto di vista economico né per la tutela dell’ambiente.

Se non sarà raggiunto il quorum, la situazione resterà quella attualmente in essere…

 
 

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here