L’onda lunga di Giacino respinta un’altra volta. La collina di San Rocchetto è salva

 
 

Undici palazzine da cinque piani per un totale di tredicimila metri quadrati sul residenziale in un’area di pregio naturalistico e paesaggistico da ventimila metri quadrati.

“Carico urbanistico insostenibile per una zona fragilissima, San Rocchetto. Una pietra tombale che chiude un altro dei tanti tormentoni urbanistici che hanno caratterizzato le precedenti amministrazioni di centrodestra fin dal 2011”.

Dichiarazioni dell’Assessore Michele Bertucco, soddisfatto per il respingimento del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica promosso dalle società Eureka e Sarmar, titolari dell’area. “Il ricorso dichiarato inammissibile” – prosegue Bertucco – è frutto avvelenato del Piano degli Interventi di Tosi e Giacino del 2011, quando i fratelli d’Italia andavano d’amore e d’accordo con i fratelli leghisti con Tosi a capo della giunta e Giacino all’Urbanistica, il Pua vide firmare nel settembre 2013 un primo accordo di pianificazione tra ditte e Comune. Accordo che venne sventato qualche anno dopo dal sottoscritto che scoprì che la fidejussione depositata agli atti era tarocca, in quanto emessa da un intermediario slovacco ripudiato dalla stessa società titolare, la lussemburghese Colonnade Insurance, in quanto contraffatta. Nel 2017, sempre su mia richiesta, l’ormai famigerata scheda norma 131 venne dunque dichiarata decaduta dal Consiglio comunale assieme ad un altro centinaio di altri progetti di analoga natura speculatoria.

Nel frattempo le società proprietarie dell’area erano ricorse al Tar ottenendo, grazie ad un cavillo, che il Comune ripubblicasse il Pua. La sentenza venne eseguita nel 2019 dalla giunta di allora che un po’ pilatescamente chiese il parere della Soprintendenza al Paesaggio la quale bocciò il progetto su tutta la linea, parlando di “alterazione negativa del contesto paesaggistico di riferimento”, di “altezze e volumetria eccessive”, di “consumo sproporzionato dell’area di riferimento”. La scheda norma venne quindi rivista nell’ambito della Variante 23 che ne dimezzò la Sul autorizzata (superficie utile lorda) da 13 mila a 6.500 metri quadrati.

Non c’è atto o passaggio amministrativo formalizzato dal Comune che non sia stato impugnato dalle società titolari dell’area, le quali insistono nel voler realizzare il progetto originario che però è ormai morto e sepolto. La ragnatela legale creata mette in crisi anche i maggiori esperti della materia. Finora però ha prevalso la tutela delle colline, e ci auguriamo che continuerà ad essere così fino all’esaurimento dell’ultimo ricorso”.

 
 

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