Frenata della filiera siderurgica. Inflazione e rialzo dei tassi, il settore si interroga sul futuro

 
 

Dopo un 2022 che ha segnato la risalita del settore dell’acciaio a livello nazionale rispetto al periodo pre-crisi, la filiera siderurgica torna a mostrare segnali preoccupanti a causa dell’inflazione e del rialzo dei tassi

È quanto emerge dell’indagine “Bilanci d’acciaio 2023” realizzata da Siderweb, la community delle imprese che ha analizzato i risultati economico-finanziari del settore, in particolare i dati dei bilanci di esercizio del triennio 2020-2022 di 1.698 aziende di produzione, prima trasformazione, centri servizio e distribuzione di acciaio. Un quadro a tinte fosche, che fotografa l’incertezza presente tra gli operatori del mondo siderurgico. Confimi Apindustria Veronaevidenzia come le 42 imprese dislocate nel territorio veronese abbiano generato un fatturato complessivo di 2,78 miliardi di euro, per un risultato netto di 153 milioni di euro (+4,3% rispetto al 2021). 

«Nel 2023 è previsto in Italia un calo del 7,2% della domanda di acciaio, a fronte di un consumo di circa 23,3 milioni di tonnellate, ma le stime prevedono che nel prossimo anno il settore potrà tornare ad avere segno positivo, con un +4,8%», afferma il presidente di Confimi Apindustria Verona, Claudio Cioetto, che sottolinea: «L’indagine di Siderweb fotografa lo stato di salute di un settore che vive una fase di incertezza dopo due anni di boom della produzione. Una frenata della crescita che renderà difficile tornare al momento ai livelli pre-pandemia e che può influire sulle scelte delle imprese, alcune delle quali potrebbero rivedere i piani di investimento, a causa principalmente dei tassi d’interesse». Tra i problemi evidenziati dallo studio ci sono l’aumento del costo dell’energia, il rallentamento nella produzione e commercializzazione e la perdita di competitività. La questione, secondo Cioetto, è che «anche a fronte di un fatturato in crescita si riduce la marginalità».  

Il presidente del Gruppo Giovani di Apindustria Confimi Verona, Carlo Grossule, aggiunge che sul quadro generale «pesa il nuovo conflitto mediorientale e il rallentamento della Germania, primo produttore di acciaio in Europa e primo mercato d’esportazione per l’Italia. La frenata degli investimenti è però dovuta in particolare all’aumento dei tassi che si è verificato recentemente. Il mercato è bloccato in attesa di capire quali saranno le prossime mosse sulla politica monetaria da parte della Bce». Grossule conclude: «Nonostante questo, come filiera dobbiamo essere ottimisti. L’auspicio è che il peggio sia alle spalle, anche grazie all’impulso che arriverà dagli investimenti del Pnrr. Ma molto dipende da come performerà il settore dell’automotive e da come risponderà il settore dell’edilizia residenziale al quadro economico che si andrà a delineare nei prossimi mesi».

 
 

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