Verona Pulita: il parco agricolo come strumento di eco-sviluppo e marketing per Verona

 
 

Il Parco agricolo è il progetto che Verona Pulita propone come una delle punte di diamante del suo programma e che Michele Croce e la sua giunta vogliono realizzare a partire dal 12 giugno 2017: la “rivoluzione verde” che ha in “qualità della vita, qualità dell’alimentazione, qualità dell’ambiente e sviluppo autosostenibile” le parole chiave.

Croce la presenta come una proposta in antitesi con la visione portata avanti dalla precedente amministrazione e da quelle candidate a succedervi: “infatti il Piano di Assetto Territoriale (PAT) del Comune di Verona, approvato definitivamente nel 2007, non adotta nessuno strumento di valorizzazione dell’attività agricola multifunzionale; ne riconosce l’importanza, ma si adopera solo per il recupero e la preservazione del patrimonio edilizio rurale e per l’inserimento di una parte di queste aree nell’ambito di zone di tutela naturalistico ambientale. Ma il modello urbanocentrico di sviluppo della città – prosegue il candidato sindaco – è ormai superato, ha dimostrato la sua inefficacia e la sua insostenibilità, poiché pianifica una continuità tra i cosiddetti parchi territoriali e i parchi urbani, entrambi fondati su approcci vincolistici”. Secondo Croce, il modello urbanocentrico accelera il degrado paesaggistico e delle attività antropiche legate all’agricoltura; nello specifico, “a subire più pesantemente gli effetti di queste dinamiche è il cosiddetto “terzo territorio”, vale a dire quello periurbano, che il Comune di Verona non ha dotato di uno specifico progetto”.

L’alternativa? “Verona Pulita basa la sua proposta sul concetto di bioregione urbana, che pone al centro la valorizzazione delle cosiddette economie di prossimità. Qui, gli aspetti della produzione agricola e della protezione ambientale s’integrano con la messa a valore del patrimonio territoriale, correlato in primo luogo allo sviluppo di circuiti turistici e di accoglienza di prossimità. Il Parco Agricolo offre una gestione attiva che favorisce l’equilibrio tra aree antropizzate (agricole) e deantropizzate(naturali) e rappresenta lo strumento concreto ed efficace attraverso il quale si integrano ambiente, agricoltura, paesaggio, fruizione turistica“.​​​​​​

In sintesi, il parco agricolo mira a:

1) Valorizzare le aziende agricole periurbane e i loro prodotti, ad esempio tramite progetti integrati su agrimercati, green tours, De.Co per prodotti agroalimentari, realizzazione di un marchio collettivo di qualità ambientale (sorta di denominazioni di origine per i prodotti anche della più piccola azienda agricola veronese) e aiuto nella commercializzazione, con la vendita nel Farmer Market a km. 0 in centro città.

2) Ampliare l’offerta turistica e i tempi di permanenza in città: oggi il mercato è il mondo e può partire anche da qui, da una degustazione, da un acquisto al Farmer market o alla fiera di circoscrizione che Verona Pulita desidera abbia cadenza mensile e non annuale. Le statistiche dicono che il nostro è un turismo mordi e fuggi: Verona dovrebbe offrire e veicolare adeguatamente percorsi enogastronomici, green tours che valorizzino i territori periurbani in una logica di rete e con un approccio paritario, il centro come la provincia.

3) Creare nuova occupazione e salvaguardare la tradizione. Verona è uno dei comuni più agricoli d’italia. In un mondo in continua evoluzione, le nuove frontiere della tecnologia e la cura del territorio – secondo un modello di sviluppo sostenibile come quello del parco agricolo – rappresentano opportunità sia di tutela della tradizione, sia occupazionale.

4) Costituire ampi spazi di verde pubblico coltivato, aperto ai cittadini, agli anziani, alle scuole, perché chiunque lo desideri possa avere il proprio orto.

5) Portare sulle tavole delle scuole della città prodotti a km. 0 per avere in tavola frutta e verdura cresciute nei campi e sugli alberi vicino casa, non maturate nei frigoriferi.

Il parco agricolo – conclude Croce – si fonda su una logica di rete non gerarchica fra i territori periurbani, favorisce l’affermazione di forme durevoli di sviluppo autosostenibile e processi d’investimento endogeno (comunità locali) anziché esogeno (investitori esterni)“.

 

 

 
 

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