5G e Ordinanze sindacali: Ministero Interno interviene con Circolare. Al Prefetto il potere di annullamento

 
 

Ordinanze adottate dai Sindaci ai sensi degli artt.50 e 54 del D.Lgs.n.267/2000 di divieto di sospensione della sperimentazione e/o installazione della rete 5 G. Il Ministero dell’Interno interviene e chiarisce con la Circolare prot.13775 del 13 ottobre 2020. Potere al Prefetto di annullamento dell’ordinanza.


Con un Circolare, diretta ai Prefetti della Repubblica, il capo Dipartimento degli Affari Interni e Territoriali spiega che sono pervenute al Ministero degli Interni, nel corso del 2020, numerose ordinanze sindacali concernenti la problematica relativa al divieto di installazione e/o sperimentazione della rete 5G, disposte da molti Sindaci con l’adozione di ordinanze contingibili ed urgenti ai sensi degli artt. 50 e 54 del D.Lgs. 267/2000 (TUEL) (ne abbiamo parlato anche in questo articolo).

I provvedimenti, prosegue la Circolare, sono stati adottati dai sindaci nella loro veste di ufficiali del Governo e/o di rappresentanti degli enti locali, rispettivamente ai sensi dei richiamati artt.54 e 50, e sono stati fondati anche sull’art. 32 della Costituzione e sul principio di precauzione sancito dal diritto comunitario e dall’art. 3-ter del D.Lgs. n. 152/2006, nel dichiarato fine di fronteggiare la minaccia di danni gravi e irreversibili per i cittadini.

Alcune associazioni di categoria hanno lamentato che i sindaci hanno adottato i provvedimenti in esame nonostante il Codice delle comunicazioni elettroniche preveda l’obbligo per le regioni e gli enti locali, nell’ambito delle rispettive competenze, di individuare livelli avanzati di reti e servizi di comunicazione elettronica a banda larga, nonché di promuovere livelli minimi di fruibilità delle reti e servizi di comunicazione sul territorio. Le stesse associazioni hanno, inoltre, evidenziato che le regioni e i comuni, come è stato chiarito dalla giurisprudenza amministrativa, non possono adottare misure di carattere urbanistico o edilizio tali da vanificare il diritto dell’operatore a istallare la rete in intere zone del territorio.

Rispetto a tale problematica il Ministero osserva che le reti radiomobili sono opere di pubblica utilità e forniscono un servizio pubblico essenziale che deve essere inteso anche con riferimento ai servizi digitali evoluti di comunicazione elettronica, come si evince dall’art. 82, c. 5, del Decreto Legge 17 marzo 2020. Inoltre recentemente sulla materia è intervenuto il Decreto Legge 16 luglio 2020, n.76 che ha stabilito che “I comuni possono adottare un regolamento per assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e minimizzare l’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici con riferimento a siti sensibili individuati in modo specifico, con esclusione della possibilità di introdurre limitazioni alla localizzazione in aree generalizzate del territorio di stazioni radio base per reti di comunicazioni elettroniche di qualsiasi tipologia e, in ogni caso, di incidere, anche in via indiretta o mediante provvedimenti contingibili e urgenti, sui limiti di esposizione a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici, sui valori di attenzione e sugli obiettivi di qualità, riservati allo Stato ai sensi dell’articolo 4”.

La predetta disposizione, in sintonia con la giurisprudenza consolidata, sancisce, per un verso, l’illegittimità di un divieto generalizzato alla installazione degli impianti del genere in esame e, per un altro, l’impossibilità di adottare ordinanze contingibili e urgenti in una materia la cui competenza è riservata allo Stato.

Con riferimento ai profili di competenza il Dipartimento del Ministero osserva che, anche prima del divieto disposto dal citato Decreto Legge n. 76/2020 le ordinanze extra ordinem assunte in materia dai sindaci, generalmente motivate con l’intento di tutelare in via precauzionale la salute dei cittadini, non presentavano i requisiti richiesti dagli artt.50 e 54 del TUEL. Le considerazioni poste a fondamento di detti provvedimenti si basano, peraltro, su valutazioni di valenza generale per l’intero territorio nazionale e non integrano, quindi, quelle connotazioni di eccezionalità e gravità che devono essere territorialmente localizzate, idonee a giustificare l’emanazione di provvedimenti d’urgenza derogatori di disposizioni di legge.

Il ricorso allo strumento dell’ordinanza contingibile ed urgente si fonda, infatti, sulla sussistenza di un pericolo concreto, che impone di provvedere in via d’urgenza con strumenti straordinari per porre rimedio a situazioni di natura eccezionale e imprevedibile di pericolo attuale e imminente per l’incolumità pubblica, non altrimenti ovviabile con i mezzi ordinari apprestati dall’ordinamento.

Infatti, la giurisprudenza amministrativa ha individuato i seguenti presupposti normativi indefettibili, i quali legittimano l’adozione di ordinanze contingibili e urgenti: eccezionalità; gravità e urgenza della situazione da fronteggiare, con conseguente impossibilità di differire nel tempo l’intervento; contingibilità, ossia l’impossibilità di far fronte alla situazione di pericolo incombente con gli ordinari mezzi offerti dall’ordinamento giuridico; temporaneità degli effetti, ovvero precisa indicazione del limite temporale di efficacia.

La Circolare evidenzia, altresì, che la valutazione sui rischi connessi all’esposizione derivante dagli impianti di telecomunicazioni è di esclusiva pertinenza dell’ARPA, organo deputato al rilascio del parere prima dell’attivazione della struttura e al monitoraggio del rispetto dei limiti prestabiliti normativamente dallo Stato.

La Circolare si sofferma segnalando, infine, che le numerose ordinanze adottate in materia dai sindaci sono state in larga parte impugnate dinanzi ai TAR competenti da parte dei gestori di detti servizi (si registrano circa 80 ricorsi), citando in giudizio anche il Ministero dell’Interno. In alcuni casi i TAR si sono già espressi relativamente all’istanza cautelare e hanno accolto le domande di sospensione dei provvedimenti impugnati. Da ultimo, il TAR Campania Sez. VII, con la recente sentenza n. 3324 del 24 luglio scorso, si è espresso nel merito, annullando l’ordinanza di un sindaco.

Alla luce delle osservazioni sopra riportate Il Ministero degli Interni, Dipartimento degli Affari Interni e Territoriali, ritiene che per quanto riguarda i provvedimenti fondati esclusivamente sull’art. 54, sussistano tutte le condizioni per far luogo all’annullamento da parte del Prefetto, in quanto l’atto è adottato in assenza dei presupposti tassativi previsti dalla legge nonché, a seguito delle modifiche introdotte dal citato D.L. n. 76/2020, in violazione di legge. Inoltre tale potere non si esclude sia esercitabile nel caso in cui il provvedimento rechi congiuntamente il richiamo agli artt. 54 e 50, atteso che, seppure in parte, il provvedimento è riferibile al sindaco nella specifica funzione di Ufficiale del Governo.

Di converso, non è ritenuto che l’annullamento possa essere disposto quando la norma posta a legittimazione del potere straordinario sia solo quella di cui a quest’ultimo articolo (il 50, ndr). La Circolare conclude invitando i Prefetti all’opportunità di attivare, in caso di future ordinanze di analogo contenuto, il potere di annullamento, segnalando altresì, l’esigenza che, in tali fattispecie, il sindaco venga previamente invitato a revocare il provvedimento, rendendolo partecipe dei profili di illegittimità riscontrati.

Alberto Speciale

 
 
Classe 1964. Ariete. Marito e padre. Lavoro come responsabile amministrativo e finanziario in una società privata di Verona. Sono persona curiosa ed amante della trasparenza. Caparbio e tenace. Lettore. Pensatore. Sognatore. Da poco anche narratore di fatti e costumi che accadono o che potrebbero accadere nella nostra città. Ex triatleta in attesa di un radioso ritorno allo sport.

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