AGCM: inviata segnalazione per ostacoli degli Enti locali all’installazione impianti in tecnologia wireless 5G

 
 

L’Autorità Garante della Concorrenza di Mercato, nell’Adunanza del 28 luglio 2020, pubblicata nel Bollettino n. 33 del 17 agosto 2020, ha deliberato, di inviare una segnalazione alla Conferenza delle Regioni e delle Provincie Autonome ed alla
Associazione Nazionale dei Comuni Italiani, relativamente agli ostacoli all’installazione di impianti di telecomunicazione in tecnologia wireless 5G che vengono frapposti da svariate amministrazioni comunali nel territorio italiano.

Nel corso degli ultimi anni, l’Autorità è intervenuta in più occasioni per segnalare (Segnalazione del 12 dicembre 2018, AS1551) la presenza di numerose restrizioni presenti nei regolamenti locali, in grado di incidere in misura notevole sui livelli di concorrenzialità dei mercati delle telecomunicazioni e di determinare ricadute negative rilevanti sui servizi erogati ai consumatori e alle imprese, nonché sulla competitività dell’Italia nei confronti di altri Paesi.

Nei propri pronunciamenti, l’Autorità ha evidenziato, come tali criticità suscitino serie preoccupazioni in ragione del loro accentuarsi nell’attuale fase di transizione verso le tecnologie 5G, il cui rallentamento produrrà un ritardo nell’adeguamento tecnologico del Paese, vanificando l’impegno che

l’Italia, si legge nella Segnalazione, ha profuso per lo sviluppo delle tecnologie 5G, muovendosi anche in anticipo rispetto ad altri Paesi europei nell’assegnazione delle frequenze. Con questa segnalazione, l’Autorità ha ritenuto necessario svolgere alcune ulteriori osservazioni sul tema in ragione dell’esistenza di svariati atti, adottati principalmente dalle amministrazioni comunali, che impongono un generalizzato divieto all’installazione degli impianti di telecomunicazioni, non permettendo alcuna sperimentazione, installazione ed esercizio di impianti con tecnologia 5G nel territorio comunale. Tali atticonsistenti, ad esempio, in ordinanze sindacali, atti di indirizzo e regolamenti comunaliintegrano una violazione delle norme a tutela della concorrenza e del mercato, nonché della normativa nazionale ed europea in tema di installazione di frequenze.

Il Decreto Legislativo 1° agosto 2003, n. 259, recante il “Codice delle Comunicazioni Elettroniche”, ha favorito un’applicazione del regime autorizzatorio degli impianti di telecomunicazione mobile univoca e uniforme su tutto il territorio nazionale, definendo il processo di autorizzazione, gli enti predisposti al rilascio dei permessi e la certezza delle tempistiche di tale processo. Il Codice delle Comunicazioni Elettroniche definisce gli impianti di telefonia come “opere di urbanizzazione primaria” e ne riconosce le caratteristiche di pubblica utilità.

Il quadro normativo nazionale è stato definito in attuazione delle norme comunitarie, tra le quali si segnala la Direttiva 2014/61/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 15 maggio 2014, recante “Misure volte a ridurre i costi dell’installazione di reti di comunicazione elettronica ad alta velocità”, che ha evidenziato la necessità di attuare politiche che permettano di abbattere i costi dell’installazione della banda larga (ad esempio, installazioni di antenne, tralicci e altre strutture di supporto, rallentamenti legati al coordinamento delle opere civili, nonché a complessi iter amministrativi di rilascio delle autorizzazioni) sull’intero territorio dell’Unione, anche attraverso una corretta pianificazione, un corretto coordinamento e la riduzione degli oneri amministrativi.

Le misure relative al rispetto delle emissioni elettromagnetiche sono disciplinate dalla Legge 22 febbraio 2001, n. 36 recante “Legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici” (nel seguito “Legge Quadro”) e dal D.P.C.M. 8 luglio 2003. La Legge Quadro, in particolare, stabilisce le competenze dei diversi livelli di governo, prevedendo quanto segue.

Lo Stato esercita le funzioni relative: “a) alla determinazione dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità […]; c) all’istituzione del catasto nazionale delle sorgenti fisse e mobili dei campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici e delle zone territoriali interessate, al fine di rilevare i livelli di campo presenti nell’ambiente; […] e) all’individuazione delle tecniche di misurazione e di rilevamento dell’inquinamento elettromagnetico; […] h) alla determinazione dei parametri per la previsione di fasce di rispetto per gli elettrodotti; all’interno di tali fasce di rispetto non è consentita alcuna destinazione di edifici ad uso residenziale, scolastico, sanitario ovvero ad uso che comporti una permanenza non inferiore a quattro ore” .

Sono di competenza delle Regioni, “nel rispetto dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità nonché dei criteri e delle modalità fissati dallo Stato, fatte salve le competenze dello Stato e delle autorità indipendenti: a) l’esercizio delle funzioni relative all’individuazione dei siti di trasmissione e degli impianti per telefonia mobile, degli impianti radioelettrici e degli impianti per radiodiffusione (…)”.

I Comuni “possono adottare un regolamento per assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e minimizzare l’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici”. Al riguardo si rappresenta che la disposizione da ultimo riportata è stata recentemente integrata dall’art. 38, c.6, del Decreto Legge 16 luglio 2020, n. 76, recante “Misure urgenti per la semplificazione e l’innovazione digitale”, che ha precisato che i regolamenti comunali possono essere adottati per assicurare il corretto insediamento urbanistico e la minimizzazione delle esposizioni elettromagnetiche “con riferimento a siti sensibili individuati in modo specifico, con esclusione della possibilità di introdurre limitazioni alla localizzazione in aree generalizzate del territorio di stazioni radio base per reti di comunicazioni elettroniche di qualsiasi tipologia e, in ogni caso, di incidere, anche in via indiretta o mediante provvedimenti contingibili e urgenti, sui limiti di esposizione a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici, sui valori di attenzione e sugli obiettivi di qualità, riservati allo Stato”.

Infine, l’articolo 14 della Legge Quadro prevede che siano le Agenzie regionali per la protezione dell’ambiente (ARPA), gli organismi competenti ad esercitare le funzioni di controllo e di vigilanza sanitaria e ambientale.

Il D.P.C.M. 8 luglio 2003 invece costituisce il decreto applicativo della citata Legge Quadro e stabilisce: il campo di applicazione – che riguarda i campi elettromagnetici generati da sorgenti fisse con frequenza compresa tra 100 kHz e 300 GHz per i servizi di telecomunicazione e radiotelevisivi – le unità di misura, i limiti di esposizione e valori di attenzione, gli obiettivi di qualità, le norme in materia di esposizioni multiple, le tecniche di misurazione e di rilevamento dei livelli di esposizione.

La giurisprudenza. Quanto alle competenze delle amministrazioni locali, l’Autorità osserva che la giurisprudenza amministrativa ha distinto il potere regolamentare di pianificazione urbanistica spettante alle amministrazioni locali dalla tutela igienico-sanitaria in senso proprio, già assicurata dalla fissazione, ad opera dello Stato, di livelli massimi di esposizione inderogabili. In particolare, la Corte Costituzionale, con le sentenze n. 331/2003 e n. 307/2003, nell’esaminare la legittimità costituzionale di disposizioni legislative regionali che prevedevano distanze minime da una serie di siti sensibili, ha affermato il principio per cui tali disposizioni sono illegittime in quanto la tutela della salute pubblica, data dalla riduzione dell’esposizione ai campi elettromagnetici, non rientra tra le attribuzioni degli enti locali, ma è una materia attribuita allo Stato. In sostanza, le disposizioni delle amministrazioni locali sono legittime nella misura in cui consentono comunque “una sempre possibile localizzazione alternativa” e non determinano invece “l’impossibilita della localizzazione”. Tale principio è stato più volte ripreso anche dal Consiglio Stato, il quale afferma che “va dichiarata l’illegittimità di un regolamento comunale laddove l’ente territoriale si sia posto quale obiettivo, sebbene non dichiarato, ma evincibile dal contenuto dell’atto regolamentare, quello di preservare la salute umana dalle emissioni elettromagnetiche promananti da impianti di radiocomunicazione (ad esempio attraverso la fissazione di distanze minime delle stazioni radio base da particolari tipologie d’insediamenti abitativi), essendo tale materia attribuita alla legislazione concorrente Stato-regioni dell’articolo 117 Cost.”.

La giurisprudenza amministrativa ha anche affermato il principio che sono illegittimi i limiti alla localizzazione degli impianti di telefonia mobile di carattere generale e riguardanti intere ed estese porzioni del territorio comunale, in assenza di una plausibile giustificazione, così come i limiti di carattere generale giustificati da un’esigenza di tutela generalizzata della popolazione dalle immissioni elettromagnetiche, dal momento che a tale funzione provvede lo Stato attraverso la fissazione di determinati parametri inderogabili, il rispetto dei quali va verificato dai competenti organi tecnici.

Inoltre, non possono porsi limiti generalizzati all’installazione degli impianti se tali limiti sono incompatibili con l’interesse pubblico alla copertura di rete del territorio nazionale. Infatti, per effetto delle citate sentenze della Corte Costituzionale, deve ritenersi consentito alle Regioni ed ai Comuni, ciascuno per la sua competenza, introdurre criteri localizzativi degli impianti radioelettrici, nell’ambito della funzione di definizione degli “obiettivi di qualità” consistenti in criteri localizzativi; non è invece consentito introdurre limitazioni alla localizzazione, atteso che vi è “la necessità di una sempre possibile localizzazione alternativa, ma non è tale da poter determinare l’impossibilità della localizzazione stessa” .

Le criticità riscontrate nell’azione amministrativa dei Comuni. Gli atti amministrativi, quali le ordinanze sindacali o altri atti di indirizzo, che vietano in tutto il territorio comunale la sperimentazione, installazione e diffusione di impianti di telecomunicazione mobile con tecnologia 5G, in attesa di dati scientifici più aggiornati, costituiscono un ostacolo assoluto e generalizzato all’installazione di impianti di telecomunicazione mobile con tecnologia 5G e rappresentano una barriera al libero dispiegarsi della concorrenza, nonché alla libertà di stabilimento e alla prestazione dei servizi da parte degli operatori di telefonia. Tali divieti all’installazione ed esercizio di impianti di telecomunicazione mobile e fixed wireless access (FWA), nella misura in cui rendono impossibile la copertura radiomobile in tecnologia 5G nell’intero territorio comunale, si pongono in contrasto con la normativa nazionale e comunitaria sopra citata. Tali restrizioni hanno, inoltre, ricadute nei livelli di servizio erogato ai cittadini e alle imprese, con effetti che coinvolgono altresì il tessuto produttivo locale ed i livelli di digitalizzazione del territorio. A ciò si aggiunga che la costante giurisprudenza amministrativa ha confermato l’illegittimità dell’uso dell’ordinanza contingibile e urgente per la sospensione dell’attività di installazione ed esercizio di infrastrutture di telecomunicazione in quanto tale strumento è ammesso esclusivamente in una situazione di pericolo effettivo e motivato, derivante da una situazione eccezionale ed imprevedibile, alla quale non è possibile far fronte con i mezzi previsti in via ordinaria. In particolare, i limiti alle emissioni elettromagnetiche attualmente previsti dal D.P.C.M. 8 luglio 2003 sono efficaci anche per le tecnologie di telecomunicazione 5G, che utilizzano frequenze tra 100 kHz e 300 GHz. Si pensi, ad esempio, alla circostanza che alcune frequenze (nelle bande 3,4-3,8 GHz e 20-30 GHz) sono già in uso da più di dieci anni dagli operatori di FWA. Inoltre i limiti imposti nel suddetto D.P.C.M. sono di gran lunga inferiori rispetto ai limiti di emissioni raccomandati nell’Unione Europea, arrivando ad essere inferiori fino a 10 volte rispetto a quelli previsti nella Raccomandazione. Infine, l’Istituto Superiore di Sanità ha affermato nel proprio rapporto ISTISAN n. 19/11 che “Sono attualmente in corso in Italia le prime installazioni sperimentali di sistemi per telecomunicazione con tecnologia 5G, il cui impatto elettromagnetico viene valutato dalle Agenzie Regionali per la Protezione Ambientale considerando il diagramma di inviluppo senza fattori di riduzione statistici. Tale approccio, molto cautelativo, permette di assicurare il rispetto dei limiti in qualsiasi condizione di esposizione”.

Ne consegue che i mezzi ordinariamente previsti dalla Legge Quadro – tra cui vi è l’autorizzazione delle ARPA regionali per la verifica dei livelli di esposizione – sono sufficienti all’analisi e al contenimento dell’eventuale rischio sanitario. Né, nel caso in esame, si riscontrano i presupposti per il ricorso al principio di precauzione, vale a dire “l’identificazione di effetti potenzialmente negativi derivanti da un fenomeno, da un prodotto o da un procedimento; una valutazione scientifica del rischio che, per l’insufficienza dei dati, il loro carattere non concludente o la loro imprecisione, non consente di determinare con sufficiente certezza il rischio in questione”. Inoltre, come sottolineato nel rapporto dell’Istituto Superiore di Sanità, le ARPA adottano già un approccio cautelativo nella valutazione delle emissioni elettromagnetiche degli impianti in tecnologia 5G che permettono “di assicurare il rispetto dei limiti in qualsiasi condizione di esposizione”.

In conclusione, gli atti volti a ostacolare o impedire le attività di installazione ed esercizio di impianti di telecomunicazione in tecnologia 5G sono idonee a creare una barriera all’entrata e all’espansione nei mercati di telecomunicazioni mobili e fisse (con riferimento ai servizi FWA), con rilevanti effetti sulla concorrenza in tali mercati e sui livelli di qualità dei servizi erogati ai cittadini e alle imprese.

Le restrizioni in esame rischiano di impedire il corretto dispiegarsi di un efficace processo competitivo basato sulla concorrenza dinamica tra gli operatori presenti sul mercato e tra di essi e i nuovi entranti che intendano avvalersi delle nuove tecnologie di comunicazione. Siffatti ostacoli rischiano di compromettere seriamente e in modo ingiustificato il processo di innovazione tecnologica, con ricadute concorrenziali sia sui mercati delle telecomunicazioni che su diversi comparti del sistema produttivo locale che non potranno giovarsi degli opportuni strumenti tecnologici che saranno abilitati dalle tecnologie 5G.

Alla luce dell’importanza degli effetti sull’intero sistema economico che le tecnologie di telecomunicazione 5G avranno nei prossimi anni in Italia, l’Autorità ritiene quanto mai prioritaria l’eliminazione degli ostacoli ingiustificati e non proporzionati all’intervento infrastrutturale mediante la definizione di un’azione amministrativa efficace ed efficiente e che bilanci i diversi interessi pubblici rilevanti nel caso di specie, nel rispetto dei molteplici principi giurisprudenziali sopra enunciati.

Alberto Speciale

 
 
Classe 1964. Ariete. Marito e padre. Lavoro come responsabile amministrativo e finanziario in una società privata di Verona. Sono persona curiosa ed amante della trasparenza. Caparbio e tenace. Lettore. Pensatore. Sognatore. Da poco anche narratore di fatti e costumi che accadono o che potrebbero accadere nella nostra città. Ex triatleta in attesa di un radioso ritorno allo sport.

1 COMMENTO

  1. Adesso dovrebbe essere ancora più chiaro, a scettici e creduloni, quale sia il malvagio progetto di distruzione di massa che vogliono attuare. Ma non ci riusciranno.

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