Verona città metropolitana, inizia il confronto territoriale

 
 

L’Ordine degli Ingegneri di Verona ha promosso oggi – nell’ambito dell’assemblea annuale che si è svolta a Castelvecchio – la tappa zero del confronto territoriale per arrivare a definire le fondamenta di Verona città metropolitana.
Lo ha fatto nei 100 anni dall’istituzione dell’Ordine, che a Verona è stato costituito dopo soli tre anni, il 5 settembre del 1926.

“Abbiamo invitato i comuni della provincia a confrontarsi con il capoluogo perché sono parte attiva del processo di evoluzione verso la città metropolitana”, dichiara il presidente dell’Ordine di Verona, Matteo Limoni. “Serviranno servizi e incentivi per sentirsi un’unica città e saranno i sindaci e gli enti dei singoli comuni a esprimersi su come vogliono entrare a far parte della città. Verona è in pieno sviluppo sia dal punto di vista turistico che logistico e imprenditoriale. Confindustria ha lanciato il sasso e noi – nello spirito di concretezza che caratterizza la nostra professione – lo abbiamo colto per ragionare sull’ambizione di fondare un città metropolitana e un possibile cambio di governance”.
Quali, quindi, le azioni e i servizi per far sentire il territorio un’unica città?

“Pochi giorni dopo l’assemblea di Confindustria, è stato presentato il disegno di legge di Fratelli d’Italia al Governo e a seguire, nei primi di ottobre, il consiglio comunale di Verona ha impegnato la giunta e il sindaco a fare di Verona una città metropolitana”, ricorda l’assessora alla sicurezza, Stefania Zivelonghi, evidenziando lo trasversale interesse alla trasformazione. “La scelta va oltre il numero di abitanti e il peso di ciascun comune, ma puntando convinti a un’interazione che sconfina anche fuori dalla provincia. Lo abbiamo visto con il recente rischio di esondazione dell’Adige, su cui è intervenuto il Trentino, e molto conferma che ci dobbiamo confrontare in un’ottica comune e globale, anche per essere competitivi. Verona è esclusa dai finanziamenti importanti per la sicurezza. I 25 milioni complessivi sono andati quasi tutti (pari a 21 milioni) alle città metropolitane e lo stesso accade per molti fondi europei”.
Su questo aspetto insiste pure il consigliere comunale di Verona, Carlo Beghini, delegato alla città metropolitana e già membro del consiglio dell’Ordine degli Ingegneri.
“Verona ha interessi comuni con le città vicine, offre il principale polo logistico italiano, si trova in due corridoi europei e bisogna pensare con una visione sovra comunale, come quella adottata nel dibattito sul privatizzare o meno l’aeroporto. L’abilità sta nell’individuare alleanze e fare un lavoro di tessitura, perché anche il comune più piccolo possa trovare supporto in una struttura adeguata. Non possiamo continuare a dire che mancano i soldi. I soldi ci sono ma bisogna imparare a prenderseli e l’Europa li dà alle città metropolitane”.

Manuel Scalzotto, ex presidente della Provincia di Verona e sindaco di Cologna Veneta, rema piuttosto per il ripristino dell’ente Provincia, smantellato nel 2014. “Negli anni ’90 il legislatore ha ragionato in termini di area metropolitana per l’egemonia di problematiche. Ma oggi ha creato città metropolitane che non sono altro che le Province con un altro nome. Al posto di un presidente eletto, sono però presiedute dal sindaco del capoluogo”, evidenzia. “Mi chiedo se questo passaggio sia utile e se garantisca qualità e servizi ai cittadini”.

Roberto dall’Oca, sindaco di Villafranca, ritiene che la politica dovrebbe guidare le azioni del futuro, non rincorrere le idee. “Nel 2014 si parlava di cancellare le Provincia. Ora si sta ragionando per ridare loro ruolo. Non so se abbia senso perdere tempo in un doppione”.

Anche secondo Attilio Gastaldello, sindaco di San Giovanni Lupatoto, il ruolo delle Province sta riemergendo in tutta loro necessità. “Mi preoccupa la gestione comune di servizi come la raccolta differenziata. Serve prima avere individuato strategie per tematiche come l’ambiente o la viabilità. Inoltre temo che risparmiare sulle figure politiche affidando la carica di presidente della Provincia al sindaco rischi di non garantire una sufficiente rappresentanza dei cittadini. È pericoloso allontanare i servizi dal territorio”.
“Essere favorevoli alla città metropolitana è come aderire alla pace nel mondo”, ritieneAlessio Albertini, sindaco di Belfiore. “In un mondo globale, ampliare i livelli decisionali sulle scelte strategiche è praticamente obbligatorio. Ma va capito con quale struttura e rassicurando i cittadini che comunque la rappresentanza resta”.
“L’unione dei comuni si è dimostrata un fallimento, anche se personalmente ci credevo”, dichiara Loris Bisghin, consigliere provinciale e di Legnago. “Mi chiedo però perché, in attesa delle città metropolitane, non si sia mantenuta forte la Provincia invece di azzopparla”. Il sindaco di San Pietro In Cariano, Gerardo Zantedeschi, è scettico sul fatto di delegare la gestione di un territorio, come quello che amministra, ricco di ville venete e soggetto a vincolo paesaggistico. “Se città metropolitana significa delegare in toto l’urbanistica e rendere comuni come San Pietro una borgata della città non sono favorevole, se invece si ragiona per una rete di servizi l’apertura c’è. Temo però che la città metropolitana rischi di essere più focalizzata sul capoluogo. In ogni caso, mentre si approfondisce per arrivare a una scelta, è prioritario salvare le Province”.
“Nel piccolo c’è spesso una buona qualità di vita”, conclude Giovanni Amantia, assessore di Bussolengo. “Non bisogna inoltre correre il rischio di allontanare il cittadino dall’anello di potere e quindi dalla democrazia”.

L’assemblea si è conclusa con una tavola rotonda per la ricorrenza dei 100 anni dall’istituzione degli Ordini degli Ingegneri, in cui sono intervenuti gli ex presidenti, con aneddoti significativi del loro mandato e uno sguardo sul futuro della categoria, a testimonianza che l’Ordine di Verona è sempre stato attivo e parte integrante del territorio.

 
 

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