Ordigno esploso a Prada: presi i colpevoli

 
 

Ci sono voluti diversi mesi ma alla fine cinque giovani, tutti incensurati prima d’ora, sono caduti nelle rete investigativa tessuta con pazienza dalla Digos della Questura di Verona che era da subito accorsa al piccolissimo centro montano di Prada, una frazione del Comune di San Zeno di Montagna (VR). Nei pressi dell’hotel Genziana, che ospitava profughi originari del Bangladesh e del Pakistan, nella notte tra il 30 ed il 31 ottobre dello scorso anno erano stati fatti scoppiare due ordigni esplosivi e lasciato affisso, su una recinzione limitrofa allo stabile, uno striscione di colore bianco su cui era stata vergata la scritta di colore nero “ITALIA AGLI ITALIANI”, senza alcun simbolo politico.

Nessun concreto danno era stato arrecato all’albergo: come poi documentato dagli esperti del locale Gabinetto Provinciale di Polizia Scientifica, i quali avevano immediatamente repertato i residui di polvere da sparo, una parte di torcia/fumogeno già bruciata e altre tracce lasciate lungo la via di accesso all’hotel, gli esplosivi erano stati fatti scoppiare ad una distanza di circa 100 metri dalla struttura ricettiva. Tuttavia gli investigatori intuirono subito che non si trovavano al cospetto di banali “petardoni” in libera vendita e che il gesto palesemente intimidatorio era grave e pericoloso. Gli esami eseguiti sui reperti sequestrati, infatti, confermavano trattarsi di cc.dd. “H.M.E. – Home Made Explosive”, ossia di ordigni artigianali allestiti ed assemblati con componenti chimici, sostanze varie ed idrocarburi normalmente utilizzati per le più svariate attività, ma che, se opportunatamente miscelate e minimamente elaborate, sono in grado di produrre una reazione/trasformazione chimica violenta, con conseguenze assai nocive.

La doverosa attività d’indagine, portata avanti dalla Digos scaligera con il coordinamento della dott.ssa Elisabetta Labate della Procura di Verona, si è rivelata di non facile soluzione: nonostante gli inquirenti avessero in mano un’impronta dattiloscopica recuperata su un frammento del materiale rinvenuto, tale indizio era al momento insufficiente a scoprire il colpevole perché l’impronta papillare non era stata mai, prima di allora, censita nelle banche dati del Ministero dell’Interno: gli autori del gesto, dunque, non erano pregiudicati e quindi mai erano stati attenzionati dalle forze di polizia. Si rendeva dunque necessaria una scrupolosa attività di osservazione e di minuziosa ricerca di altre tracce su altri scenari, in contesti presumibilmente insospettabili, utilizzando informazioni raccolte in quella zona montuosa, anche servendosi di sistemi di videosorveglianza gestiti dalle varie Amministrazioni Comunali i cui territori insistono su quell’area geografica che si affaccia sul lago di Garda.

La costanza della Digos scaligera ha alla fine dato i suoi frutti e le investigazioni protrattasi nel tempo hanno consentito di raccogliere svariati indizi a carico di cinque giovani che si erano resi responsabili, in concorso tra loro, dei reati di fabbricazione ed esplosione di ordigni, aggravati dalla finalità della discriminazione razziale. Sono quattro ragazzi ed una ragazza (quest’ultima minorenne al tempo dei fatti), privi di pregiudizi penali, eccezion fatta per la minore a carico della quale risultano precedenti di polizia per lesioni personali, ingiuria e minacce, di età compresa tra i 18 ed i 21 anni, residenti in località vicine a San Zeno di Montagna, tutti mai evidenziatisi prima sotto il profilo dell’estremismo politico.

Le perquisizioni domiciliari eseguite su delega della magistratura veronese hanno poi fatto acquisire altri elementi di prova che corroborano l’impianto accusatorio: nelle rispettive abitazioni sono stati sequestrati striscioni bianchi pronti all’uso, bombolette spray, torce luminose, petardi, fumogeni, raudi, un barattolo contenente nitrato di potassio, una scatola contenente varie micce, tubi in alluminio ed in plastica, nonché una scatola di antiodico anticriptogamico (zolfo), tutto materiale utilizzabile per il confezionamento di esplosivi artigianali.

Condotti in questi uffici gli indagati, messi di fronte al quadro probatorio emerso dalle indagini, con l’assistenza di avvocati di fiducia hanno tutti confessato le proprie responsabilità, per altro dichiarandosi pentiti per l’azione criminale, a loro dire commessa non per causare danni a cose o a persone, ma per esprimere pubblicamente la loro contrarietà alla presenza di profughi nel “loro territorio”

 
 

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