In Consiglio Comunale un minuto di rumore per tutte le vittime di femminicidio

 
 

Un minuto di rumore con applausi per Giulia e per tutte le vittime di femminicidio, che solo in Italia quest’anno hanno raggiunto la drammatica cifra di 106 vittime. E’ iniziato così il primo Consiglio comunale aperto dedicato a Verona sulla violenza di genere. Un momento di confronto istituzionale richiesto unitamente da tutte le rappresentanze politiche in Consiglio comunale di maggioranza e di opposizione.

Ad avviare il dibattito il presidente del Consiglio comunale Stefano Vallani, che ha ricordato le ragioni dell’incontro, ribadendo l’importanza di condividere, con un dialogo aperto anche alla città, un momento di riflessione politica e civile su un tema ancora molto complesso e drammatico.

La parola è passata successivamente al sindaco Damiano Tommasi: “Ringrazio tutte e tutti per questa opportunità che ci siamo dedicati e abbiamo dedicato alla nostra assemblea. All’unanimità abbiamo aderito a questa iniziativa, grazie a quanti hanno risposto positivamente a questo nostro invito. È un invito a fermarci e riflettere. Qui più che risposte da dare ci sono azioni da intraprendere. Si è fatto un gran parlare in queste settimane, ma credo che il nostro compito nell’azione debba iniziare dalle parole, per condividerle e aumentare la sensibilità. Ho sentito fare dei distinguo tra femminicidi e non femminicidi. Le vittime oggi sono molte di più di quello che si dice, e noi dobbiamo dare a tutte e a tutti, ma soprattutto a tutte, la possibilità di trovare un luogo protetto, una comunità che accolga il grido di dolore, le preoccupazioni, ma soprattutto che sappia intervenire. Serve coraggio, serve movimentare la nostra empatia verso un tema che sì, è un’emergenza del momento, ma che richiede un grande passo culturale che ancora dobbiamo fare. Nel nostro Paese ne abbiamo fatti molti, e credo che, come è stato detto sabato scorso, dobbiamo rendere questo 25 novembre diverso. Un 25 novembre che ci interroghi tutti i giorni, che ci porti quella attenzione in più che serve per superare le parole, i gesti simbolici e le ricorrenze, dedicando la quotidianità al cambio culturale. Come Amministrazione abbiamo il compito di metterci in ascolto e creare le premesse perché ci siano luoghi di ascolto, per valorizzare le persone e le tantissime realtà. Ringrazio per la loro presenza sul nostro territorio e per quello che fanno, ed è nostro compito e nostro dovere alimentare questa energia, per risolvere un problema che oggi purtroppo viene affrontato troppo tardi. La volontà di questo Consiglio è dunque di metterci in ascolto, di dare energia a quanti già lo fanno, e a quanti oggi manca l’ultimo tassello, quello dell’indignazione collettiva nei confronti di questo fenomeno. Ringrazio quanti vorranno intervenire anche da casa, in aula. Con l’auspicio che questo 25 novembre appena trascorso non sia un 25 novembre come lo sono stati tutti gli altri”.

Si sono poi susseguite le dichiarazioni dei relatori inviatati.

“La ricorrenza di quest’anno del 25 novembre ha qualcosa di diverso – ha dichiarato Olivia Guaraldo, professoressa ordinaria di filosofia politica al Dipartimento di Scienze Umane dell’Università di Verona –. Sono giorni che vedo negli occhi delle nostre studentesse gli occhi di Giulia e non riesco a commuovermi ogni volta. Giovani donne che intraprendono la strada di autonomia e di libertà, e che sono sempre di più la maggioranza del popolo studentesco. L’evento di Giulia è a mio avviso uno spartiacque come è stato il massacro del Circeo negli anni ’70. Un massacro che segnò una nuova presa di coscienza nei confronti delle violenza sulle donne e ne rafforzò una ‘Femminista’. Una parola, quest’ultima, di cui non bisogna avere paura, che rappresenta solo la richiesta di libertà delle donne. La sorella di Giulia, Elena, è riuscita a trasformare un dolore privato-individuale in qualcosa di politico. Elena ha pronunciato la parola ‘Patriarcato’, una parola antica, che indica il governo del padre e degli uomini. Una istituzione antica che si è trasformata e di cui ne siamo tutti interessati. Una cultura che non rispetta le donne, e tende a minimizzare la violenza che viene perpetrata nei suoi confronti”.

“La nostra città – ha evidenziato Sara Gini, avvocata Past President Telefono Rosa – vanta servizi antiviolenza da molti anni, sin dagli albori dell’impegno civile delle donne in quest’ambito, visto che il telefono Rosa di Verona è stato istituito nel 1990, e solo due anni prima a Roma nasceva uno dei primi centri anti-violenza d’Italia. I centri anti-violenza, con un’esperienza che supera ormai i trent’anni di attività, rappresentano il servizio più qualificato per aiutare le donne vittime di violenza, per questo è fondamentale conoscerne e diffonderne l’importanza, perché in queste situazioni può fare davvero la differenza fra la vita e la morte delle donne. A partire dagli anni 2000 abbiamo assistito ad un progressivo coinvolgimento delle istituzioni e anche il nostro Comune si è dotato da tempo del Centro P.E.T.R.A., alla cui formazione ha partecipato anche il Telefono Rosa con le sue operatrici. Bisogna quindi riconoscere che negli ultimi anni sono stati fatti dei passi avanti nell’ambito dell’intervento, ma incrementare un sistema di rete è fondamentale per mettere in campo azioni sempre più efficaci”.

“Nel centro NAV-Spazio Ascolto Uomini che Agiscono Violenza arrivano sia uomini inviati dal Tribunale, quindi che si trovano all’interno di un percorso riconosciuto dal Codice Rosso, sia uomini che hanno riconosciuto di avere un problema nella convivenza di genere – ha dichiarato Filippo Saccardo, psicologo al NAV e al Centro Formazione Antiviolenza P.E.T.R.A. –. In questi giorni è accresciuto molto l’interesse rispetto agli uomini autori di violenza. Chi si aspetta il mostro potrebbe rimanere deluso. I violenti e antisociali sono la minoranza e spesso con una storia di reato alle spalle. Per lo più incontriamo persone normali, tra questi anche i così detti ‘bravi ragazzi’. L’età media si aggira intorno ai 42/43 anni, sono persone che in genere lavorano e hanno figli. Con loro si porta avanti un percorso mirato volto al riconoscimento della responsabilità e dell’educazione emotiva. Spesso si tratta di adulti che nell’infanzia hanno assistito o hanno subito comportamenti violenti, un dato che deve farci riflettere. Formare, educare all’affettività ed eliminare gli stereotipi. L’omicidio di Giulia ha mostrato che la violenza di genere può far parte anche delle famiglie normali. Fa parte di una serie di atteggiamenti normalizzati, accettati e pensati come esclusi dal nostro orizzonte culturale”.

“C’è un problema forte a livello educativo per i nostri giovani – ha sottolineato Daniela Galletta, Coordinatrice della Rete ‘Scuola e Territorio: Educare Insieme’ – ‘Prospettiva Famiglia’ –. Le indagini condotte da psicologi, psicoterapeuti, psichiatri, medici e docenti hanno evidenziato la situazione sotto i punti di vista riguardanti i giovani e le figure genitoriali. I giovani sono preoccupati, disillusi riguardo al futuro, hanno uno sguardo incerto e molto angosciato. Sono piuttosto sedentari, insoddisfatti del proprio aspetto fisico, sempre più connessi ai loro devices con un costante peggioramento nei rapporti con le famiglie con i loro pari. Vedono un porto sicuro non nel nucleo familiare, ma nella scuola dove si sentono a loro agio per quello che sono. Un luogo di accoglienza, pluralità e socialità. Riguardo ai genitori sono emerse la fragilità educativa dell’adulto, la scomparsa dei ruoli, in particolare quello del padre, la frantumazione dei nuclei familiari a livello di ruoli genitoriali con il cambiamento delle dinamiche interne. Genitori che abdicano dal compito primario, incapaci all’ascolto passando dalla famiglia normativa ad una società problematicamente affettiva. Il rapporto che tra genitori e figli dovrebbe essere asimmetrico, si è invece pareggiato. Io credo molto nei giovani e credo che la chiave della soluzione sia creare una fitta rete educativa ponendo delle fondamenta che abbiamo una comunità sana, avendo cura dell’etica”.

Il dott. Ciro Paolillo, direttore Accettazione e Pronto soccorso Borgo Trento, ha evidenziato nel suo intervento l’importanza di un corretto e tempestivo triage nel dare un effettivo supporto alle donne vittime di violenza. Un protocollo di comportamenti che mettano in evidenza le violenze subite, in modo da non minimizzare ma registrare puntualmente gli abusi di cui sono state vittime. Momenti importanti che vanno dall’accoglienza alle dimissioni delle vittime.

Dello stesso avviso il dott. Massimo Piergiuseppe Franchi, direttore U.O.C. Ostetricia e Ginecologia Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata Verona che ha ribadito l’importanza delle fasi di raccolta e custodia del materiale probatorio, “fondamentale per trovare o scagionare un sospetto violentatore. Da evidenziare ancora che oggi la violenza è spesso associata all’utilizzo di sostanze che diminuiscono la capacità di reagire. Per questo un’analisi tossicologica tempestiva diventa sempre più fondamentale a supporto di queste situazioni”.

Nel corso della seduta sono state inoltre illustrate, da un’operatrice in collegamento da remoto, le attività del Centro antiviolenza P.E.T.R.A. – Pratiche Esperienze Teorie Relazioni Antiviolenza – del Comune di Verona.

Il dibattito è proseguito con gli interventi dei consiglieri comunali Francesco Fasoli, Lorenzo Di Donè, Sergio Tonni, Alberto Battaggia (Damiano Tommasi Sindaco), Alessia Rotta, Francesco Casella, Alberto Falezza (Pd), Federico Sboarina (Battiti per Verona), Pietro Giovanni Trincanato e Giacomo Cona (Traguardi), Anna Bertaia (Lista Tosi), Maria Fiore Adami (Fratelli d’Italia), Patrizia Bisinella (Fare con Flavio Tosi), Jessica Cugini (In Comune per Verona), Carla Padovani (Verona PER).

Da parte dei cittadini sono pervenute domande in relazione alle modalità di prevenzione che possono essere messe in campo all’interno delle famiglie e alle azioni da intraprendere a livello della scuola. Ancora, il quadro normativo dall’introduzione del Codice Rosso e se, collegate ad esso, sono aumentate le denunce e le segnalazioni da parte di chi è vittima di violenza.
Sulla domanda relativa alle azioni messe in campo dall’Amministrazione e sulle risorse utilizzate per realizzarle è intervenuta la vicesindaca con delega alla Parità di genere Barbara Bissoli: “All’atto del nostro insediamento, consapevoli che su due delle tre azioni di contrasto alla violenza di genere, cioè sulla prevenzione e sulla protezione il Comune di Verona potesse fare di più, abbiamo investito in termini di risorse finanziare, raddoppiandole per il centro di violenza P.E.T.R.A. per il NAV, introducendo il centro di formazione e aumentando anche l’organico di personale, aggiungendo sei persone proprio perché sfruttassero con maggiore efficacia un maggiore impegno di prevenzione e protezione. Questo è quanto sta facendo l’Amministrazione comunale insediata nel luglio dell’anno scorso, e che farà anche l’anno prossimo. L’impegno è quello di riportare i servizi antiviolenza, oltre che il centro di formazione, all’interno del Comune. La scelta politica è quella di occuparsi direttamente di queste azioni che riteniamo fondamentali. Avevamo consapevolezza del fatto che il fenomeno della violenza potesse avere addirittura una recrudescenza, perché i numeri che venivano riferiti su questo fenomeno durante la pandemia erano molto preoccupanti. Per questo, appena insediati, abbiamo avviato queste iniziative. C’è poi da dire che sono state intensificate quelle che sono le reti a livello comunale e provinciale. In questo senso il Comune di Verona ha aderito ad un protocollo d’intesa per l’adozione di strategie e passi condivisi per il contrasto della violenza di genere, pensato e redatto in attuazione della Convenzione di Istanbul per quanto riguarda la formazione e prassi condivise, tra il Tribunale di Verona, Ufficio del giudice tutela di Verona, Tribunale di Verona, l’Ordine degli Avvocati, la direzione generale dell’Ulss9, i comuni capofila degli ambiti territoriali, l’Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona, l’Ordine degli Psicologi e delle Psicologhe del Veneto, l’Ordine dei Medici chirurghi e odontoiatri di Verona e il Dipartimento di scienze giuridiche dell’Università di Verona. Dovrebbe essere attuato da tutto l’ateneo, perché i suoi saperi possono essere molto utili a questo protocollo interdisciplinare che mette in rete tutte le competenze nell’ambito giudiziario e forense. Inoltre abbiamo appena avviato un’intesa con il Telefono Rosa perché è fondamentale la possibilità di dare ascolto alle donne che in un momento di difficoltà che necessitano di parlare con qualcuno di esperto. Riteniamo che la più che decennale esperienza di Telefono Rosa possa ben sostenere anche questa iniziativa. Ringrazio chi ho promosso questo Consiglio comunale aperto. È stata un’esperienza davvero arricchente, una coralità di posizioni davvero molto interessante”.

 
 

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