Fine vita, occasione persa ma l’impegno del PD continua

 
 

Con 46 voti favorevoli 2 astenuti e 1 contrario la Direzione provinciale del Pd veronese, riunita ieri sera al Magazzino delle Professioni di via Santa Teresa 2 a Verona, ha approvato la mozione sul Fine Vita proposta dal Segretario provinciale Franco Bonfante, nella quale si esprime “forte preoccupazione, smarrimento e rammarico” per la bocciatura “da parte della maggioranza del centrodestra del Consiglio regionale Veneto, purtroppo favorita anche dal voto di astensione (che in Regione equivalente a voto contrario) della nostra rappresentante veronese, appellatasi alla libertà di coscienza, della proposta di legge di iniziativa popolare” per la regolamentazione della materia.

Specificando che tale proposta “non introduceva alcuna fattispecie normativa di ‘fine vita’, ma andava a stabilire i modi e i tempi delle risposte ai malati terminali, e le modalità di coinvolgimento delle Asl”, il Pd scaligero chiede che “il Parlamento torni ad occuparsi della questione in tempi rapidi”, secondo le proposte già formulate dal Pd, e che la Regione Veneto “realizzi sul proprio territorio una uniformità e una certezza dei tempi nell’attuazione della sentenza della Corte Costituzionale”. La comunità dem ritiene infatti che “l’accesso ad un fine vita dignitoso debba essere un diritto di tutte le persone”.

Precisazioni fortemente volute dal Segretario stesso all’indomani della bufera politico-mediatica che ha visto al centro la scelta della consigliera veronese Anna Maria Bigon di partecipare al voto che ha affossato la legge, astenendosi, appunto, anziché uscire dall’aula come le era stato chiesto: “Questa Direzione era necessaria per evitare che si pensasse che il PD veronese potesse essere ambiguo sulla materia” ha detto Bonfante nella sua dettagliata relazione seguita all’approfondimento tecnico-giuridico della responsabile dei Diritti Civili, Sociali e Digitali del Pd Verona.

Da una parte il Segretario ha inquadrato la questione del fine vita all’interno del processo storico di conquista dei diritti civili, dal divorzio all’interruzione volontaria di gravidanza fino ad arrivare alle unioni civili e alle ultime leggi su divorzio breve, sottolineando che “c’è una diversità profonda, politicamente sostanziale” fra le conquiste del passato e l’attuale dibattito sul fine vita: “che oggi, forse per la prima volta, su un tema fortemente appoggiato dall’area progressista di cui riteniamo di far parte come forza principale, il consenso è amplissimo”.

Dall’altra parte Bonfante ha ricostruito il quadro dei rapporti politiciche hanno fatto sì che la proposta di regolamentazione del fine vita promossa dall’Associazione Coscioni sia stata la prima a varcare la soglia di un’assemblea decisoria, rimarcando come il principio giuridico fosse già stato fissato dalla nota sentenza della Corte Costituzionale che ha chiarito i limiti reciproci tra la tutela della vita e il diritto all’autodeterminazione dell’individuo.

Smentendo ogni diceria in merito all’irrogazione di sanzioni per le quali la Direzione provinciale e la stessa Segreteria non sarebbero nemmeno competenti, ma invitando, anzi, a ritrovare l’unità politica (“Con l’esame della mozione qui proposta si chiude, almeno per quanto mi riguarda, il confronto sul fine vita. Da questa contrapposizione possiamo uscirne più uniti, ma dobbiamo essere tutti a volerlo”), il Segretario è entrato nel merito delle conseguenze politiche e giuridiche del voto regionale, chiedendo all’assemblea di esprimersi sul merito della mozione.

“Così come è stato valutato anche dal livello nazionale e regionale del Partito, pur non essendo la proposta del Pd, il progetto di legge dell’Associazione Coscioni rappresenta comunque un passo in avanti rispetto al vuoto totale attuale, fornendo tempi e modalità certi ed oggettivi a situazioni individuali di grande sofferenza”. Ha spiegato. “L’approvazione di una legge veneta, a fronte di un’evidente rottura del centrodestra – ha continuato – avrebbe aperto maggiori possibilità per una legge nazionale, in cui il PD, con le sue competenze e forte di una proposta condivisa (legge Bazoli), avrebbe avuto un ruolo rilevante”. E infine, sul tema delle cure palliative: “L’eventuale mancato passaggio di cure palliative sarebbe stato comunque individuato dal comitato Medico Multidisciplinare e poi dal Comitato Etico Territoriale previsti anche dalla proposta regionale, però con tempi certi, mentre finora (e purtroppo sarà così anche dopo) sono occorsi anche due anni, magari per avere una risposta negativa”.

La consigliera Anna Maria Bigon ha dichiarato che “Il voto in Regione non ha negato nessun diritto civile, perché la sentenza della Consulta sulla non punibilità del suicidio assistito non è stata cancellata, rimane. E i tempi necessari non sono degli anni, ma di circa tre mesi, certo sempre tanti se non si è presi in carico con le cure dovute. Quello che ho cercato di fare nella mia attività di consigliera regionale e di vicepresidente della Commissione Sanità e Sociale, è di riempire di contenuti una proposta di legge parziale che non prende in carico le persone ammalate. Legge per la quale non è stato possibile depositare emendamenti già predisposti e relativi a cure palliative, obiezione di coscienza del personale sanitario, composizione delle commissioni e maggiore età”.

“Il testo della proposta – ha continuato Bigon – è stato approfondito lungamente in Quinta Commissione con il contributo dei medici, delle associazioni, e degli stessi pazienti. E’ emerso il problema delle cure palliative, che in Veneto sono solo parzialmente assicurate . Si tratta di un aspetto importante, che non posso mettere da parte. Di qui la mia richiesta alla Regione di stanziare 20 milioni per le cure palliative. Bocciata”.

“La linea del partito, pertanto, non l’ho cambiata io – ha concluso –, l’unica linea che conoscevo del PD era quella della Legge Bazoli, che prevede cure palliative e obiezione di coscienza, punto di incontro di tante sensibilità all’interno del Pd. Ora questa linea è stata confermata. Una legge regionale sarebbe stata impugnata perché competenza del Parlamento”.

“Procedura sanitaria e indicazione dei tempi? Fosse stato vero questo, allora sarebbe bastata una delibera o addirittura un atto amministrativo regionale. Cosa da me sempre detta ed ora richiesta depositata a mezzo di una mozione del gruppo del Partito Democratico. Ma questa proposta di legge era altro, per me”.

“Se lo rifarei?  Lo rifarei perché le persone ammalate, insieme alle loro famiglie, vanno  prese in carico affinché la decisione, sul proprio fine vita sia veramente libera. Credo che all’interno di un partito pluralista le diverse opinioni e le diverse sensibilità sono ricchezze e non limiti”. 

 
 

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