Atti persecutori, su proposta del Questore, scattano due sorveglianze speciali

 
 

Sono state accolte negli scorsi giorni, con decreto del Tribunale di Venezia, due proposte del Questore della Provincia di Verona di applicazione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza nei confronti di altrettanti uomini resisi responsabili, dal 1998 ad oggi, di una serie di condotte illecite: per uno di loro è scattata anche l’applicazione del braccialetto elettronico.

I destinatari sono un sessantacinquenne veronese e un cinquantenne di origini napoletane ma residente in provincia di Verona: due profili criminali diversi, ma accomunati dalla spregiudicatezza e pervicacia di entrambi. I due uomini infatti, sebbene già sottoposti a misura cautelare, non hanno manifestato alcun segno di ravvedimento e, anzi, hanno dato prova di un’escalation di comportamenti violenti, minacce ed altre condotte illecite in un significativo intervallo temporale della loro vita e con cadenze tali da farne emergere il carattere non occasionale o sporadico.

Il primo, un sessantacinquenne veronese già condannato tra il 1998 e il 2005 per i reati di furto, molestie, lesioni personali, danneggiamento, truffa continuata e atti sessuali con minorenne, dal 2012 al 2014 si era reso responsabile del reato di atti persecutori nei confronti di una ragazza, all’epoca dei fatti ancora minorenne. Dopo averla adescata sui social tramite un profilo falso, aveva poco a poco conquistato la sua fiducia, fino a convincerla ad inviargli delle foto che la ritraevano nuda. Ma quella “amicizia virtuale” ha subito una battuta d’arresto quando la giovane gli aveva comunicato di aver intrapreso una relazione sentimentale con un coetaneo: a quel punto, l’uomo ha incominciato a tempestarla ossessivamente con messaggi ricattatori, arrivando a minacciarla di divulgare le sue foto intime. Un’escalation di intimidazioni che si è interrotta solo quando il sessantacinquenne veronese è finito in manette, nel 2014, per le violenze sessuali che aveva agito ai danni di un altro ragazzino nel 2005.

Nemmeno la restrizione in carcere, tuttavia, ha sortito un effetto redentivo nei confronti dell’uomo. Le indagini effettuate dalla Polizia di Stato hanno consentito di accertare, infatti, che dal 2014 ad oggi – anche a cavallo di ulteriori condanne inflittegli per altre condotte riconducibili allo stesso schema comportamentale – il sessantacinquenne abbia ripetutamente dimostrato di perseverare nelle sue condotte persecutorie prendendo di mira sempre una vittima diversa.

Un sistema di approccio che si ripeteva ogni volta: prima avrebbe conquistato la fiducia delle donne cui si avvicinava – spesso facendo leva sulla giovane età delle stesse o sul loro altruismo – e poi, piano piano, si sarebbe insinuato in maniera oppressiva nella loro vita privata, coinvolgendo i familiari e ricattandole non appena queste avessero provato ad interrompere i rapporti con lui. Non appena, poi, una vittima riusciva a mettersi in salvo, era pronto a focalizzarsi su un’altra, relegando ciascuna in uno stato d’ansia sempre crescente.

Una sequenza di episodi che sono stati ricostruiti in ordine cronologico dai poliziotti in un’indagine accurata culminata nella proposta, avanzata dal Questore, di applicazione della sorveglianza speciale di P.S., accompagnata dall’utilizzo del braccialetto elettronico come previsto dal nuovo art. 275-bis c.p.p.

La richiesta è stata accolta dal Tribunale di Venezia che ha applicato la misura per tre anni. L’uomo non potrà accedere ad esercizi pubblici, detenere o portare armi anche se non idonee ad arrecare offesa alla persona; non potrà avvicinarsi ai luoghi frequentati dalle vittime né comunicare con le stesse e dovrà allontanarsi immediatamente in caso di incontro fortuito con loro.

L’altra proposta di sorveglianza speciale, accolta qualche giorno fa, è stata avanzata dal Questore nei confronti di un cinquantenne di origini napoletane, ma residente in provincia di Verona: dalle indagini dei poliziotti è emerso un profilo criminale che, seppur differente, è accomunato al primo dal perseverante atteggiamento minaccioso adottato nei confronti delle vittime. 

Il primo grave episodio, significativo della pericolosità dell’uomo, si era verificato nel 2002 quando, con un colpo di pistola, aveva tolto la vita al padre della sua ex compagna, al quale aveva attribuito la responsabilità dell’interruzione della loro relazione.

Le indagini effettuate dagli agenti hanno consentito di ricostruire la dinamica dei fatti: una vera e propria escalation di minacce e violenze agite nei confronti di entrambi che era iniziata l’anno precedente e culminata poi tragicamente quello successivo in una vendetta che gli è costata la condanna a 18 anni di reclusione. In carcere dal 2004, a partite dal 2001, tuttavia, l’uomo avrebbe approfittato di una serie di benefici penitenziari concessigli per inserirsi in organizzazioni criminali dedite al traffico di sostanze stupefacenti: tra il 2013 ed il 2023, l’uomo avrebbe rivestito un ruolo tutt’altro che marginale all’interno delle stesse.

A cavallo di questi episodi un’escalation di comportamenti violenti e minacce perpetrate nei confronti di un’altra donna, “colpevole” di averlo respinto sentimentalmente. Un rifiuto che le è costato un mese di messaggi, chiamate, pedinamenti, appostamenti sul luogo di lavoro e sotto casa, ricatti e minacce di morte: una volta, addirittura, le aveva inviato la foto di una pistola appoggiata sulla propria gamba, ricordandole come – per gli stessi motivi – anni fa era arrivato ad uccidere. 

Pochi giorni dopo, la donna aveva trovato la propria auto in fiamme proprio nei pressi della propria abitazione.   

 
 

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