Una casa-laboratorio dell’età del Ferro in Valpolicella: la storia di uno scavo nel nostro passato

 
 

La località Casaletti presso San Giorgio di Valpolicella è conosciuta per vari ritrovamenti archeologici, soprattutto per lo scavo, risalente al 2002, di importanti strutture dell’età del Ferro: nel volume 44 (2020) dei bollettini del Museo di Storia Naturale di Verona dedicati a Geologia Paleontologia Preistoria, si legge (a cura di Luciano Salzani) la storia di questa scoperta, che nel 2008 ha avuto una seconda puntata, in concomitanza di lavori edilizi, in un’area a poche decine di metri a monte di quella scavata precedentemente. Ed ecco la sorpresa: una struttura protostorica,  articolata in due ambienti, uno a pianta rettangolare con fondo piano, di cui si sono conservati solo due lati verso monte, l’altro a pianta irregolarmente circolare, scavato nella roccia a un livello più profondo. E’ stata definita una casa-laboratorio da indicatori archeologici di attività metallurgiche in uno dei due vani (US 23): due pozzetti per focolari da forgiatura, in corrispondenza della parete di roccia bruciata e arrossata, e una canaletta terminante in una piccola vasca per l’acqua da utilizzare per il raffreddamento e la tempratura del metallo; inoltre alcune matrici, frammenti di pani di rame, numerose lamine di bronzo ritagliate e oggetti di bronzo rotti, destinati alla rifusione.
Margini di dubbio rimangono riguardo alla destinazione dell’altro ambiente (US 22); alcuni indizi – frammenti di pesi, frammenti di forno e frammenti ceramici, riferibili dunque ad attività di tessitura, probabilmente culinarie e a stoviglie di uso quotidiano – rimandano ad un uso
residenziale, sebbene il ritrovamento di frammenti di pani di rame e di oggetti di bronzo rotti
sul piano di calpestio suggeriscano che anche quest’area in qualche modo doveva partecipare alle opere metallurgiche che si svolgevano nel contiguo vano.

Una seconda fase di attività ha visto la ristrutturazione della parte in elevato dell’edificio, ma mancano dati per definire cosa si praticasse nella casa in questo successivo momento. L’ultimo episodio è rappresentato dall’abbandono definitivo, con il crollo del tetto dell’edificio e delle lastre delle pareti.

I reperti – Riferibili alla prima fase sono una tazza con profilo a S, decorata da tratti verticali impressi a falsa cordicella (databile tra la fine del V e la prima metà del IV secolo), un frammento di pane di rame con una scanalatura lungo un margine, un anello a sezione piano-convessa con una linguetta forata, un frammento di ascia a occhio, un frammento di matrice in bronzo (?) per la fusione di pendaglietti a globetto ovale, due frammenti di fibule a piccola sanguisuga, un globetto decorato da costolature verticali, riferibile a una fibula Certosa e un frammento di fibula Certosa (metà del V /tutto il IV secolo a.C.) con globetto presso la molla.
Il globetto con costolature appartiene a una fibula Certosa tipo X , databile tra la fine del V e tutto il IV secoloa.C., mentre le fibule a piccola sanguisuga sono documentate a partire dalla metà del V secolo. Sulla base di queste indicazioni cronologiche, il piano d’uso del vano US 22 può essere datato tra la fine del V e la prima metà del IV secolo a.C.
All’interno del vano US 23, dal piano di calpestio provengono un frammento di pane di rame, due anellini, un frammento di fibula Certosa con globetto presso la molla, un gancio di cintura con piccola placca rettangolare, un gruppo numeroso di lamine, alcune delle quali presentano
i lati rettilinei, ritagliati e il fondo di un secchiello di bronzo. Sono stati trovati anche due piccoli frammenti in lamina d’argento, uno dei quali è decorato da punti a sbalzo. Tra i frammenti ceramici si riconoscono l’orlo esoverso e arrotondato di un dolio, olle con orlo arrotondato e uno scodellone troncoconico.
I materiali ceramici vanno datati tra il V e il IV secolo.
Dopo una (prima) fase di abbandono, si rivela una ripresa dell’attività, una seconda fase, a cui corrispondono numerose olle a corpo ovoidale con orlo esoverso e labbro non ingrossato, collo ben distinto a profilo concavo e spalla arrotondata, decorata da un fascio orizzontale di solcature. Questo tipo di vaso ha precisi confronti tra i materiali della casa di Casaletti
scavata nel 2002 e datata tra la fine del II e il I secolo a.C.; vi sono bicchieri a corpo allungato, con orlo esoverso non distinto dal corpo troncoconico, strozzatura verso la base e fondo ombelicato. Ben documentato negli abitati della tarda età del Ferro sui monti Lessini, questo tipo di bicchiere trova precise datazioni all’arco di tempo che va dalla metà del II al I secolo a.C. nelle tombe delle necropoli celtiche della pianura veronese, come Casalandri di Isola Rizza, Santa Maria di Zevio, Povegliano e Valeggio sul Mincio. Vi sono anche ciotole, teglie, frammenti di un vaso troncoconico con orlo aggettante e, sulla base delle indicazioni cronologiche dei materiali, la seconda fase di attività nella nella casa va datata tra la fine del II e il I secolo a.C.
All’ultima fase di abbandono appartengono materiali di varie epoche, principalmente protostorici, ma anche alcuni frammenti di anfore e di laterizi romani e un frammento di pane
di rame con una costolatura longitudinale lungo il margine. Nel terreno di sterro dell’area del cantiere edile sono stati recuperati frammenti di un bacile deformato e restaurato in antico con varie lamine di bronzo unite da ribattini, un frammento di secchiello con orlo ripiegato all’esterno e spalla arrotondata, una fusaiola di piombo con costolature a disposizione radiale
attorno al foro, frammenti di una tazza a profilo lenticolare con orlo esoverso, collo stretto e fondo ombelicato, una panella di rame con un lato rettilineo e con profilo piano convesso, un
frammento di panella di rame con profilo piano convesso e un martello-ascia di ferro.
Il secchiello a spalla arrotondata può essere datato tra il VI e il V secolo a.C., la fusaiola di piombo rientra in un gruppo datato tra il V e il I secolo a.C., con una massima diffusione
nel III secolo a.C.; il martello di ferro appartiene a un tipo definito martello da fabbro e sono stati trovati i frammenti di un forno d’argilla, del quale, dopo il restauro (eseguito da F. Santinon, restauratrice della Soprintendenza per i Beni Archeologici del Veneto), è stata data una presentazione in occasione della mostra “Venetkens. Viaggio nella terra dei Veneti antichi” e della XLVIII Riunione Scientifica dell’Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria.

Il contesto – A San Giorgio di Valpolicella un altro laboratorio metallurgico è documentato nella fase più antica dell’edificio US 49, scavato in località Casaletti nel 2002 e anche in esso si ha la medesima successione cronologica riscontrata nella casa-laboratorio: una prima fase, databile tra la fine del V e la prima metà del IV secolo a.C., a cui segue un periodo di abbandono e infine una ripresa dell’occupazione della medesima struttura verso la fine del II e agli inizi del I secolo a.C. Probabilmente si tratta di una successione cronologica generale di
avvenimenti comuni che hanno interessato questa parte del villaggio protostorico del luogo.

 
 
Sono nata a Verona sotto il segno dei Pesci; le mie radici sono in Friuli. Ho un fiero diploma di maturità classica ed una archeologica laurea in Lettere Moderne con indirizzo artistico, conseguita quando “triennale” poteva riferirsi solo al periodo in cui ci si trascinava fuori corso. Sono giornalista pubblicista dell’ODG Veneto e navigo nel mondo della comunicazione da anni, tra carta, radio, tv, web, uffici stampa. Altro? Leggo, scrivo, cucino, curo l’orto, visito mostre, gioc(av)o a volley. No, non riesco a fare tutto, ma tutto mi piacerebbe fare. Corro contro il tempo, ragazza (di una volta) con la valigia.

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