Sull’Ortigara tornano le Penne Nere di Verona; pellegrinaggio fra ricordo, memoria, speranza

 
 

Da simbolo di ricordo e memoria a simbolo di ripartenza.
Gli alpini veronesi sono tornati oggi sull’Ortigara per commemorare i circa tremila militari italiani che su questo alto piano hanno perso la vita durante i conflitti del 1917.

È il primo pellegrinaggio partecipato dall’inizio dell’emergenza Covid-19. Non ci sono state, tra ieri e venerdì, partenze organizzate con pullman e macchinate da città e provincia per raggiungere l’Altopiano di Asiago, come invece è sempre stata tradizione delle Penne Nere: la situazione ancora non permette questo tipo di ritorno alla normalità. Ma al richiamo dell’Ortigara, a oltre duemila metri di altitudine, hanno risposto in molti che autonomamente o in piccoli gruppi si sono dati appuntamento alle 10.30 per la cerimonia alla Colonna Mozza, a quota 2.015 metri, aperta dalla messa celebrata dal cappellano della sezione veronese don Rino Massella.

In questo anno e mezzo, abbiamo sacrificato molto. L’impegno per la collettività, speso dalla Protezione Civile e dai gruppi alpini, è stato massimo. Ci siamo mobilitati tutti, tra le nostre fila abbiamo anche subito perdite importanti, proprio come in una guerra vera. Poter tornare a riunirci e a far memoria, a commemorare insieme i circa 250 alpini veronesi che proprio su questi prati hanno perso la vita è per noi un momento importantissimo. Questa giornata è un segnale di ripartenza e speranza”, commenta Luciano Bertagnoli, presidente della sezione veronese dell’ANA che insieme alle sezioni di Asiago e Marostica ha organizzato la giornata.

Un momento della cerimonia sul Monte Ortigara.

La cerimonia si è svolta con delle limitazioni nel numero di presenze e nelle modalità di svolgimento ma in quota, in quegli spazi enormi e senza il rischio dunque di creare assembramenti, si sono ritrovati in molti. L’anno scorso, a cento anni esatti dalla prima adunata sul monte vicentino, solo una piccola delegazione di alpini veronesi era potuta essere presente. “Stiamo calpestando con i nostri scarponi un suolo sacro, dove ogni metro di terra, ogni zolla, ogni pietra ha visto cadere un soldato. Ogni anfratto ha accolto le spoglie mortali di un nostro alpino. Ogni anno, camminando su queste pietraie che ancora mostrano i segni evidenti di ciò che è stata la guerra, il massacro, su questa terra si sente il richiamo dei nostri giovani. Il loro sacrificio non deve essere dimenticato”, ha esordito Bertagnoli, prima dell’alzabandiera.
Del resto, sono i numeri che racconta la storia a dare la dimensione della tragedia che qui si è consumata: su quella cima persero la vita qualcosa come 2.865 persone tra militari e ufficiali dell’esercito italiano e 992 dell’esercito austro-ungarico, senza contare i 5.600 dispersi italiani e i 1.515 dello schieramento opposto.

Terribile il conteggio dei feriti: 16.734 italiani e 6.321 austriaci.
Il tutto in appena 20 giorni di battaglia. Alla cerimonia sull’Ortigara questa mattina erano presenti, oltre al presidente nazionale dell’ANA Sebastiano Favero e al consiglio direttivo nazionale, Michele Risi, vicecomandante delle truppe alpine, l’assessore regionale Elena Donazzan e molti sindaci veneti tra cui anche i primi cittadini veronesi di Sant’Ambrogio e di Sant’Anna d’Alfaedo.

Il pellegrinaggio nazionale dell’Ortigara, segue di una settimana esatta il 58esimo pellegrinaggio di una delegazione degli alpini della Sezione di Verona alla chiesetta di Costabella, sul Montebaldo. Progettata dal reduce di Russia Guido Tisato, architetto, e fortemente voluta dall’allora cappellano Sezionale monsignor Piccoli, la chiesetta dedicata ai santi Maurizio (protettore degli alpini) e Bernardo (protettore degli alpinisti), oltre che alla Madonna Regina Pacis, versa in uno stato di degrado per colpa del passaggio della tempesta Vaia, che l’ha quasi totalmente distrutta.

Un degrado che ha però le settimane contate.
Grazie ai fondi raccolti con l’operazione Pandora di Natale dell’ANA Verona, il restauro della chiesetta – nel cui Sacello Ossario dal 1994, sono custoditi i resti del Alpino Raffaele Solve morto a soli 21 anni nella Campagna di Russia – ha già dato i primi segnali concreti. Si tratta della sistemazione della strada per permettere, a breve, l’accesso ai mezzi d’opera per iniziare i lavori.

 
 

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