Senza dialogo non c’è Politica

 
 

Per come sta gestendo le vicende giudiziarie dei due sindaci Nogarin e Pizzarotti, il Movimento 5 Stelle dimostra di non riuscire a risolvere la sua ambiguità. Da una parte la ricerca forsennata di una purezza ontologica e dall’altra l’incapacità di rispettare le regole della democrazia. C’è evidentemente qualcosa che non funziona in una forza politica che alle ultime elezioni nazionali ha ottenuto oltre il 25% dei voti e poi non riesce a spendere quell’enorme consenso nel gioco istituzionale. Non ci riesce perché, come dimostra la sospensione di Pizzarotti, è imprigionata in una forma di integralismo che non accetta dissenso o anche soltanto opinioni articolate. Come spiegare altrimenti la diversità di trattamento riservata al sindaco di Parma rispetto a quello di Livorno? Come è noto. Pizzarotti non ha mai nascosto le sue perplessità nei confronti del vertice M5S. Quelle critiche hanno chiaramente provocato una ritorsione. Non basta allora invocare la trasparenza, come fanno in queste ore gli esponenti del Direttorio, o la paura di compromettere la campagna elettorale in corsa, come fa lo stesso Grillo, per giustificare un provvedimento così radicale. Il punto è un altro: quando l’unica strada che si segue è quella fondamentalista della superiorità morale e politica, tutto si trasforma in una caccia alle streghe. E la funzione precipua che dovrebbe svolgere un partito rappresentativo di almeno un quarto degli elettori scivola invece rapidamente in una sterile epurazione.

Nel contempo l’autoreferenzialità blocca qualsiasi concretizzazione delle promesse e degli impegni assunti dai pentastellati. Ci sono alcuni dati che dimostrano quanto vane siano alcune pratiche messe in atto dal Movimento. In Parlamento hanno votato contro i provvedimenti in discussione nel 56 per cento dei casi. Normale per un gruppo d’opposizione. Meno normale che degli otto disegni di legge presentati dai grillini e fin qui arrivati al voto, uno solo sia diventato legge. Un dato che dimostra quanto il rifiuto del dialogo, anche nelle assemblee parlamentari, incida nelle loro scelte. Per non parlare della posizione contraria assunta sulle Unioni civili e che ha provocato una profonda delusione anche nella loro base, la rappresentanza del 25% degli italiani è sostanzialmente “congelato” alla Camera e al Senato. Ma tutto questo accade anche a livello locale, perché nel contempo i grillini hanno vinto fino ad ora le elezioni comunali in 17 città. Quattro di questi sindaci ( Parma, Comacchio. Quarto e Gela) sono stati espulsi o sospesi; in altre quattro giunte (Assemini, Pomezia, Livorno e Bagheria) si sono registrati degli interventi della Magistratura e sei giunte hanno avuto problemi giudiziari, in altre tre si sono susseguite le dimissioni di assessori o consiglieri ( Ragusa, Augusta e Venaria reale ) e solo in quattro ( Sarego, Montellabate, Civitavecchia e Pietraperzia) la legislatura non ha avuto scossoni.

Quando la politica non accetta il confronto e non rispetta le regole della democrazia diventa anche inefficiente. La contaminazione non può essere interpretata come un declino verso l’immoralità, perché la Democrazia è libero confronto di idee e programmi, mentre suoi nemici sono da un lato la gestione del puro potere e dall’altro l’assolutismo della verità dogmatica. Il confronto deve essere sia in Parlamento e che fuori; in televisione senza pretendere di partecipare alle trasmissioni in assenza di contraddittorio o nei dibattiti pubblici confrontandosi con i candidati o gli esponenti delle altre forze politiche. Accettando anche la diversità di opinioni dentro il Movimento, per evitare che ogni singolo problema si trasformi in una questione ideologica e manichea, che spacca il fronte in ortodossi ed eretici. Senza nascondere che, come accade in tutte le comunità, anche una selezione competitiva della leadership può dare risultati positivi.

Pensare di espellere alcuni e altri no, come è accaduto a Pizzarotti e non a Nogarin, solo perché il primo non è allineato, mentre il secondo invece sì, francamente lascia allibiti anche molti degli elettori che finora avevano dato fiducia al M5S. Che poi le decisioni di fantomatici staff vengano comunicate con anonime email lascia allibiti. Ormai siamo alla verità-dogma (Orwell), le regole non esistono o sono adattate caso per caso; tutto è demandato  alle scelte di Grillo e di Casaleggio jr. Senza contare che, dopo la scomparsa di Roberto, si è consumata una sorta di successione dinastica alla guida del M5S, in stile nordcoreano. II principio dell'”uno vale uno” sembra vigere a giorni alterni e avere validità ad personam.

Lorenzo Dalai

 
 
Lorenzo Dalai, nato a Verona, laureato in filosofia, sono sposato con Marilisa e ho tre figli. Sono stato responsabile dell’organizzazione aziendale di una catena di supermercati e Consigliere provinciale dal 2009 al 2014. Dal 1980 al 1988 Consigliere nazionale della Federazione Italiana Canoa Kayak, Attualmente Consigliere comunale ad Erbezzo.

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