ISPRA: Rapporto sullo “Stato di attuazione del Patto dei Sindaci in Italia”. Carenza tecnica è di ostacolo al PAESC

 
 

Lanciata nel 2008, il “Patto dei Sindaci” (“Covenant of Mayors”) è un’iniziativa, introdotta dalla Commissione Europea per coinvolgere e supportare i Sindaci nel raggiungimento degli obiettivi dell’Unione Europea per clima ed energia, che ha riscontrato notevole successo di adesione specie in Italia. A livello nazionale, nel periodo 2005-2017 le emissioni complessive di gas serra sono diminuite del 26,0%. La carenza di adeguato personale tecnico, sia in termini numerici che di competenze, all’interno alle amministrazioni comunali può risultare di ostacolo alla realizzazione agli adempimenti posti dal Patto dei Sindaci. 

Leggendo il Rapporto sullo “Stato di attuazione del Patto dei Sindaci in Italia” (febbraio 2020), pubblicato da ISPRA , appare evidente dai numeri come l’iniziativa ha avuto una ricaduta positiva sul territorio nazionale, con il coinvolgimento di un ampio novero di città e stakeholder ed un aumento della sensibilità alla questione climatica. A livello nazionale, nel periodo 2005-2017 le emissioni complessive di gas serra sono diminuite del 26,0%.

Nel 2013, il quinto Rapporto di Valutazione redatto dal Panel Intergovernativo sui Cambiamenti Climatici ha definito “inequivocabile” il riscaldamento globale in corso, richiamando con urgenza la necessità di intraprendere azioni concrete per contrastarne gli impatti, al fine di garantire un clima sostenibile a beneficio delle generazioni presenti e future. Causa principale del cambiamento climatico in atto sono le emissioni antropogeniche di gas ad effetto serra, cresciute in maniera drastica nel corso dell’ultimo secolo portandone ad un aumento sensibile della concentrazione in atmosfera. Secondo le più recenti rilevazioni la concentrazione atmosferica della CO2 ha superato ormai stabilmente la soglia di 400 parti per milione in volume (ppmv) mentre, secondo analisi paleoclimatiche, nei precedenti 800.000 anni tale concentrazione non aveva mai superato le 300 ppmv. Secondo i dati elaborati dal portale “Climate Watch Data” del World Resource Institute, a livello globale i principali emettitori di gas ad effetto serra restano Cina, Stati Uniti, Unione Europea, India e Russia.

Secondo l’ultimo Inventario nazionale delle emissioni e degli assorbimenti di gas serra redatto dall’ISPRA le emissioni dell’Italia nel 2017 corrispondono a circa lo 0,9% delle emissioni globali.

Come diretta conseguenza dell’aumento della concentrazione di gas serra in atmosfera si è verificato un aumento della temperatura media globale che è stato pari a circa 0,85°C basti pensare che 17 dei 18 anni più caldi registrati dal 1880 si sono verificati a partire nel nuovo millennio; in particolare, gli ultimi cinque anni (2014-2018) sono stati i più caldi, con il 2016 a detenere l’anomalia più ampia (+0,95°C).

Per il contrasto dei cambiamenti climatici e dei relativi impatti, a conclusione del Summit della Terra (Rio de Janeiro) nel 1992 è stata istituita la Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (UNFCCC), entrata in vigore nel 1994, con l’obiettivo di raggiungere “la stabilizzazione delle concentrazioni di gas serra in atmosfera a dei livelli che possano prevenire pericolose interferenze antropogeniche con il sistema climatico”. In particolare, per il perseguimento degli obiettivi della Convenzione sono stati adottati due strumenti principali dotati di valore legale ed in grado di impegnare i Paesi al rispetto di determinati impegni e adempimenti: il Protocollo di Kyoto (1997) e l’Accordo di Parigi (2015). Adottato nel 1997 ma entrato in vigore solo nel 2005 per il ritardo nella ratifica da parte di alcuni Paesi, il Protocollo di Kyoto prevedeva un obiettivo globale di riduzione delle emissioni di gas serra di almeno il 5% rispetto al 1990, attraverso impegni di riduzione delle emissioni di gas serra vincolanti per i Paesi sviluppati, da perseguire nell’arco di un periodi d’impegno dal 2008 al 2012; successivamente con l’Emendamento di Doha (2012)è stato previsto un secondo periodo d’impegno dal 2013 al 2020.

Alla data di pubblicazione del Rapporto ISPRA l’Emendamento non è tuttavia ancora entrato in vigore essendo state depositate dai Paesi solo 136 ratifiche contro le 144 necessarie. Parallelamente è stato adottato l’Accordo di Parigi, entrato in vigore il 4 novembre 2016, che definisce l’ambizioso obiettivo di mantenere l’aumento delle temperature medie globali “ben al di sotto dei 2°C” alla fine del secolo rispetto ai livelli preindustriali, compiendo sforzi per cercare di limitare tale incremento al di sotto degli 1,5°C, per scongiurare gli impatti peggiori del cambiamento climatico.

Nonostante l’Accordo di Parigi abbia dunque rappresentato un punto di svolta nell’azione climatica globale, varie analisi condotte mostrano come le riduzioni delle emissioni messe in campo non sarebbero ancora sufficienti a mantenere l’aumento delle temperature medie globali entro gli 1,5°C o 2°C.

Dal quadro delineato emerge la chiara necessità di una maggiore ambizione a livello globale, principalmente focalizzata su politiche di mitigazione per la riduzione della concentrazione di gas serra in atmosfera. In tal senso diventa imprescindibile un coinvolgimento anche dei cosiddetti “attori non-governativi”, tra cui figurano, tra gli altri, regioni, città, imprese ed organizzazioni della società civile. In tale contesto, un ruolo importante è rappresentato dalle iniziative delle città: secondo un recente rapporto del Dipartimento delle Nazioni Unite per gli Affari Economici e Sociali, circa il 55% della popolazione mondiale vive oggi nelle aree urbane e secondo le stime tale dato raggiungerà il 68% entro il 2050. Conseguentemente risulta evidente la necessità di coinvolgere un numero sempre maggiore di città nell’adozione di strategie per il contrasto dei cambiamenti climatici, agendo sia in materia di mitigazione, che di adattamento e resilienza, come opportunità non solo per il miglioramento della qualità della vita dei cittadini, ma anche per contribuire a colmare i gap attualmente esistenti tra il livello di ambizione globale e gli obiettivi definiti dall’Accordo di Parigi.

Nel corso degli anni sono state introdotte varie iniziative volte a mettere a sistema l’impegno delle città su tali tematiche: a livello europeo, tra le iniziative più rilevanti vi è certamente il “Patto dei Sindaci” (“Covenant of Mayors”), lanciato dalla Commissione Europea per supportare l’azione degli enti locali nell’implementazione di politiche che avessero come scopo lo sviluppo sostenibile dell’energia, come contributo alle strategie ed agli obiettivi comunitari per il 2020.

Nell’ambito della nuova iniziativa, gli Enti locali firmatari sono chiamati a definire obiettivi al 2030 e ad intraprendere la preparazione e presentazione di un Piano d’Azione per l’Energia Sostenibile e il Clima (PAESC) che traduca gli obiettivi in specifiche azioni, misure e progetti. Essenziale in questo senso è una crescita dell’attenzione politica sulle questioni dell’energia rinnovabile, dell’efficienza energetica, della mobilità sostenibile e della gestione dei rifiuti da parte della cittadinanza.

La partecipazione delle amministrazioni locali all’iniziativa “Patto dei Sindaci” prevede oggi tre fasi:

  • l’adesione, ovvero un atto con cui il Sindaco del Comune, in seguito a deliberazione favorevole da parte del Consiglio Comunale o di un organo equivalente, formalizza la partecipazione dell’amministrazione e l’impegno ad attuare le fasi successive;
  • la presentazione, entro due anni, di un piano d’azione (PAES/PAESC), per approvazione da parte della struttura preposta del Patto dei Sindaci, passaggio che richiede in via preventiva la realizzazione di un inventario di base delle emissioni di gas serra (IBE) e, nel caso del PAESC, l’integrazione delle considerazioni in materia di adattamento attraverso una o più valutazioni per il rischio e la vulnerabilità (VRV);
  • ed il monitoraggio, che consiste nella verifica dei progressi nell’attuazione degli impegni intrapresi con la stesura di appositi rapporti di monitoraggio su base biennale, con l’alternanza di relazioni di intervento (dopo due anni dalla presentazione del Piano) e resoconti completi (dopo quattro anni dalla presentazione del Piano).

I requisiti minimi dei criteri di ammissibilità richiedono che il Piano sia stato approvato dal Consiglio Comunale e che specifichi in maniera chiara gli impegni previsti in materia di mitigazione, con una riduzione delle emissioni di gas serra di almeno il 20% entro il 2020 (per i PAES) e/o di almeno il 40% entro il 2030 (per i PAESC), nonché quelli previsti per l’adattamento. Inoltre, dei quattro settori chiave identificati per le misure di mitigazione (municipale, terziario, residenziale e trasporti), è richiesto che l’Inventario di Base delle Emissioni (IBE) ne copra almeno tre, mentre le azioni previste devono coprirne almeno due. Infine, come anticipato, il Piano deve includere le valutazioni sul rischio climatico e la vulnerabilità .

Complessivamente, l’iniziativa “Patto dei Sindaci” in Italia ha avuto un elevato grado di firmatari, con un’adesione di oltre il 58% dei Comuni italiani, ed ha avuto una indubbia ricaduta positiva sul territorio nazionale, con il coinvolgimento di un ampio novero di città e stakeholder ed un aumento della sensibilità alla questione climatica. Dei 7.913 Comuni italiani censiti dall’Istat , sono 4.608 gli aderenti all’iniziativa “Patto dei Sindaci”, ovvero quei Comuni che negli anni si sono impegnati a realizzare un Piano d’Azione per l’Energia Sostenibile (PAES) per l’orizzonte temporale al 2020, o un Piano d’Azione per l’Energia Sostenibile e il Clima (PAESC) per l’orizzonte temporale al 2030. Ciononostante, i Comuni hanno spesso riscontrato una serie di problematiche interne di natura trasversale che hanno ostacolato una adeguata partecipazione all’iniziativa. Tra queste, è possibile annoverare:

  • i cambiamenti istituzionali repentini e la diffusa carenza di risorse umane qualificate per l’attuazione ed il monitoraggio delle strategie e la valutazione dei risultati delle azioni intraprese;
  • la frammentazione, tra diversi assessorati e dipartimenti, dei dati e delle competenze rilevanti per le iniziative in materia di cambiamenti climatici, e la conseguente difficoltà nel garantire coerenza tra differenti misure adottate da differenti promotori;
  • la frequente assenza di coordinamento dell’iniziativa e di una leadership politica, a garanzia di tale coerenza.

Il Rapporto ISPRA suggerisce in tal senso di elaborare linee guida più stringenti in termini di modalità di rendicontazione e metodologie e settori per la contabilizzazione delle emissioni, limitando ad esempio le possibilità di scelta dei Comuni sulle tipologie di fattori d’emissione da considerare e riducendo le possibilità di duplicazione delle rispettive reportistiche nelle piattaforme ed interfaccia disponibili.

Nelle “Conclusioni” il Rapporto afferma che, sembra riscontrarsi una correlazione significativa tra la complessità organizzativa dei Comuni e la loro capacità di rispondere agli adempimenti posti dal “Patto dei Sindaci”, suggerendo come un ostacolo significativo possa essere costituito dalla carenza di adeguato personale tecnico, sia in termini numerici che di competenze, all’interno alle amministrazioni comunali.

Parallelamente, appare necessario che a livello nazionale sia fornito un maggior supporto ai Comuni italiani nell’attuazione dei propri Piani d’azione, ponendo in essere nuovi strumenti e/o razionalizzando e rendendo più efficaci quelli esistenti.

Nel 2018 anche il Comune di Verona ha aderito al “Patto dei Sindaci” con la delibera di Consiglio n. 38 del 19.07.2018, impegnandosi ad approvare nel corso del 2020 il Piano di Azione per l’Energia Sostenibile e il Clima (PAESC) al fine di tradurre l’impegno politico in misure e progetti pratici. Il Piano consiste in un documento programmatico nel quale sono definiti i tempi e le modalità che si intendono utilizzare per il raggiungimento della riduzione del 40% (minimo) delle emissioni di CO2 entro il 2030 nell’ambito territoriale del Comune di Verona, rafforzando la capacità di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici e garantendo ai cittadini l’accesso a un’energia pulita, sostenibile e alla portata di tutti.

L’Assessorato all’Ambiente ha avviato un percorso finalizzato a coinvolgere attivamente tutti i portatori di interessecittadini, associazioni di categoriaistituzioni, sulle principali tematiche oggetto del Piano, pertanto, chiunque residente nel Comune di Verona può partecipare con la propria opinione alla stesura del PAESC compilando un questionario on line Clicca qui entro il 15 giugno 2020.

Alberto Speciale

 

 
 
Classe 1964. Ariete. Marito e padre. Lavoro come responsabile amministrativo e finanziario in una società privata di Verona. Sono persona curiosa ed amante della trasparenza. Caparbio e tenace. Lettore. Pensatore. Sognatore. Da poco anche narratore di fatti e costumi che accadono o che potrebbero accadere nella nostra città. Ex triatleta in attesa di un radioso ritorno allo sport.

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