Accise e tasse ambientali

 
 

di Lorenzo Dalai

“Tasse ambientali, Italia seconda in Europa” è il titolo di una notizia pubblicata ieri sulla “Staffetta” che va decisamente controcorrente rispetto a quanti sostengono che l’Italia sarebbe in ritardo nell’introdurre le tasse ambientali, in primis la carbon tax. 

Ultimo tra costoro il Movimento5Stelle che nel programma energetico presentato la settimana scorsa in Parlamento sostiene che in Italia i combustibili fossili godono al contrario di elevati sussidi da parte dello Stato: più di 13 miliardi di euro l’anno derivanti da aiuti diretti e indiretti alla produzione, distribuzione e consumo di questi combustibili, prendendo per buoni i dati di Legambiente. 

Secondo gli ultimi dati Eurostat ripresi nella notizia di cui sopra, scopriamo invece che le “tasse ambientali” in Italia ci sono già e che nel 2014 avrebbero fruttato allo Stato ben 58 miliardi di euro e a pesare (82,2%) sarebbero state soprattutto le tasse sull’energia, in particolare quelle sulla benzina. 

Prendendo per buono quello che dice un regolamento Ue del 2011, che cioè queste tasse graverebbero su qualcosa che ha un “provato e specifico impatto negativo sull’ambiente”. Finora però puramente a titolo statistico nel caso in cui una tassa ambientale dovesse prima o poi essere introdotta in Europa: un’aspirazione di Bruxelles sempre frustrata. Anche perché, da che mondo è mondo le accise, che un tempo si chiamavano imposte di fabbricazione e/o di consumo, sono state sempre concepite dagli Stati come il sistema più semplice per fare cassa senza alcun riferimento all’impatto ambientale del bene su cui gravano, così come accade del resto per le sigarette. Nel caso dell’Italia, senza mai nemmeno lontanamente pensare che si tratti di una “carbon tax”. Se così fosse, infatti, a conti fatti le accise sui carburanti andrebbero probabilmente abbassate perché sproporzionate rispetto al danno ambientale che il bene tassato recherebbe all’ambiente.

Di certo una questione su cui sarebbe bene che intervenisse il ministero dell’Economia e delle Finanze per ottenere un chiarimento da parte della Commissione europea. Nell’attesa sarebbe ora di smetterla di raccontare la favola dei sussidi alla fonti fossili.

 
 

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