Speriamo sinceramente che, soprattutto in vista di un possibile ritorno di fiamma del contagio previsto per l’autunno, la modalità di gestione della sanità da parte della Regione Veneto divenga realmente più efficiente, efficace e trasparente.
Con una ‘fuga in avanti’, ovvero la delibera regionale di Venerdì 24 aprile, il Presidente del Veneto ha voluto rimarcare una sua certa indipendenza rispetto alle norme emanate dal governo e nel contempo far risaltare la sua buona gestione della crisi epidemica, anche rispetto alla Giunta lombarda presieduta da Attilio Fontana. In effetti Luca Zaia ha ben figurato nel confronto con il collega della vicina regione, ma non certo per meriti propri; il contenimento dell’epidemia nella nostra regione è da ascrivere alle capacità del Professor Crisanti, più che ad una avveduta gestione da parte di Palazzo Ferro Fini.
Nel contempo abbiamo verificato che Esiste un Piano pandemico nazionale redatto nel 2006 e aggiornato nel 2016, redatto su sollecitazione dell’OMS. In questo c’è l’indicazione di redigere analoghi piani regionali. Infatti esisteva un piano epidemico del Veneto del 2007, redatto con un’ottica più locale (si pensa ad epidemie derivanti dagli allevamenti animali ), senza aggiornamenti di contenuti né di responsabili.
Mai come in questi giorni vediamo come, per gestire la salute dei cittadini di fronte a rischi epidemici improvvisi, sia importante disporre di piani e strutture preparate ad individuare il pericolo e a gestire le fasi di sviluppo della malattia. Noi li avevamo, ma è evidente come in questa occasione siano stati disattesi. Forse pochissimi ne conoscono persino l’esistenza. Come spesso accade, facciamo gli annunci, redigiamo piani anche particolareggiati e poi ce ne dimentichiamo! Ad esempio nel piano nazionale sono previste esercitazioni e simulazioni per tarare le strutture. Non ne abbiamo sentito parlare.
Ora stiamo per passare alla fase due, quando i problemi più urgenti sembrerebbero risolti, ma non è così: a tutt’oggi i Dispositivi di Protezione non sono ancora disponibili in misura correlata con le esigenze, ci sono strutture che hanno ricevuto mascherine, camici, ecc. in modo discontinuo, altre invece in quantitativi sufficienti. Abbiamo notizie di carenze colmate grazie all’intervento di privati o di raccolte fondi, mentre abbiamo ancora personale sanitario infettato, con molti casi gravi e alcuni mortali, l’ultimo a Treviso dove è morto un Oss di 54 anni. Quest’ultima vicenda ha già innescato una serie di denunce e querele, poiché la direzione della struttura, dove questa persona prestava servizio, ritiene responsabile la locale Uls della mancata disponibilità di dispositivi di protezione e del conseguente contagio.
La vicenda avrà conseguenze anche per Verona, proprio perché a tutt’oggi, nonostante i ripetuti solleciti, la distribuzione dei materiali non avviene con la dovuta trasparenza. Sarebbe semplicissimo pubblicare un resoconto del materiale richiesto e delle consegne effettuate ad ogni singola struttura, ma questo non avviene. Ovviamente con una stretta correlazione rispetto al personale impiegato, alle persone ricoverate od ospitate. Perché? Nel Piano tutto questo era previsto, ma purtroppo finora non ne abbiamo notizia.
Giorgio Pasetto – Gruppo +Europa Verona
Lorenzo Dalai – Comitato Ritorno al Futuro