Da diciotto anni il Veneto resta stabilmente ai vertici della classifica nazionale del consumo di suolo, subito dietro la Lombardia, che però conta una popolazione quasi doppia. E ancora una volta è la provincia di Verona a fornire il contributo maggiore a questa distruzione di risorsa naturale, i cui tempi di rigenerazione – vale la pena ricordarlo – si misurano in secoli.
I numeri del 2024
Secondo i dati diffusi ieri da Ispra, nel 2024 in Veneto risultano impermeabilizzati 216.871 ettari di terreno (dato netto, al netto cioè dei ripristini), pari all’11,86% del territorio complessivo. Un incremento dello 0,34% rispetto al 2023, quando il suolo consumato ammontava a 216.216 ettari. A livello nazionale, la percentuale di suolo consumato si ferma al 7,17%.
Il primato negativo di Verona
Il Veronese, ancora una volta, guida la triste classifica regionale. Qui il suolo consumato è salito da 41.260 a 41.452 ettari, con un incremento dello 0,51%. A incidere sul dato, spiega Ispra, è stato anche un nuovo magazzino da 110 mila metri quadrati (11 ettari) costruito a Nogarole Rocca, territorio che in barba a ogni pianificazione pubblica è ormai diventato “il più grande polo logistico del Nordest”, dopo aver divorato 110 ettari di suolo negli ultimi 18 anni.
Incrementi annui e confronto nazionale
Nel 2024 il Veneto ha perso 655 ettari di suolo, più dei 609 dell’anno precedente. Peggio hanno fatto solo Emilia Romagna (870 ettari), Puglia (807) e Lazio (760), regioni che però partono da livelli molto più bassi e mostrano una capacità di ripristino del territorio ben superiore. La stessa Emilia Romagna, ad esempio, ha recuperato 143 ettari, contro i soli 75 del Veneto.
Veneto e Lombardia, inoltre, sono le regioni con la percentuale più bassa di consumo di suolo “reversibile” (cioè temporaneo, legato ad esempio all’installazione di pannelli solari): rispettivamente il 70,7% e il 79,9%, contro una media nazionale dell’84,5%.
Un modello di sviluppo disordinato
Numeri che, ancora una volta, testimoniano la natura disordinata e invasiva dello sviluppo urbanistico veneto, dominato dalla cementificazione intensiva. E mettono in luce l’inefficacia della legge regionale 14/2017 per l’azzeramento del consumo di suolo, definita ormai da più parti “un colabrodo”.
Nonostante l’entrata in vigore della legge, il consumo di suolo ha continuato a crescere: nel 2017, anno del provvedimento, si registrò un picco di 1.137 ettari consumati, più del doppio rispetto al Piemonte (537 ettari).
La serie storica
Dal 2012 al 2016 il Veneto consumava mediamente poco più di 500 ettari di suolo all’anno. Nel 2017, per la corsa a costruire prima di nuove restrizioni, il valore schizzò a 1.096 ettari. Nel 2018 furono 900, e tra il 2019 e il 2020 oltre 700 ettari l’anno. Dopo un relativo rallentamento tra 2021 e 2022 (560 ettari/anno), il trend è tornato a salire: 609 ettari nel 2023 e 655 nel 2024.
Le cause
Grandi opere infrastrutturali e impianti fotovoltaici contribuiscono in parte al fenomeno, ma è il settore della logistica e della grande distribuzione ad aver assunto un ruolo predominante: a livello nazionale, negli ultimi due anni, la logistica da sola ha “mangiato” circa 500 ettari di territorio ogni anno.
Le conseguenze
Il risultato è sotto gli occhi di tutti: bastano i primi temporali autunnali per mandare sott’acqua vaste aree altamente antropizzate, anche in campagna. Un territorio impermeabilizzato non assorbe, non drena, e scarica la propria fragilità su cittadini e ambiente.
Le proposte
«È ormai prioritario – afferma Michele Bertucco, candidato al Consiglio regionale veneto per Alleanza Verdi Sinistra – rivedere una legge piena di deroghe che vanifica ogni tentativo di pianificazione e offre sempre una scappatoia a chi vuole far cassa con il territorio a spese del futuro. Occorre invece potenziare gli interventi di rinaturalizzazione e sviluppare una politica regionale seria per i territori dove lo sviluppo incontrollato genera tensioni sociali, abitative, trasportistiche ed economiche. Il rischio è che i benefici dello sviluppo migrino altrove, lasciando sul posto solo i cocci dell’inquinamento e dell’inurbamento disordinato».







































