A Torri del Benaco, sulle orme degli Scaligeri, fino a Barbarani

 
 

Verona non è solo… Verona: il territorio provinciale è un caleidoscopio che passa dalla montagna alla collina alla campagna al lago, una serie di paesaggi e luoghi non meno ricchi di attrattive rispetto alla città. La stagione in corso vede protagonista il Garda, dunque esploriamo uno dei suoi paesi più noti, cercando gli angoli meno noti. Arrivando a Torri del Benaco, lo sguardo è subito calamitato dal castello, fatto edificare su un preesistente maniero dall’ultimo degli Scaligeri, Antonio della Scala (nel 1981, durante lavori per la sistemazione del castello, fu rinvenuta una lastra rosa di Prun, in cui è raffigurata una scala in rilievo con cinque gradini e una doppia “A”: il suo stemma); nel 1387 subentrarono i Visconti, poi i Da Carrara e infine la Repubblica di Venezia. Un “corredo” delizioso del castello è l’adiacente limonaia, del 1760, una delle poche ancora in attività.

La Gardesana dell’Acqua era una federazione di dieci comuni – Malcesine, Brenzone, Pai, Torri, Albisano, Garda, Costermano, Bardolino, Cisano e Lazise – costituita dagli Scaligeri, che ebbe concessa una forma di autonomia, riconosciuta dai successivi dominatori (i citati Visconti, Da Carrara e Venezia). Torri era sede del sindaco, Malcesine quella del Capitano
del Lago e della sua piccola guarnigione per mantenere l’ordine pubblico; tra i compiti, vi
era quello di contrastare le attività di contrabbando sul lago. Per quanto riguarda la sponda
orientale del Garda, forte era la subordinazione nei confronti della città di Verona (situazione
non analoga per la sponda occidentale) e i comuni della Gardesana erano gli unici a godere di qualche privilegio fiscale, a fronte del loro impegno difensivo e militare.
La Gardesana dell’Acqua fu soppressa dai Francesi nel 1802.

Nel 1444 a Torri nasceva Domizio Calderini, figlio di Antonio, notaio proprio della Gardesana
dell’Acqua, e di Margherita, figlia di Domenico Paese da Torri. La casa, un lungo edificio
che ancora oggi corre dalla piazzetta del porto – precisamente dalla
chiesetta della Santissima Trinità – fino al lago, sorgeva nell’omonima contrada dei Calderini.
Domizio divenne famoso umanista, apprezzato per le lezioni sui poeti latini tenute a Roma; la sua formazione in lettere greche e latine iniziò a Verona, proseguì a Venezia, poi a Roma, stimato e protetto da papa Paolo II e da dotti come il Poliziano. Lettore all’Università di Roma, dal 1470 cominciò la pubblicazione delle sue opere letterarie, commento di antichi autori (Marziale, Stazio, Giovenale, Ovidio), e completò l’emendamento delle “Tavole” di Tolomeo, opera di geografia che tradusse su incarico di papa Sisto IV.

La peste lo portò via a soli 34 anni, nel 1478; il padre fece realizzare il cippo funerario in piazza Calderini, accanto alla chiesetta, iscrivendovi:
“Domizio Calderini, quivi nato, fu avviato agli studi liberali in Verona. Partito per Roma, ricevette da Papa Sisto IV onori e compensi, dopo essersi assiso quale sovrano interprete delle lingue classiche presso l’accademia romana. Qui svelò ogni segreto degli oratori e dei poeti. Vittima della peste micidiale, la morte lo colse all’età di 34 anni. Il padre Antonio volle onorarlo con questa lapide”.

Lo stesso Poliziano – a Torri per ricercare antichi manoscritti nella biblioteca conservata dal nipote Paolo nei palazzi della Gardesana – in onore dell’amico lasciò un altro epitaffio sul retro della stele: “Fermati o viandante e rendi onore con i tuoi occhi, alla sacra polvere che l’onda del tumultuoso Benaco molesta. Qui la musa libertà trasforma sovente il medesimo alla stessa guisa della fonte di Sisifo e dei verdi boschetti del fiume Permesso: in questa terra Domizio emise sicuramente il primo vagito. E’ proprio lui quel dotto, proprio quello si sa, che brillantemente commentò alla gioventù di Roma, i suoi saggi, che svelò le meraviglie tratte dall’ispirazione dei poeti. Va o viandante devi ora abbastanza ai tuoi occhi”.

Lungo via Dante Alighieri si legge: “In questa casa visse e si spegneva settantenne Gregorio Rigo, garibaldino di Monte Suello e Bezzeca, farmacista e botanico insigne. La patria, Torri
del Benaco e i botanici veronesi esaltano l’uomo valoroso e buono, il troppo modesto studioso, porgono questo ricordo”: un altro illustre benacense, così come Giuseppe Nascimbeni, nato nel 1851, ordinato sacerdote nel 1874 e fondatore delle Piccole Suore della Sacra Famiglia. Angelo dall’Oca Bianca, veronese, si innamorò del paese, di cui divenne cittadino onorario nel 1925; dimorò all’hotel Gardesana, ove spesso s’incontrò
con l’amico poeta Berto Barbarani.

Attraversando il centro storico si giunge alla chiesa parrocchiale (primi anni del Settecento) e alla zona dell’antica cittadella fortificata (attuale Trincerò); una delle torri d’angolo è “firmata” da Berengario I, il re d’Italia che nel 905 la fece edificare insieme alle mura che cingono il paese e di cui rimangono resti nascosti fra le abitazioni: la minaccia da cui difendersi erano gli Ungari. Una epigrafe fu murata sul lato nord della torre racconta, dopo più di mille anni: “Berengario I, Re d’Italia, nei giorni 31 luglio e 1 agosto 905, fu a Torri e da qui, dieci giorni
dopo, riconquistato il regno, datava sei diplomi, oggi preziosa parte delle fonti per la storia d’Italia”.


In uno dei diplomi si trova per la prima volta il nome di Torri (Tulles), che allora dipendeva dalla contea di Garda; era capoluogo dei Tulliassi, come indicato nella Tabula Clesiana, una lastra di bronzo scoperta nel 1869 presso Campi Neri di Cles, in cui è riportato l’editto di Claudio, che nel 46 d.C. concesse cittadinanza romana agli Anauni, ai Sinduni e ai Tulliassi, popolazioni dell’alta valle dell’Adige. Oggi è conservata nel Museo del Castello del Buonconsiglio di Trento e il paese di Terzolas (TN) mantiene retaggio nel nome dei suoi abitanti, terzolasi o tulliassi.
 

 
 
Sono nata a Verona sotto il segno dei Pesci; le mie radici sono in Friuli. Ho un fiero diploma di maturità classica ed una archeologica laurea in Lettere Moderne con indirizzo artistico, conseguita quando “triennale” poteva riferirsi solo al periodo in cui ci si trascinava fuori corso. Sono giornalista pubblicista dell’ODG Veneto e navigo nel mondo della comunicazione da anni, tra carta, radio, tv, web, uffici stampa. Altro? Leggo, scrivo, cucino, curo l’orto, visito mostre, gioc(av)o a volley. No, non riesco a fare tutto, ma tutto mi piacerebbe fare. Corro contro il tempo, ragazza (di una volta) con la valigia.

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