Toponomastica: titolazione di vie e strade, facciamo chiarezza. L’ultima parola spetta al Prefetto (o al Ministro Interno)

 
 

Nel caos mediatico-politico che in questi giorni ha accompagnato la (forse) futura titolazione di una via, o altro, a Giorgio Almirante ed il diniego invece per pari atto nei confronti di Giorgio Gaber colgo l’occasione per fare alcune precisazioni normative a tal riguardo.

La toponomastica (il termine deriva dal greco topòs, “luogo”, e ònoma, “nome”) è la scienza che studia la denominazione delle aree destinate alla pubblica circolazione (vie, viali, piazze, larghi, giardini, et c.). Le ragioni che conducono all’attribuzione di un nome, anziché di un semplice numero, alle aree suddette sono, soprattutto, di ordine geografico, storico, culturale e sociale. E’ essenzialmente da tali ragioni che, infatti, scaturisce l’esigenza di tramandare nel tempo la memoria di determinati luoghi, persone o eventi, ritenuti particolarmente significativi dalla collettività.
Come è stato rilevato in letteratura: “La lettura della toponomastica di una carta che rappresenti una parte qualsiasi dell’Italia è solo in apparenza un’operazione sincronica. I toponimi che si trovano sullo stesso piano l’uno accanto all’altro hanno in molti casi origini diverse per profondità cronologica e appartenenza culturale: vanno quindi interpretati secondo una lettura stratigrafica che individui l’epoca storica, la società e l’etnia che li ha fissati. Nel caso dell’Italia si tratta di un’operazione resa complessa da quasi tre millenni di storia e spesso i toponimi rappresentano l’unica testimonianza ancora visibile di etnie e culture ormai cancellate dal tempo. Le testimonianze più remote sono quelle che appartengono ai sostrati precedenti alla diffusione del latino”[1].

Sotto il profilo giuridico, le competenze in materia di denominazione di nuove strade o piazze pubbliche, secondo quanto dispone l’art. 10  della Legge 24 dicembre 1954, n. 1228 (Ordinamento delle anagrafi della popolazione residente), sono prettamente comunali, e ciò si spiega agevolmente se si considera che il Comune è l’Ente territoriale di base, che rappresenta la propria comunità, ne cura gli interessi e ne promuove lo sviluppo (art. 3, c. 2, del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, Testo Unico delle Leggi sull’Ordinamento degli Enti Locali).

Alla scelta di attribuire un determinato nome, anziché un altro, non può che essere evidentemente attribuita natura politica considerata la fonte di provenienza della proposta, sottratta, come tale, al sindacato dell’autorità giudiziaria ordinaria ed amministrativa. Ad ogni modo, la materia è regolata da specifiche disposizioni normative, alcune delle quali risalenti agli anni della dittatura fascista, che si possono definire “compatibili con l’ordinamento repubblicano”, se si considera la delicatezza delle valutazioni (super partes) che, normalmente, dovrebbero sovrintendere all’intitolazione di una piazza o di una via, alle quali non si possono e si devono esimere,  in via di principio, le analisi preventive collegate alle risposte ed alle reazioni della collettività e, conseguentemente, all’ordine pubblico.

Lart. 1 L. 23 giugno 1927, n. 1188 (Toponomastica stradale e monumenti a personaggi contemporanei) dispone che l’attribuzione della denominazione a nuove strade e piazze pubbliche da parte dei Comuni è subordinata all’autorizzazione del Prefetto – che, rappresentando il Governo nell’ambito della provincia, è ritenuto l’organo più idoneo a conciliare le istanze delle collettività locali con l’interesse generale – udito il parere della Deputazione di Storia Patria o, ove questa manchi, della Società storica del luogo o della regione.

Più precisamente, l’amministrazione comunale deve presentare una richiesta al Prefetto, allegando la delibera della Giunta, concernente l’oggetto della richiesta stessa, la planimetria dell’area territoriale interessata ed il curriculum vitae della persona alla quale si intende dedicare l’area. Ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 2, 5 e 6 della L.1188/1927 nessuna strada o piazza può essere intestata a persona che non sia deceduta da almeno dieci anni. Tale disposizione non si applica, tuttavia, ai caduti di guerra o per causa nazionale, mentre al Ministro dell’Interno è, in ogni caso, conferita la facoltà di consentire la deroga al divieto di cui sopra, quando si tratti di persone che abbiano riportato benemerenze dalla Nazione.

Con la Circolare 29 giugno 1981, n. 7, che risente indubbiamente del particolare clima dei così detti “anni di piombo”, il Ministero dell’Interno aveva ritenuto necessario estendere in tutta la sua ampiezza il potere discrezionale riconosciutogli dalla legge in ordine alla facoltà di deroga. Pertanto, quest’ultima veniva subordinata a valutazioni inerenti all’opportunità politica dell’atto in considerazione dei “possibili e non trascurabili riflessi negativi nei commenti della pubblica opinione”. Il Dicastero giungeva alla conclusione che la deroga non poteva essere accordata qualora, a livello nazionale, si fosse riscontrata la sussistenza di “fondate controindicazioni”.

Successivamente con la Circolare n. 18 del 29 settembre 1992, il Ministero dell’Interno ha fornito specifiche direttive alle Prefetture, – uniche titolari, ripeto uniche, del sopradescritto potere di autorizzazione, a decorrere dal 1° gennaio 1993, – circa la facoltà del rilascio delle autorizzazioni per intitolazioni di vie, piazze, monumenti e lapidi, scuole ed aule scolastiche o altri luoghi pubblici a persone che siano decedute da meno di dieci anni. Ciò sulla base della ben diversa considerazione che tali autorizzazioni implicherebbero, prevalentemente, valutazioni rientranti nella competenza dell’autorità prefettizia quale responsabile, a livello provinciale, dell’ordine e della sicurezza pubblica, ai sensi dell’art. 13 L. 121/1981.

Pertanto, da tale data, i Prefetti provvedono direttamente a concedere la deroga al divieto di cui all’art. 4 L. 1188/1927: circostanza che ha reso, certamente, più semplice e veloce il relativo iter procedimentale.

In ultimo è intervenuta la Circolare 10 febbraio 1996, n. 4 (Intitolazione di scuole, aule scolastiche, vie, piazze, monumenti e lapidi) che ha “richiamato l’attenzione dei sindaci sulla corretta applicazione delle disposizioni legislative e regolamentari – che rispondono a precise esigenze di ordine pubblico – evitando, inoltre, il ricorso generalizzato e frequente al mutamento dei toponimi esistenti (…)”.

Ai Prefetti è, comunque, riconosciuta la possibilità di sottoporre all’attenzione del Ministero dell’Interno, ai fini della decisione definitiva, i casi in cui, per fondati motivi di ordine pubblico, non ritengano di rilasciare il provvedimento autorizzatorio.        

In sintesi: l’ultima parola spetta al Prefetto di Verona Donato Cafagna o in caso di fondati motivi di ordine pubblico al Ministero dell’Interno Luciana Lamorgese.

Nel caso il Prefetto od il Ministro rilasciassero il nulla osta sarà indicativo leggere la motivazione didascalica che accompagnerà il nome “Giorgio Almirante” sulla targa della via.

Alberto Speciale

 

[1]. NOCENTINI, Toponimi italiani: origine ed evoluzione, in www.igmi.org. Cfr., al riguardo, anche PELLEGRINI G. B., Toponomastica italiana, Milano, Hoepli, 1990, passim. 

 
 
Classe 1964. Ariete. Marito e padre. Lavoro come responsabile amministrativo e finanziario in una società privata di Verona. Sono persona curiosa ed amante della trasparenza. Caparbio e tenace. Lettore. Pensatore. Sognatore. Da poco anche narratore di fatti e costumi che accadono o che potrebbero accadere nella nostra città. Ex triatleta in attesa di un radioso ritorno allo sport.

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