TAR Torino, concessione suolo pubblico: ragionevole la preventiva richiesta di ripudio del fascismo

 
 

È ragionevole che l’amministrazione comunale richieda, per la concessione di spazi pubblici per propaganda politica ed elettorale, una dichiarazione di impegno al rispetto dei valori costituzionali e, in particolare, di ripudio del fascismo e nazismo e di adesione ai valori dell’antifascismo.

E’ decisamente interessante, oltre che attuale, la sentenza del TAR di Torino nella quale i giudici analizzano il delicato e complesso confine tra i diritti ed i doveri sanciti e riconosciuti dalla Costituzione italiana ai propri cittadini.

A seguito del ricorso di una componente dell’associazione Casapound, con la Sentenza n. 447 del 18 aprile 2019 la seconda sezione del TAR del Piemonte, ha riconosciuto la legittimità del Regolamento comunale del Comune di Rivoli che subordina il rilascio di una concessione di suolo pubblico ad una dichiarazione di “antifascismo”.

E’ stato ritenuto lecito che, il Comune di Rivoli, a fronte di istanze di concessione del suolo pubblico o di utilizzo di spazi e sale di proprietà comunale, richieda la presentazione da parte dei richiedenti di una dichiarazione espressa del seguente testuale tenore:

“Il sottoscritto (…) dichiara (…):

– “di ripudiare il fascismo e il nazismo;

– di aderire ai valori dell’antifascismo posti alla base della Costituzione repubblicana, ovvero i valori di libertà, di democrazia, di eguaglianza, di pace, di giustizia sociale e di rispetto di ogni diritto umano, affermatisi nel nostro Paese dopo una ventennale opposizione democratica alla dittatura fascista e dopo i 20 mesi della Lotta di Liberazione dal nazifascismo; (…)”.

L’esponente del partito di estrema destra deduceva l’illegittimità del Regolamento per violazione degli articoli 2, 3, 17, 18 e 21 della Costituzione in materia di tutela dei diritti fondamentali, di eguaglianza, diritto di riunione, di associazione, di manifestazione del pensiero e di associazione in partiti politici.

Secondo l’impostazione del ricorrente tali principi costituzionali non consentirebbero di subordinare l’esercizio dei diritti civili e politici a dichiarazioni di adesione ai valori dell’antifascismo, ai valori repubblicani e a quelli della Resistenza: la libera manifestazione del pensiero e il “foro interno” di ciascun cittadino non possono essere coartati attraverso l’obbligo di adesione a valori predeterminati, secondo modelli tipici dei regimi totalitari.

Il TAR torinese replicava che i valori dell’antifascismo e della Resistenza e il ripudio dell’ideologia autoritaria propria del ventennio fascista sono valori fondanti la Costituzione repubblicana del 1948.

E ciò non solo perché l’antifascismo è sotteso implicitamente all’affermazione del carattere democratico della Repubblica italiana e alla proclamazione solenne dei diritti e delle libertà fondamentali dell’individuo, ma anche perché affermato esplicitamente sia nella XII disposizione transitoria e finale della Costituzione, che vieta la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista, sia nell’art. 1 della legge Scelba n. 645 del 20 giugno 1952.

La legge Scelba, nel dare attuazione alla XII disposizione transitoria, ha individuato come manifestazioni esteriori di ricostituzione del partito fascista il perseguire finalità antidemocratiche proprie del partito fascista attraverso, tra l’altro, la minaccia o l’uso della violenza quale metodo di lotta politica, il propugnare la soppressione delle libertà costituzionali, lo svolgere propaganda razzista, l’esaltare principi, fatti e metodi propri del predetto partito, il compiere manifestazioni esteriori di carattere fascista e il denigrare la democrazia, le sue istituzione o i “valori della Resistenza”. 

Secondo la sentenza, i principi dell’antifascismo affermati nelle predette norme, costituzionali e non, costituiscono un limite alla libertà di manifestazione del pensiero, di riunione e di associazione degli individui.

Le libertà di cui sopra, quindi, non possono esplicarsi in forme che denotino un concreto tentativo di raccogliere adesioni ad un progetto di ricostituzione del disciolto partito fascista.

In materia di propaganda politica ed elettorale e di concessione di spazi pubblici, è necessario che l’amministrazione operi un bilanciamento di interessi tra quello all’utilizzo pubblico da parte della collettività e quello all’utilizzo da parte di una sola parte politica.

La legge, in particolare, non predetermina le finalità in vista delle quali può essere attribuito a privati l’uso esclusivo del suolo pubblico, ma rimette ai Comuni il potere di regolamentarle e valutarle caso per caso, in funzione della meritevolezza dell’interesse perseguito e della sua idoneità a giustificare la sottrazione temporanea del bene pubblico all’utilizzo collettivo.

Pertanto è ragionevole, si legge nella sentenza, che allorquando si richieda di esercitare attività di propaganda in spazi pubblici, sottraendoli, sia pure temporaneamente, all’uso pubblico per destinarli all’utilizzo privato, non appare irragionevole che l’amministrazione richieda, al fine di valutare la meritevolezza dell’interesse dedotto, una dichiarazione di impegno al rispetto dei valori costituzionali.

In particolare, è ragionevole che l’interesse del privato sia meritevole se si impegna al rispetto dei limiti costituzionali alla libera manifestazione del pensiero connessi al ripudio dell’ideologia autoritaria fascista e all’adesione ai valori fondanti l’assetto democratico della Repubblica italiana, quali quelli dell’antifascismo e della Resistenza.

Nel caso di specie oggetto della decisione, la ricorrente aveva richiesto all’amministrazione comunale, “quale attivista e delegata” dell’associazione “Casapound Italia”, la concessione del suolo pubblico nella via Fratelli Piol (peraltro, una via pubblica di forte valenza evocativa, perché intestata a martiri della Resistenza e dell’antifascismo), per svolgere attività di propaganda politica.

Tuttavia, alla richiesta dell’amministrazione di rendere la dichiarazione di impegno predisposta dalla giunta comunale, ne ha resa una diversa, nella quale ha solamente dichiarato di riconoscersi nei valori della Costituzione, di non voler ricostruire il disciolto Partito Fascista, di non voler effettuare propaganda razzista o comunque incitante all’odio”, nonché“di impegnarsi a rispettare tutte le leggi ed i regolamenti del nostro ordinamento giuridico”Pertanto l’esponente di Casapound ha omesso, volutamente, la parte di dichiarazione relativa al “ripudio del fascismo e del nazismo” e all’adesione “ai valori dell’antifascismo”.

Tuttavia, secondo i giudici torinesi, dichiarare di aderire ai valori della Costituzione, ma nel contempo rifiutarsi di aderire ai valori che alla Costituzione hanno dato origine e che sono ad essa sottesi, come l’antifascismo, significa vanificare il senso stesso dell’adesione, svuotandola di contenuto e privandola di ogni valenza sostanziale e simbolica.

Alla luce di quanto sopra, il TAR non ha ritenuto censurabile il comportamento del Comune che, a fronte dell’assenza di un effettivo impegno della ricorrente al rispetto dei valori costituzionali dell’antifascismo, ha ritenuto insussistenti i presupposti di interesse pubblico per la concessione di spazi pubblici per finalità private di propaganda politica.

Alberto Speciale

 

 
 
Classe 1964. Ariete. Marito e padre. Lavoro come responsabile amministrativo e finanziario in una società privata di Verona. Sono persona curiosa ed amante della trasparenza. Caparbio e tenace. Lettore. Pensatore. Sognatore. Da poco anche narratore di fatti e costumi che accadono o che potrebbero accadere nella nostra città. Ex triatleta in attesa di un radioso ritorno allo sport.

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