Stimolazione “dolce” e non invasiva per aiutare i malati di Parkinson

 
 

Esiste una maniera “dolce” per stimolare in maniera non invasiva le parti di cervello che il Parkinson tende progressivamente a rallentare e per dare beneficio ai malati, quasi senza causare effetti collaterali. Ne parlerà la neurologa Francesca Cortese, dirigente medico dell’Ospedale Fracastoro di San Bonifacio, nell’incontro promosso sabato 17 marzo (dalle 10 alle 13) dall’Unione Parkinsoniani Verona presso la sala Barbarani di via Bertoni 4/6.

«Accanto alle tecniche di stimolazione invasiva, che prevedono l’impianto chirurgico di elettrodi di stimolazione nei nuclei cerebrali profondi, negli ultimi anni si sta diffondendo l’utilizzo sperimentale di tecniche di stimolazione non invasiva per il trattamento della malattia di Parkinson in combinazione con la terapia farmacologica», premette.

Le metodologie più adottate si avvalgono di campi magnetici o campi elettrici, al fine di modificare l’eccitabilità di alcune aree cerebrali e determinare il miglioramento clinico dei pazienti a breve-medio termine dopo sedute di stimolazione praticate in ambiente ospedaliero da personale medico.

«Sono in corso studi clinici per testare l’efficacia di sedute ripetute di stimolazione cerebrale per migliorare alcuni aspetti motori e non motori in diverse patologie neurodegenerative cerebrali, tra cui la malattia di Parkinson – spiega Cortese –. I risultati ottenuti sembrano promettenti, tuttavia sono necessari studi clinici più ampi, randomizzati e controllati per definire l’efficacia a medio-lungo termine di tali tecniche di neuromodulazione cerebrale».

Nel parkinsoniano la riabilitazione interviene dove la terapia farmacologica sintomatico-sostitutiva della dopamina, il mediatore chimico carente nel malato di Parkinson, non è in grado di risolvere i sintomi cardine della patologia: il progressivo disturbo posturale responsabile di frequenti cadute, le difficoltà a camminare, la disfagia, l’ipofonia.

Se attuati precocemente, evidenzia il presidente dell’Unione, Gianluigi Veronesi, «gli interventi riabilitativi rappresentano una fondamentale risorsa nell’attenuare e ritardare le conseguenze della disabilità e la gravità dell’handicap. A tal proposito da settembre l’Unione Parkinsoniani Verona ha attivato un progetto per fornire ai pazienti un servizio di attività motoria riabilitativa domiciliare. Consiste in esercizi finalizzati a ristabilire postura, passo, trasferimenti posturali; sono previsti inoltre trattamenti di logopedia per aiutare voce e disfagia».

Il servizio si rivolge a malati in fase avanzata, non più in grado di seguire attività motoria di gruppo nelle sedi dedicate, in possesso di documentazione clinica e visita neurologica con test di gravità.

 
 

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