Nei giorni scorsi, la Guardia di finanza di Verona ha denunciato a piede libero una persona che si sarebbe resa responsabile di «manovre speculative su merci» per aver commercializzato oltre 350 mila mascherine con un ricarico tra il 200 e il 400 per cento.
Più in dettaglio, i finanzieri della Compagnia di Verona hanno segnalato alla Procura della Repubblica scaligera il titolare di un’attività commerciale operante nel veronese che riforniva mascherine sanitarie alcune farmacie della provincia veronese e di altre Regioni d’Italia (Lombardia, Veneto e Sicilia).
Le attività investigative hanno preso spunto da una mirata «analisi di rischio» rivolta a individuare eventuali «elementi di criticità» tra i fornitori (cosiddetti «grossisti») di farmacie per i suddetti dispositivi di protezione individuale (DPI).
Nel procedere a tali approfondimenti è emerso che il titolare di una società (operante nel settore delle dotazioni antincendio) che solo recentemente aveva intrapreso il commercio di mascherine e che aveva notevolmente incrementato il proprio volume d’affari proprio grazie alle vendite effettuate alle farmacie (sul punto, si consideri che la società ha visto moltiplicare i propri ricavi di circa 6 volte, passando da circa 360 mila euro del 2019 a oltre 2 milioni di euro con la sola vendita delle mascherine riferite ai mesi di marzo e aprile del 2020).
L’attività svolta è riconducibile a quella di un vero e proprio broker che si poneva da intermediario per il commercio di ingenti quantità di mascherine (si evidenzia che dal 27 febbraio 2020 sono state commercializzate oltre 350 mila mascherine).
I preliminari accertamenti svolti hanno permesso, in particolare, di appurare che l’azienda si era rifornita di mascherine sanitarie da società italiane ed europee mediante diverse forniture, per la maggior parte provenienti da produzioni cinesi, che sono poi state rivendute a numerose farmacie con un ricarico medio tra il 200 e il 400 per cento.
La vendita delle mascherine è avvenuta nel pieno del periodo emergenziale approfittando della particolare contingenza del mercato, causato dal diffondersi del virus COVID-19.
In sede di perquisizione sono state rinvenute e sottoposte a sequestro circa 13.000 «mascherine chirurgiche» e 22.000 del tipo «KN95» (l’equivalente cinese dell’omologazione europea corrispondente al livello di protezione «FFP2»).
L’ipotesi di reato contestata è quella contemplata dall’art. 501 bis del codice penale «manovre speculative su merci», che prevede la reclusione da sei mesi a tre anni e la multa da 516 euro a 25.822 euro.
I finanzieri, coordinati dalla Procura della Repubblica di Verona, sono impegnati a ricostruire la filiera di approvvigionamento e di distribuzione al fine di tratteggiare compiutamente le transazioni dalla loro origine e di quantificare, eventualmente, guadagni ottenuti in maniera non regolare.
Tale condotta (quantità di mascherine commercializzata e ricarico del prezzo praticato) ha causato una palese distorsione del mercato, influenzando il prezzo finale di vendita al pubblico delle mascherine in maniera rilevante anche alla luce del numero di farmacie interessate.