Riceviamo e pubblichiamo la nota di Potere al Popolo.
“Negli ultimi giorni la stampa si è dedicata alle notizie riguardanti le martoriate Fondazioni Lirico Sinfoniche italiane, con particolare riferimento ad una recente disposizione ministeriale che obbligherebbe le fondazioni alla immediata trasformazione dei contratti a termine dei lavoratori precari, in ottemperanza ad una recente sentenza della Corte Europea. All’oggi a Firenze e Venezia i contratti a termine sono già stati interrotti, mentre all’ Arena di Verona il rischio è che non vengano rinnovati a dicembre, compromettendo così la ripresa della normale attività, ad oggi sospesa.
A mezzo stampa le parti datoriali difendono le proprie posizioni a riguardo, paventando il collasso economico delle Fondazioni che incapperebbero nel declassamento previsto dall’articolo 24 della legge 160, con il rischio di un conseguente rischio di riduzione dei fondi che potrebbe portare, in casi estremi, anche al fallimento della Fondazione stessa. Si cita poi, in maniera non del tutto appropriata a nostro avviso, il Decreto detto Dignità, recentemente emanato dal governo, che vincola a soli 24 mesi la possibilità di utilizzo dei contratti a termine. Ma noi riteniamo che in questa vicenda il Decreto Dignità abbia una relazione piuttosto superficiale e vi spieghiamo il perché.
Nel corso degli ultimi vent’anni, nonostante l’alternanza di diversi ministri ai Beni Culturali, le disastrose gestioni delle Fondazioni, distinguendosi per incapacità e clientelarismo politico, hanno pervicacemente inseguito il mito della precarizzazione della forza lavoro, e della vessazione dei lavoratori cosiddetti “stabili”, fino ad utilizzare l’arma dello svilimento della loro professionalità a mezzo stampa, con il solo risultato di erodere enormemente i diritti dei lavoratori, senza che mai questa operazione abbia portato il benché minimo beneficio economico alle Fondazioni, per non parlare del costante declino artistico e qualitativo, dovuto alle condizioni di lavoro sempre più proibitive. E ormai chiaro quanto questa operazione sia stata un suicidio per le Fondazioni, volte a deprezzare il loro stesso prodotto.
In seguito ad un quindicennio di abusi, i lavoratori delle Fondazioni hanno iniziato ad aprire vertenze giuridiche e, non senza fatica, a vincerle.
Una di queste vertenze giunge alla Corte Europea che con sentenza del 25/10/2018, stabilisce che la reiterazione ad oltranza dei contratti a termine per i dipendenti delle Fondazioni Lirico Sinfoniche è illecita e che si dovrà procedere alla trasformazione di questi contratti in tempo indeterminato. Non proibisce in alcun modo l’uso di contratti a termine, ma solo l’abuso di questi che, semplificando, per legge devono avere carattere di eccezionalità e specificità.
La soluzione sarebbe semplicemente quella di agire all’interno delle regole, sanare le piante organiche ministeriali e avviare stagioni teatrali stabili, annuali e produttive. Resterebbe il nodo delle coperture economiche, certo, ma la trasformazione dei teatri in aziende, così ricercata negli ultimi anni, dovrebbero prevedere figure apicali all’altezza…
La realtà e evidentemente molto diversa.
Particolarmente emblematico è il caso della Fondazione Arena di Verona che ad oggi appare totalmente abbandonata a se stessa, gestita in modo grottesco da rappresentanti di amministrazioni comunali che sembrano tendere allo smantellamento di un teatro che, quasi da solo, porta sulla ribalta internazionale una città pericolosamente sull’orlo di un marginale provincialismo. Eppure la Fondazione e i suoi lavoratori vengono percepiti dalla città come qualcosa di folcloristico nel suo periodo più produttivo, in estate e vistosamente mal tollerati in inverno, periodo in cui per l’amministrazione il teatro dovrebbe sparire per far posto a chissà quali compagini mercenarie e rigorosamente a poco prezzo, senza nessuna attenzione a quello per cui si chiede di pagare un biglietto al pubblico, né tantomeno alla tradizione teatrale di una città, anche se fortemente identitaria.
Per porre fine allo sfruttamento delle lavoratrici e dei lavoratori, per ridare dignità al loro lavoro e per consentire all’intera cittadinanza di godere di un patrimonio che è di tutti, Potere al popolo! chiede che lo Stato e la Regione Veneto – che a norma degli articoli 9 e 117 della Costituzione devono tutelare il patrimonio storico e artistico della nazione – intervengano per riportare integralmente la Fondazione Arena sotto controllo pubblico, ascoltando le voci insistenti di quei lavoratori e lavoratrici che da troppo vengono vessati da contrattazioni al ribasso e la cui ragioni sono invece taciute. Solo eliminando dalla Fondazione la logica privatistica, la stessa che ha permesso l’eliminazione del prestigioso corpo di ballo della Fondazione in previsione di future esternalizzazioni più ampie, si potrà assicurare l’assunzione in pianta stabile di tutti i dipendenti precari e si potrà assicurare la continuità e la qualità degli spettacoli, rendendoli contemporaneamente alla portata di tutte e di tutti”.