Pendolari, tra le dieci linee ferroviarie peggiori d’Italia la Verona-Rovigo

 
 

Un rapporto che ogni anno racconta il cambiamento, in termini di quantità e qualità, dei treni in circolazione e di conseguenza degli effetti sulla vita quotidiana dei pendolari di tutta Italia. Perché i disagi per i cittadini sono ancora rilevanti da Sud a Nord: in troppe aree del Paese i treni, anno dopo anno, si riducono; i tempi di percorrenza si allungano, con la conseguenza che sempre più persone abbandonano questa modalità di trasporto perché trovano convogli sempre più affollati, vecchi e con continue cancellazioni. Il risultato è che molti sono così costretti a spostarsi in auto o pullman con evidenti ripercussioni anche sull’inquinamento delle nostre città. A completare la classifica delle 10 linee peggiori, che nel complesso coinvolgono oltre 3 milioni di pendolari, troviamo tratti ferroviari che coinvolgono tutta la Penisola: la Milano-Chiasso, la Torino-Chivasso-Ivrea-Aosta, la Genova-Ovada-Acqui Terme, la Verona-Rovigo, la Terni-Sansepolcro, la Battipaglia-Potenza-Metaponto, la Agrigento-Palermo.

Il rilancio della mobilità su ferro nelle città e la condizione che vivono i pendolari devono diventare una priorità dell’agenda politica nazionale. Al nuovo ministro dei Trasporti Paola De Micheli Legambiente chiede di dedicare ai pendolari almeno la stessa attenzione che ha messo in questi mesi per il rilancio dei cantieri delle grandi opere. Servono risorse – e purtroppo in Legge di Bilancio non ci sono ne per aumentare i treni pendolari ne per compararne di nuovi – ma anche scelte radicali e a costo zero a difesa di centinaia di migliaia di persone che ogni giorno prendono il treno in situazioni di degrado inaccettabili. La situazione che si vive da dieci anni sulle tre linee peggiori d’Italia è inaccettabile, è la conseguenza di drastici tagli e di disattenzione al servizio, e purtroppo si continua ad ascoltare solo promesse mentre il numero di passeggeri è diminuito fino al 30%.

La classifica di Legambiente evidenzia come su alcune linee ed in alcune città, purtroppo, la situazione sia peggiorata e manca persino la speranza che qualcosa cambi. Eppure, da queste criticità si dovrebbe partire per rilanciare l’offerta di trasporto pubblico su ferro, con beneficio in termini di meno inquinamento e meno congestione nelle nostre città, ma anche di qualità della vita e ridotta spesa per le persone. Il nostro Paese ha, infatti, bisogno di aumentare sensibilmente il numero di passeggeri che viaggiano in metro e in treno, se vuole migliorare la qualità dell’aria e ridurre le emissioni di CO2 come previsto dall’Accordo di Parigi. Non solo, è questo tipo di progetti che saranno al centro dei finanziari del Green New Deal europeo, ma da noi si parla solo di grandi opere.

Linea Verona-Rovigo

In decima posizione troviamo anche quest’anno la linea Verona-Rovigo, l’unica per il Veneto. Troppo poco è stato fatto perché, su questa tratta ferroviaria di 96,6 km che collega due capoluoghi di provincia ed uno snodo importante come quello di Legnago, il servizio vede ancora il passaggio solamente di 12 coppie di treni al giorno mentre nel 2012 se ne contavano 14. La linea è gestita da Sistemi Territoriali, azienda controllata dalla Regione del Veneto, ed è a binario unico se non per due piccoli tratti (per un totale di 15 km). I problemi segnalati da studenti, lavoratori e turisti, sono sempre gli stessi: poche corse, mezzi obsoleti, ritardi ed abbandono delle piccole stazioni spesso sprovviste perfino delle tabelle che indicano gli orari. Per fare un confronto con il passato, 17 anni fa il treno più veloce ci mettevo 1 ora e 25 minuti, oggi impiega 16 minuti in più. I problemi sono davanti agli occhi di tutti con tempi di percorrenza lunghi (55 km/h di media) e l’inadeguatezza dell’infrastruttura, ancora non elettrificata. Anche nel corso del 2019, in special modo con l’introduzione dell’orario estivo, si sono verificati disagi, con alcune corse tagliate (sette complessive) e, di conseguenza, treni sovraffollati. La Regione aveva promesso l’arrivo di 10 nuovi convogli per il 2019 mentre ne sono arrivati solamente 2 ad inizio anno, treni regionali veloci, che però senza il completamento dell’infrastruttura sono ancora alimentati a diesel. Alcuni miglioramenti sono stati registrati anche per l’indice di gradimento sulla qualità percepita cha dall’84,7% è passato al 91,5%, riferito in particolare alla puntualità ed alla pulizia dei treni regionali. Molto da fare rimane per rendere il servizio davvero efficiente, veloce e competitivo nei confronti della gomma.

Il linea generale un dato positivo indubbiamente c’è: si riduce l’età dei treni in circolazione. Continua infatti la dismissione dei convogli più vecchi in molte regioni, con l’età media arrivata a 15,4 anni rispetto al 2017 (quando il dato era di 16,8), grazie al trend iniziato negli scorsi anni con l’immissione di nuovi convogli da parte di Trenitalia. Il miglioramento è avvenuto soprattutto al Nord e al Centro, dove è diminuita l’età media ed il numero di treni con più di quindici anni di età per l’immissione di nuovi convogli e di dismissione di quelli più vecchi. In Puglia, Campania, Sicilia e Sardegna si vedranno miglioramenti nei prossimi anni grazie agli investimenti programmati nei Contratti di Servizio con Trenitalia..

La seconda, grande, questione riguarda il numero di treni in circolazione. Purtroppo, malgrado negli ultimi dieci anni i pendolari siano aumentati passando da 2,7 a 2,9 milioni sui treni regionali (+7%), il numero di treni in circolazione nelle regioni è aumentato solo dell’1,1%.

In molte regioni l’unica azione intrapresa come conseguenza di questi tagli è stata, infatti, l’aumento delle tariffe (in ben 16 regioni) o il taglio nei collegamenti (in 13 regioni): dal 2010 al 2019 il costo per i pendolari è aumentato notevolmente senza che a questo corrispondesse un cambio dell’offerta in termini di qualità e quantità. Anzi, si registrano punte del 48% di incremento in Campania (a fronte di un taglio ai servizi del 15%), Liguria e Piemonte (con un taglio però più contenuto, rispettivamente del 4,8% e dello 0,4%). E ci sono anche situazioni al limite come in Molise, dove il capoluogo Campobasso non ha più collegamenti ferroviari con il mare perché è stata messa fuori esercizio la linea per Termoli.

Buone notizie arrivano, invece, finalmente dai treni Intercity: il 2018 ha visto segnare un +5,9% in termini di offerta, rispetto all’anno precedente, recuperando i tagli che hanno colpito i convogli a lunga percorrenza a partire dal 2009. 

 
 

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