Parco della Lessinia: un boccone avvelenato?

 
 

Certo, è stata decisiva la spallata portata domenica 26 dalle migliaia di cittadini veneti che hanno manifestato contro la proposta Montagnoli-Valdegamberi di ridurre la superficie del parco della Lessinia.

Ma era proprio necessario? Sì, se si pensa alla irragionevolezza dei presentatori che ritenevano di poter furbescamente manomettere il parco, utilizzando l’inganno verso allevatori e contadini: tagliamo il parco e i vostri problemi saranno risolti.

E sembra ancora improntata alla furberia l’affermazione di Valdegamberi che la superficie aumenta di 50 ettari. Per poterla prendere per buona occorrerebbe cancellare l’art. 12 bis della legge istitutiva del parco, che permette di ricavare le aree contigue all’interno del perimetro attuale.

Furberia che Zaia conferma esibendo gli stessi ettari in più senza dire chiaramente che la superficie del parco resterà invariata senza le aree contigue. Non ci stancheremo mai di dire, per questo, che le aree contigue non sono parco.

Le associazioni ambientaliste avevano offerto, nell’audizione in commissione consiliare, numerose ragioni, avallate da dati, per non ascoltare le sirene della cattiva politica. La maggioranza aveva tirato diritto pensando di poter contare sull’acquiescenza dei cittadini. Gli è andata male per diecimila ragioni.

Ora è il tempo di ricominciare a ragionare, e a ben amministrare. In passato il Piano per il contenimento dei cinghiali era stato avviato dal Parco, ma poi era stato boicottato dagli stessi consiglieri che avevano anteposto, nel 2013, le baruffe di schieramento, ritardando di anni l’attuazione del piano.

Oggi è indispensabile che il Parco resti intatto e che si cominci a mettere mano alle Norme di Attuazione che già nel 2010 si cominciavano a ridiscutere ma che poi, colpevolmente, furono abbandonate.

Va immediatamente approvata la Valutazione Ambientale Strategica, imposta nel 2015 e arrivata faticosamente al termine nel 2020.

Il compito della buona amministrazione passa al Direttivo, al Presidente del Parco. Essi vanno messi al riparo da agguati e furbate (come accaduto ripetutamente in passato) e posti di fronte alle scelte di garantire la conservazione delle buone condizioni ecologiche e naturalistiche, oltre alla vita economica delle imprese, all’evoluzione del mondo agricolo verso forme di coltivazione e allevamento ecosostenibili, le uniche che possano garantire accessi a fonti di finanziamento costanti.

Proposte che non ci è mai stato concesso di presentare e discutere, per la boria di chi oggi è costretto ad ammainare bandiera.

Ma in particolare il turismo va condotto verso iniziative che privilegino la destagionalizzazione e dimentichino il turismo del passato, verso cui si hanno ancora tentazioni anacronistiche, come la Delibera 77/2019 della Provincia di Verona che, cieca di fronte al cambiamento climatico che esclude neve durevole alle quote di S. Giorgio, cieca di fronte alle vicende finanziarie recenti e lontane, vuole attivare le procedure per identificare un concessionario del comprensorio sciistico. C’è da pensare che in Amministrazione Provinciale si cammini con la testa rivolta all’indietro, abbagliati dai soldi di investimenti per improbabili strutture sportive, destinate al decadimento, proprio come i “casermoni” di S. Giorgio.

Legambiente Verona

 
 

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