Oggi presso la Biblioteca Civica di Verona alle ore 10.30 si è tenuto il primo evento cittadino dedicato alla Dipendenza digitale riservato alle scuole secondarie di primo grado.
Sala Farinati gremita di ragazze e ragazzi degli istituti Seghetti e Le Stimate per parlare di
Nomofobia: sofferenza legata al non avere il telefono cellulare a portata di mano e alla paura di perderlo, paura di non essere online e rintracciabili
Una recente ricerca (Chaelin & al., 2018) collega un uso eccessivo dello smartphone e di altri device multimediali come il tablet con il disturbo da iperattività e deficit di attenzione (ADHD, dall’inglese Attention deficit hyperactivity disorder).
Nomofobia (abbreviazione della frase no-mobile phobia): è la parola che descrive la sofferenza transitoria legata al non avere il telefono cellulare a portata di mano e alla paura di perderlo. Si accompagna a questo la sensazione di panico che coglie all’idea di non essere rintracciabili, la necessità di un costante aggiornamento sulle informazioni condivise dagli altri e la consultazione del telefono in ogni momento e in ogni luogo.
Per descrivere questo fenomeno è stato coniato un nome, Nomofobia (Sindrome da Disconnessione), ed è composto dal prefisso anglosassone abbreviato no-mobile e dal suffisso fobia e si riferisce alla paura di rimanere fuori dal contatto di rete mobile.
Una delle caratteristiche della nomofobia è proprio quella sensazione di panico che coglie all’idea di non essere rintracciabili. Si accompagna a questo la necessità di un costante aggiornamento sulle informazioni condivise dagli altri e la consultazione del telefono in ogni momento e in ogni luogo, anche quelli più intimi come il bagno, la camera da letto o lo spazio di una seduta in terapia. Insomma, siamo sempre connessi, e viviamo nel timore di disconnetterci.
Nella persona con nomofobia s’instaura la sensazione di perdersi qualche cosa se non si controlla costantemente il cellulare e il rischio è che si inneschi un meccanismo di dipendenza, del tutto analogo a una tossicodipendenza.
Quando si entra nel circolo vizioso della nomofobia, si ha sempre bisogno di aumentare il dosaggio quindi si mettono in atto una vasta gamma di comportamenti disfunzionali come stare più tempo al telefono, aspettare la risposta dell’altro (magari sollecitandolo), vedere che cosa accade agli amici nei diversi social network, commentare e condividere, non spegnere mai il dispositivo neanche nelle ore notturne, svegliarsi di notte e controllare che non sia cambiato niente, portarsi lo smartphone in luoghi non appropriati (es. bagno, chiesa ecc), esattamente come accade con droghe e alcol.
Sono intervenuti
Assessora Elisa La Paglia
Politiche educative e scolastiche, Biblioteche, Edilizia scolastica, Salute e servizi di prossimità
Francesco Chiantera
Curatore Museo della radio
Guglielmo Marconi
Giada Stefanelli/ Laura Bogoni
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26 anni che dopo essere stata affianco ad un amico, Dylan , malato terminale (che ha affrontato la malattia in un modo straordinario) che ci ha lasciato circa un anno fa e alla sua mamma : ha capito che nella vita non bisogna voltare le spalle alle sofferenze ma accoglierle e capire gli insegnamenti dati da quest’ultime.
Grazie a questo e alla forza della madre abbiamo continuato un progetto ( che inizialmente aveva creato Dylan) sulla sensibilizzazione riguardo le sofferenze oncologiche e non solo, abbiamo organizzato un viaggio privatamente per aiutare un centro disabili e delle scuole in Tanzania, grazie a Roberto un signore, amico di Dylan che fa questo da anni. La nostra missione è far capire che non si è soli e che chiedere aiuto o dare aiuto è parte dell’essere umano ed è la chiave per la vita.
Organizzato da Francesco Chiantera Curatore del Museo della Radio e supportato dal Comune di Verona.