‘Ndrangheta: lo Stato aiuti e incentivi chi consente di arrestare i malavitosi

Le infiltrazioni della 'Ndrangheta sono dappertutto. Il Prefetto ha recentemente emesso un'altra interdittiva. La politica cosa dice? 

 
 

La ‘Ndrangheta è dappertutto. Il Prefetto di Verona ha recentemente emesso un’altra interdittiva. E la politica? Che dice?

Il 25 gennaio Nicola Morra, Presidente della Commissione Antimafia ha dichiarato: “che si proceda simultaneamente in Calabria in Calabria e Veneto sta a dimostrare che la ‘ndrangheta è ormai di casa in ogni dove in Italia, in Europa e nel mondo”. E’ risaputo come questa organizzazione criminale operi infiltrandosi nel mondo imprenditoriale e politico, sia direttamente che indirettamente. Da anni, le cronache cittadine e provinciali ci prospettano tale scenario, anche nel veronese. I prefetti emettono interdittive. La Procura scaligera apre certamente fascicoli e inchieste.

E la politica cosa dice? Sappiamo che, anche nella nostra provincia, vivono da anni famiglie affiliate e presumiamo che, coi loro sodali, si rechino alle urne. Le domande che sorgono spontanee sono sempre quelle: per chi votano? Spostano preferenze? E per quali finalità? Sarebbe molto bello che queste domande ricevessero dei pubblici riscontri, se esistono davvero collusioni.

Questo, non solo per mettere in guardia i tanti cittadini onesti, ma anche per rendere un servizio a coloro che, nel nostro Paese, sono i primi a consentire gli arresti, le ricostruzioni dei legami, i sequestri milionari, ovvero i collaboratori di giustizia. E garantire loro, qualora i fatti li abbiano dimostrati attendibili, l’adeguata protezione, così come ai loro familiari, che troppo spesso si trovano soli, alla mercé delle vendette, come fossero cittadini di serie B.

E’ il caso di “Nemo”, figlio di Luigi Bonaventura,  che è un ex mafioso e collaboratore di giustizia dal 2006, noto in passato per essere stato reggente dell’omonima cosca ‘ndranghetista dei ‘Ndrina Vrenna-Corigliano-Bonaventura -Ciampà, operante nel territorio di Crotone.

Grazie alle sue confessioni, centinaia di malavitosi vengono arrestati e vengono aperte decine di inchieste. Prende parte al processo Rinascita, in cui è il primo su 58 ad essere sentito, contro i clan del Vibonese e i legami con la massoneria e la politica. Viene ritenuto attendibile da numerose Procure italiane e dalla DDA di Catanzaro.

Il 22 ottobre 2014, in un’intervista rilasciata a Luigi Pelazza del programma televisivo Le iene, accusa lo Stato Italiano di diverse carenze presenti all’interno del Programma di Protezione per i collaboratori di giustizia. 

Il 27 luglio 2018 il Tar del Lazio legittima la revoca al programma di protezione e a cui aveva fatto ricorso Bonaventura. In alcune interviste del 2019 rivela come la ‘ndrangheta usasse o tentasse di usare “bitcoin” per pagare la droga in Sud America, e la scelta di mandare giovani leve in altre regioni d’Italia, come in Veneto, per integrarsi nel territorio.

Oggi suo figlio “Nemo” , vent’anni, non può iscriversi all’Università nella località protetta dove vive, con un aggravio di spese se volesse iscriversi in un’altra regione, ma soprattutto con un rischio maggiore, senza un cambio di generalità, né protezione alcuna.

“Vogliono che faccia l’università fuori dalla località protetta, fuori dalla loro area di responsabilità. Così se mi succede qualcosa non è colpa loro. E dovrei farlo senza alcuna protezione, col mio cognome originale” – dice “Nemo”, alquanto amareggiato.

Al “Quotidiano del Sud” aggiunge: “Chiedo di vivere come una persona normale, invece si usa come pretesto una protezione che non esiste per non permettermi di studiare. (…) Il programma di protezione è un apparato obsoleto, un’imposizione a prescindere. (…) I familiari dei collaboratori di giustizia vivono come ostaggi e senza protezione”. 

Forse, un sistema che per la lotta alla mafia si regge su persone come suo padre, dovrebbe favorire le necessità dei familiari e garantire un adeguato programma di protezione, perché nessuno pensi di scoraggiarsi, di perdere fiducia. Fatelo studiare Scienze Politiche come vorrebbe, nel massimo dell’attenzione. Il senso di abbandono assomiglierebbe a far vincere la mafia. E pure a far morire un’altra volta i Falcone, i Borsellino e tutti coloro che lottano quotidianamente per una Giustizia giusta, in un’Italia migliore.

 

 
 
Nato in Val di Fassa nel 1976, ma Veronese "de soca" da generazioni, si è diplomato al Liceo Classico "Alle Stimate". Dopo aver studiato per due anni Giurisprudenza, prima a Ferrara e poi a Verona, ritiene opportuno entrare nel mondo del lavoro. E' sposato dal 2001 e lavora da 15 anni per un Ente pubblico economico. Eredita dalla famiglia la passione per la lettura, per la politica e per il giornalismo, mentre è alle elementari che nasce quella indissolubile per l'Hellas Verona e per il calcio in second'ordine. Ama Dio da Cattolico tradizionalista militante, la Patria e la Famiglia, stare con gli amici, pochi ma buoni, l'allegria e il realismo, l'onestà e la trasparenza. Se qualcuno lo addita come persona all'estrema destra del Padre, diciamo che non si offende.

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