Montorio: il Tribunale di Verona respinge le accuse della Superbeton SpA. Assolto il Comitato Ambiente Montorio

 
 

Il Tribunale di Verona, il 26 luglio 2019, definitivamente pronunciando – Giudice dott.ssa Cristiana Bottazzi -, ogni contraria istanza, eccezione e deduzione disattesa rigetta la domanda e condanna la società Superbeton SpA a rifondere a Marco Tosi, Laura Franzon e Alberto Speciale le spese del giudizio. Manca infatti, a monte, la prova del carattere illecito delle condotte attribuite al Comitato Ambiente Montorio, che paiono piuttosto situarsi entro il limite del legittimo esercizio dei diritti di cronaca e critica, nel contemperamento con valori parimenti dotati di copertura costituzionale.

Il Tribunale di Verona, nella persona del giudice dott. Cristiana Bottazzi, ha pronunciato la Sentenza nella causa civile di I grado, promossa da Superbeton SpA con sede legale in Ponte della Priula (TV), Via IV Novembre n. 18, con sede operativa in Via del Vegron a Montorio (VR), rappresentata e difesa dagli Avv.ti Franco Zambelli, Annamaria Tassetto e Marco Brighenti, contro Marco Tosi, Laura Franzon, Alberto Speciale – rispettivamente presidente, vicepresidente e consigliere delegato del Comitato Ambiente Montorio – rappresentati e difesi dagli Avv.ti Luca Tirapelle e Daniele Giacomazzi.

Fatti. La società Superbeton SpA, dal 2015 gestisce l’impianto di recupero di rifiuti inerti non pericolosi in località Soriane di Montorio (VR), ha convenuto in giudizio Marco Tosi, Laura Franzon e Alberto Speciale – in qualità rispettivamente di presidente, vicepresidente e consigliere delegato del Comitato Ambiente Montorio (nel proseguo Comitato)-, chiedendo la condanna degli stessi al risarcimento dei danni, quantificati in 1 milione di euro, arrecati alla reputazione e alla riservatezza dell’attrice per effetto delle iniziative del menzionato Comitato, il quale diffonderebbe notizie non veritiere tra la popolazione circa presunti rischi alla salute derivanti dal funzionamento dell’impianto e, più in generale, porrebbe in essere ripetute, aggressive e denigratorie azioni di disturbo (sollecitando la presentazione di denunce in relazione a presunte emissioni di rumori, odori e polveri, richiedendo ispezioni da parte delle autorità competenti, seguendo i camion dei clienti in uscita dall’impianto e divulgandone i video, pubblicando via internet notizie denigratorie e diffamanti).

I convenuti si sono costituiti eccependo e sostenendo la legittimità e la non lesività delle attività svolte dal Comitato, consistenti nello svolgimento di campagne informative e di sensibilizzazione a tutela di interessi diffusi e nell’esercizio dei diritti costituzionali di cronaca e di critica, di tutela della salute, dell’ambiente e della libertà di associazione;
in ogni caso, hanno contestato la sussistenza dei danni lamentati dall’attrice.

Secondo la Sentenza del Giudice, nel merito, la domanda è infondata e va rigettata. L’attrice agisce facendo valere la responsabilità da illecito extracontrattuale e individuando i danni subiti (e quindi il petitum dell’azione) “da un lato nello sviamento della clientela, nell’impegno profuso dal personale e dai professionisti per assistere e rispondere alle molteplici richieste delle autorità preposte, nonché assistere alle ispezioni, dall’altro nel danno biologico e morale al personale addetto conseguente a simili azioni” . In altri termini, l’attrice assume che le condotte contestate al Comitato abbiano causato danni sia di natura patrimoniale sia di natura non patrimoniale, di cui chiede il ristoro. Per quanto concerne il danno patrimoniale, l’attrice deduce che le iniziative del Comitato avrebbero creato notevoli ripercussioni economiche sulla propria attività, inducendo molti clienti a non conferire più rifiuti all’impianto e generando un conseguente drastico calo del fatturato nell’ordine di due milioni di euro.

La Sentenza evidenzia che è onere del soggetto danneggiato fornire la prova non solo del fatto illecito e del danno subito, ma anche e soprattutto del nesso causale tra i medesimi, mentre nel caso di specie l’onere probatorio in capo a Superbeton non è stato compiutamente assolto. È infatti dirimente la totale assenza di prova circa la sussistenza del nesso causale tra le condotte addebitate al comitato e il lamentato calo di fatturato.

Secondo il Giudice, «l’unico capitolo di prova orale dedotto al riguardo è inammissibile e comunque inidoneo a fornire con sufficiente grado di certezza la prova necessaria, essendo formulato in termini assolutamente generici e privi di riferimenti spazio-temporali (non si dice dove, come e quando i convenuti avrebbero fermato i camion diretti allo stabilimento, né si precisa quali clienti e per quali quantità di conferimenti avrebbero scelto altri fornitori in conseguenza di tali episodi) e contenendo inoltre elementi valutativi evidentemente non demandabili a testi (“denigrando con scritte e cartelli”, “hanno espresso il timore di rappresaglie”).»

«Del resto – prosegue il Giudice – l’esistenza di un nesso causale tra illecito e danno neppure può desumersi dal fatto che per un limitato periodo l’impianto abbia subito un fermo per effetto del sequestro preventivo disposto dal g.i.p. presso il Tribunale di Verona, su richiesta della Procura della Repubblica (provvedimento poi annullato in sede di riesame). L’avvio di un procedimento penale e la concessione di misure cautelari reali passa invero attraverso le autonome determinazioni e valutazioni dei competenti organi giudiziari, ciò essendo sufficiente ad interrompere (se sussistente, il che comunque non è dimostrato) la connessione con un eventuale impulso rappresentato dalle segnalazioni del Comitato circa asseriti illeciti ambientali di Superbeton.»

Per quanto concerne il danno non patrimoniale, si legge nella Sentenza che, «l’attrice ha espressamente delimitato il petitum sotto tale aspetto al danno biologico e morale riportato dal personale addetto all’impianto. Non può non rilevarsi, pertanto, il difetto di interesse ad agire dell’attrice con riferimento a tali profili di danno, oltre che alla lamentata lesione alla riservatezza dei propri clienti e dei propri dipendenti, essendo semmai costoro i soggetti legittimati a far valere l’asserita lesione delle proprie posizioni giuridiche soggettive. Si rileva pertanto che risulta carente anche sotto questo ulteriore aspetto il riscontro probatorio delle tesi attoree.»

In conclusione il Giudice di I grado afferma che «manca a monte, la prova del carattere illecito delle condotte attribuite al Comitato, che paiono piuttosto situarsi entro il limite del legittimo esercizio dei diritti di cronaca e critica, nel contemperamento con valori parimenti dotati di copertura costituzionale.»

Le spese di lite seguono la soccombenza, e così la società attrice va condannata alla rifusione in favore dei convenuti degli importi liquidati in dispositivo secondo i valori medi previsti. Il Giudice infine respinge i presupposti della responsabilità processuale aggravata invocata dai convenuti ai sensi dell’art. 96 c.p.c. (lite temeraria).

A breve conosceremo se la società Superbeton SpA proporrà appello verso la Sentenza di I grado.

 
 
Classe 1964. Ariete. Marito e padre. Lavoro come responsabile amministrativo e finanziario in una società privata di Verona. Sono persona curiosa ed amante della trasparenza. Caparbio e tenace. Lettore. Pensatore. Sognatore. Da poco anche narratore di fatti e costumi che accadono o che potrebbero accadere nella nostra città. Ex triatleta in attesa di un radioso ritorno allo sport.

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