Materie prime carenti e con costi alti frenano le piccole e medie imprese

 
 

Aumentano i costi, rallenta la ripresa. Dalla fine dell’anno scorso i prezzi di grano, rame, alluminio, legname, acciaio, materie plastiche sono schizzati verso l’alto, frenando l’economia industriale (anche veronese) e l’auspicata ripresa dopo il Covid-19.

L’allarme lanciato da Apindustria Confimi Verona, in rappresentanza delle piccole e medie imprese scaligere, interessa in modo trasversale più settori: dal meccanico all’edile, dall’agroalimentare all’automotive. Nel contesto del meccanico, la materia prima (tondi, quadri, lamiere di varie tipologie e qualità) è aumentata in media del 20-30% con punte di oltre il 40% per i semilavorati.


«Una crescita così repentina obbliga le PMI a costi che soltanto in minima parte riusciranno a recuperare a fronte di commesse e contratti già in essere e sottoscritti», avverte il presidente dell’associazione di categoria, Renato Della Bella.

Le cause di quest’impennata, imprevedibile nei valori percentuali raggiunti e a lungo andare insostenibile, sono molteplici: la chiusura o parziale attività delle miniere in varie parti del mondo a causa della pandemia; la scarsa offerta del minerale grezzo e le minime scorte accantonate, che in buona parte sono state monopolizzate dalle economie di pochi Paesi asiatici. Cina in particolare: unico Paese uscito dall’emergenza sanitaria senza conoscere recessione. C’è poi il nodo dei trasporti: il prezzo dei container è raddoppiato e il blocco del Canale di Suez è stato un sintomo del surriscaldamento del commercio globale. Come conseguenza diretta, paradossalmente molti magazzini delle imprese del Nordest rimangono pieni di merci per difficoltà nel far partire le merci verso l’estero.
È in atto una speculazione che trova nelle materie prime motivo di importanti investimenti finanziari e guadagni nel breve termine. I rincari dei metalli sono perlopiù a doppia cifra: il minerale di ferro segna una crescita record di circa il 70%, con picchi che superano il 100%; il rame è aumentato di quasi il 30% rispetto al 2020 e il nichel oltre il 20%; il petrolio ha recuperato il prezzo pieno dopo i minimi toccati ad aprile dello scorso anno. Analisti delle principali banche d’affari e degli istituti di ricerca sono concordi nel ritenere che questo trend al rialzo dei prezzi delle materie prime perdurerà nel corso del 2021.

«Come Paese, stiamo subendo ancora una volta gli effetti della mancanza di una politica industriale lungimirante», continua Della Bella. La filiera della meccanica paga a caro prezzo anche lo smantellamento di importanti siti siderurgici in Italia, senza considerare il ruolo strategico della produzione di acciaio italiana, seconda in Europa dopo la Germania. «Scelte sbagliate che – conclude – rischiano di danneggiare la competitività di tutta la filiera meccanica italiana, con il rischio di perdere significative quote di mercato a favore dei competitor internazionali».

 
 

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