L’adesione alla Nuova Via della Seta svende l’Italia a nuovi padroni

 
 

LETTERE ALLA REDAZIONE

Se mai fosse servita una prova che l’Europa, in questo nuovo scenario fatto da imperi come Cina e Stati Uniti, di giganti economici dai portafogli senza fondo, ha assoluto bisogno di restare unita, di avere un’unica voce, per evitare di essere invasa e impoverita, attraverso il suo ventre molle, beh, eccocela servita. Un investimento infrastrutturale poderoso, da 900 miliardi di dollari, che collega Asia, Africa ed Europa attraverso tre differenti direttrici, costruendo porti, autostrade, interporti e ferrovie. Metteteci i soldi cinesi, concessi a prestito per finanziare tali costruzioni qui e ora, in Paesi che di soldi, infrastrutture e mercati aperti ne hanno necessità immediata e vitale. Infilateci pure il soft power suadente di una grande potenza in ascesa, che approfitta dei dazi e del neoprotezionismo americano per costruirsi alleanze in giro per il mondo, in grado di difenderne gli interessi. Mischiate tutto, ed ecco la Belt and Road Initiative, o se preferite, la Nuova Via della Seta, cui noi italiani abbiamo scoperto di aver aderito pochi giorni fa, primo Paese del G7 a farlo, provocando le ire di Washington e di Bruxelles.

Bel pasticcio, cari governanti gialloverdi. Anche se poi uno mette il naso fuori dalle Alpi e scopre che, come minimo siamo tutti un bel po’ confusi. Perché è vero, noi abbiamo chiesto ufficialmente di aderire, nonostante il nostro ambasciatore – così come gli altri 26 ambasciatori dell’Unione, Ungheria esclusa – avessero firmato nello scorso aprile un documento di aspra critica al progetto, definito alla stregua di un cavallo di Troia cinese per comprarsi i mercati europei, senza dare alcuna garanzia sull’apertura del proprio. Però è vero anche che il nodo ferroviario europeo della nuova via della seta sta a Duisburg, in Germania. Sappiamo bene che, oltre al Pireo in Grecia, anche i porti di Valencia e Bilbao in Spagna, così come quello di Zeebrugge in Belgio sono di proprietà della Cosco, acronimo di China Ocean ShippingCompany. Che lo stesso Macron, il più strenuo sostenitore della linea dura contro la Via della seta, ha appena firmato un accordo da 10 miliardi di dollari per vendere gli Airbus francesi alle compagnie aeree cinesi.

Chi più, chi meno, tutti hanno un prezzo, insomma... Ecco a cosa porta il nuovo sovranismo: significa essersi venduti a nuovi padroni, a quelli dalla bandiera rossa oppure a quelli che hanno l’altra, a stelle e strisce, o a entrambi, come abbiamo fatto noi italiani.

Divisi, nel ventunesimo secolo, si finisce così: con un padrone che ci compra e l’altro che ci minaccia. Basta saperlo, in fondo.

 

Lorenzo Dalai

 
 

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